Corea del Sud, Olanda ed altre facezie

Non siamo la Corea del Sud

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corea-olandaIn questi tempi di Covid-19 si sente ripetere -con rammarico- che “non siamo la Corea del Sud”, prendendo il suddetto Stato come fulgido esempio, da parte di una “democrazia compiuta”, della lotta (vincente) contro il virus.
Per curiosità ho voluto controllare alcuni parametri che giudico importanti per confrontare il nostro Paese a quello dell’Estremo Oriente.

Tasso di suicidi ogni 100 000 abitanti (fonte OMS):
Corea del Sud: 28,5 (secondo posto al mondo dopo la Groenlandia)
Italia: 5,85 (67° posto al mondo).
Aspettativa di vita (fonte OMS):
Italia: 82,7 anni (6° posto al mondo)
Corea del Sud: 82,3 anni (11° posto al mondo).
Settimana lavorativa (fonte The Post Italia e altri):
Corea del Sud: 52 ore settimanali (fino a marzo 2018 erano 68)
Italia: 40 ore alla settimana (estensibili ad un massimo di 48 sotto forma di straordinario).
Giorni di ferie pagate in un anno (fonte Corriere della Sera):
Corea del Sud: 15 (+ 15 di feste nazionali non obbligatori per legge, concessi a discrezione del datore di lavoro).
Italia: minimo 20 + 11 di feste nazionali per un totale di 31.
Felicità (secondo il World Happiness Report delle Nazioni Unite):
Italia al 36° posto nel mondo
Corea del Sud non compare nei primi 50

Già, non siamo la Corea del Sud. Purtroppo o per fortuna?

* * *

Ancora sulla Corea del Sud.

Parlano di questo Paese come di una democrazia, ma uno Stato che fa lavorare i suoi cittadini 68 ore alla settimana come hanno fatto là fino a due anni fa, ma anche “solo” 52 ore come oggi, non può essere definito una democrazia.
Possono avere, come hanno, libere elezioni; possono avere, come hanno, libertà di stampa; ma quando trova un coreano il tempo, la voglia e l’energia per approfondire i temi che gli permetterebbero di formarsi una opinione politica da esprimere con un voto consapevole?

* * *

Ma quanti vicini che ho!

“Siamo sempre stati al fianco degli Italiani e oggi continuiamo a lavorare ogni giorno per esservi ancora più vicini…” (pubblicità ENEL)
“In questi giorni abbiamo imparato molte cose […] a restare uniti, superando le distanze” (pubblicità Esselunga”)
“Le difficoltà si superano insieme ….” (pubblicità UBI Banca)
“… improvvisamente siamo diventati tutti uguali. O forse ci siamo solo avvicinati …” (pubblicità AXA)
“Oggi possiamo stare vicini anche restando a casa” (pubblicità Paribas)
“Lavoriamo insieme. Impariamo insieme. Rock insieme. Giochiamo insieme … (il tutto col sottofondo di Come Together dei Beatles: pubblicità Vodafone)

Non ho mai avuto così tanta gente che dichiarava di essermi vicino come quando mi è toccato di stare distante da tutti.

* * *

Viva la FCA!

FCASegnalo la nuova campagna pubblicitaria di FCA.
In uno spot, dopo aver esaltato la forza, l’orgoglio e il coraggio di essere italiani, termina con la scritta “NOI CI SIAMO”. Seguono i logo delle case afferenti al gruppo
In un secondo si afferma che “il vero motore dell’Italia sono gli Italiani” e termina con la scritta “Ripartiamo dell’Italia. Ripartiamo dai prodotti italiani”.
Un terzo, che confesso ho visto solo di sfuggita, dice più o meno che il Gruppo ha deciso di produrre le Jeep in Italia perché gli Italiani sono forti e così via.

Ma se “ci sono” (o ci fanno?), se amano così tanto l’Italia e gli Italiani, perché pagano le tasse in Olanda?
Forse hanno sbagliato indirizzo.
Che cambino il navigatore!

