Ci sono in giro dei ragazzi bravi a scrivere, molto bravi.
Sono italiani ma hanno nomi strani come Luther Blisset, o, più recentemente, Wu Ming.
Sono in parecchi, quattro, cinque, chissà… e scrivono romanzi a più mani. Dopo essere stato rapito da “Q” di Luther Blisset, sono passato a “54” di Wu Ming. Mescolano un po’ di finzione con molta storia e – parlando del passato – fanno costante riferimento all’oggi, al sempre.

A pagina 118 di “54” sono stato colpito da un passaggio nella descrizione di un personaggio, un povero diavolo, che mi ha immediatamente ricordato un uomo pubblico che ufficialmente è tutto tranne che un emarginato, al contrario, è ascoltatissimo. La differenza è che il nostro lo prendono tutti sul serio e non hanno capito, o fanno finta di non capire, che non è altro che un “Cassazione” come tanti. Peggio per tutti.

Ecco il brano da “54” di Wu Ming:
Guardate che quello lo chiamano così, Cassazione, perché un giorno vi dice una cosa e il giorno dopo vi dice il contrario, cambia parere, come fa il giudice della Cassazione, appunto, quando dice che un altro giudice ha sbagliato, che bisogna rifare il processo. Insomma, lui è la Cassazione di se stesso, fa e disfa, dice e contraddice, è famoso per quello, chiedete in giro, non bisogna dargli retta, mai, domani lo riacciuffate e vi dice che quelle cinquemila lire gliele ha date la principessa Soraya, quella bella signora, per elemosina, e il giorno dopo vi racconta che ha pregato San Gennaro e, zàcchete, se le è ritrovate in tasca, per miracolo.

Pereira

1 commento

  1. Ma chissà chi è… 🙂 il problema è che quello vero non si è “ritrovato” in tasca solo cinquemila lire, putroppo per noi.

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