Caro amico,
“il tempo prende, il tempo dà” cantava Guccini all’epoca delle nostre gioventù.
Elencare qui le cose che il tempo ci ha preso risulterebbe molesto perfino alla sua straordinaria pazienza e sicuramente a quella, che temo essere assai meno resistente, dei nostri quattro lettori.
Una cosa però, debbo riconoscere, il tempo mi ha dato. Anzi, mi ha restituito.
Il coraggio dell’irragionevolezza.
Con meno impeto di un tempo (del resto il testosterone ormai è un pallido ricordo) riscopro la fatuità del “realismo” che negli anni della maturità ha annacquato le nostre giovanili utopie.
Con l’emozione e la cognizione pervase di questa rinnovata realistica irragionevolezza, apprendo che dal mese di marzo ultimo scorso (mese di inizio della quarantena contro la diffusione della pandemia) ogni giorno sedici miliardi di euro lasciano l’Italia per recarsi (definitivamente? in attesa di tempi migliori?) nelle banche di altri Paesi europei.
Già perché se il virus ha impedito ai mortali di spostarsi, ha lasciato al dio denaro tutti i suoi straordinari superpoteri a partire da quello di muoversi alla velocità della luce (anzi di un click)!
Un amico, commentando la notizia, fa derivare questa trasmigrazione dalla confusione generata dai vari DPCM che si sono accavallati negli ultimi due mesi. Il quotidiano a tiratura nazionale dove recupero la notizia non è così esplicito, ma nella sostanza cambia poco.
Capisco.
E, al prezzo di rinunciare per un momento alla mia ritrovata dissennatezza, posso perfino condividere: i “capitali”, come le locuste, si muovono. Come le locuste, arrivano in un territorio, vi rimangono finché trovano colà da nutrirsi e da accrescersi. Poi, come le locuste, quando in quel luogo non vi è più niente da spolpare, quando non è più redditizio rimanere, si spostano altrove.
Capisco anche che il nostro Paese, già strutturalmente così fragile, ulteriormente indebolito da un contagio che al momento qui ha procurato più perdite (e non mi riferisco solo a quelle monetarie, ma alle vite delle persone) che da altre parti, in preda alla confusione politica e scientifica che -per altro- condividiamo con molte altre nazioni del mondo, capisco -dicevo- che il nostro Paese non sia più così appetibile per queste entità sovrumane dagli appetiti animaleschi.
Ma vede caro amico mio: sono vecchio.
La forza con cui spingo il piede sul freno inibitorio delle mie emozioni viene presto meno.
E mi assale un fremito di senile indignazione.
Penso, tra gli altri, ai “Panama Papers”: uno dei tanti furti (perché tale è l’evasione fiscale) di ingentissime quantità di denaro, perpetrati da parte di pochi ricchissimi uomini (da Putin a Messi), ai danni delle moltitudini che con quelle ricchezze avrebbero potuto acquistare salute, servizi, istruzione.
Furti permessi dalla assoluta libertà di cui gode la ricchezza nel suo vagabondare in ogni angolo del globo terracqueo.
E come il “macchinista ferroviere” di un’altra canzone di Guccini “pensava al magro giorno della sua gente attorno” e lo paragonava a quel “treno pieno di signori” che “ tutti i giorni passava per la sua stazione”, così io penso ai dannati della terra torturati e uccisi nei campi in Libia o in altri Paesi, annegati nei mari che li dividono dal loro sogno di sopravvivenza, penso alle famiglie che rimarranno senza reddito, ai morti che inevitabilmente ci saranno per l’impoverimento dei sistemi di sicurezza (dalla Sanità alle Forze dell’Ordine ai morti sul lavoro) … e penso alla spensierata libertà con cui i ”capitali” si spostano (perché gli va, direbbe qualcuno) senza dover rendere conto a nessuno.
E dico che se un sistema imprigiona gli uomini e libera i soldi non è colpa del coronavirus.
Non è nemmeno colpa degli eventuali pasticci del governo italiano.
E’ il sistema che fa dell’ingiustizia la propria legge.
E’ un sistema che non è uscito dalla barbarie. (Anche questa è una citazione, ma questa volta non è Guccini).
Il “realismo maturo” di chi suggerisce che il rimedio sia cercare di trattenere i capitali creando loro condizioni appetibili assomiglia al tentativo di difendersi dalla voracità delle cavallette dando loro da mangiare.
Possibile, penso nella mia senile, utopica ingenuità, che non sia ormai chiaro al mondo che l’eccessiva “libertà” dei “capitali” è giunta al punto di essere nociva al benessere degli esseri umani e pericolosa per la stessa sopravvivenza dell’ambiente?
Possibile che di fronte ad un campo devastato dalle locuste si continui ad incolpare il campo?
Pur consapevoli che “sventurata è la terra che ha bisogno di eroi” (Brecht), noi ospiti di questa sventurata Terra vorremmo avere ancora eroi “giovani e belli”
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l’ingiustizia
E se qualcuno ci dirà che è un desiderio irragionevole, se ci ricorderà che il mondo ha bisogno di pace sociale e non di banditi idealisti, noi risponderemo, ancora con Bertold Brecht:
Cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?
condivido lo spirito dell’articolo e, per restare in tema di citazioni, il pessimismo della ragione. spero ancora nell’ottimismo della volontà perchè non vorrei dargliela vinta! … è possibile? (cit. Livio)
più che condivisibile…largo ai giovani sperando che trovino il modo di lanciarsi a bomba contro l’ingiustizia ma senza la bomba….è possibile?