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O l’Olanda…

I giornali riferiscono che l’Olanda capeggia il gruppo dei “duri e puri” della parità di bilancio che si rifiutano di fare prestiti all’Italia e a altri Paesi in difficoltà economiche.
Qualcuno si è mai chiesto di come sarebbe il bilancio olandese se quello Stato non facesse operazioni di pirateria fiscale facendo pagare alle imprese straniere (di cui molte italiane e sicuramente una delle più importanti), che scelgono colà il proprio domicilio fiscale, tasse irrisorie rispetto a quelle che dovrebbero pagare nei loro paesi?
E quale sarebbe il bilancio italiano se tante grandi aziende (italiane e non) pagassero in Italia le tasse sui guadagni che fanno nel nostro territorio?

Robert BlakeIl meccanismo, tra l’altro, è poco lineare: inizialmente uno Stato attira aziende con le tasse basse; pian piano le aziende straniere col pagamento delle loro tasse diventano sempre più importanti per il bilancio di quello Stato. A quel punto esse possono essere così forti da riuscire a influenzare le politiche (soprattutto fiscali) di quello Stato con la minaccia di spostare le loro sedi altrove.

Ci vorrebbe un novello Robert Blake (ammiraglio inglese che sconfisse i pirati barbareschi) per fare un po’ di pulizia nel mondo fiscale e finanziario d’Europa.

2 Commenti

  1. Come sempre “intriganti” i pensieri in libertà di Norman. Giudicare tuttavia il tasso di democrazia di un paese in ragione delle ore lavorabili ed ai giorni di ferie mi pare un po’ azzardato. Innanzitutto una prima precisazione va fatta in ordine alla differenza tra ore lavorate e ore lavorabili; in alcuni paesi infatti le ore effettivamente lavorate, in presenza del pagamento “in nero” delle prestazioni straordinarie o festive, risultano essere di gran lunga superiori alle ore lavorabili. Altro elemento riguarda il tasso di morbilità: se infatti le ore lavorabili per legge per ipotesi fossero 100 e il tasso di morbilità fosse pari al 15%, vorrebbe dire che le ore effettivamente lavorate risulterebbero 85 e non 100. Ne consegue che per avere un’idea, seppur approssimativa, più vicina alla realtà sarebbe meglio fare riferimento alle ore lavorate e non a quelle fissate da norme o contratti.
    Occorre poi tenere in considerazione il posizionamento del paese nello scacchiere economico, la cultura presente circa il lavoro, ecc. Ad esempio, nei paesi in via di sviluppo normalmente l’orario di lavoro è più prolungato, si veda il Far East: dalla Tailandia a Taiwan a Hong Kong; per non parlare della Cina dove sospinto con forza il cosiddetto “modello 996”, che corrisponde a 12 ore di lavoro al giorno per 6 giorni la settimana.
    In realtà anche in alcuni paesi di cultura anglosassone si assiste ad un monte ore lavorate più esteso, pur trattandosi di paesi economicamente evoluti. Si veda ad esempio l’Irlanda o gli USA. Ecco, potremmo dire in tutta onestà che questi ultimi due paesi citati siano meno democratici dell’Italia? Si veda a questo proposito la tabella elaborata dal World Economic Forum su dati OECD. Ma, ultima domanda su questo tema: l’Italia, che si classifica tra i primi posti in Europa per ore lavorate, dovrebbe essere considerata tra i meno democratici del continente? In altre parole, la Slovenia, la Slovacchia, la Lituania, la Lettonia sarebbero stati più democratici dell’Italia? Last but not least, ai fini della competitività, è importante comprendere il peso che inevitabilmente assume il coefficiente di produttività oraria, che impone o meglio preme, laddove è bassa, nella direzione di aumentare il numero delle ore lavorate. È tipicamente il problema italiano: per avere un PIL capace di sostenere il welfare, a fronte di una bassa produttività, si è “costretti” a lavorare di più e con salari contenuti, al contrario di quanto accade in Germania, il paese in cui si lavora meno in Europa e con alte retribuzioni, confermandosi la prima economia del contenente.
    Condivido con Norman che negli spot commerciali che vediamo in questi giorni sulle televisioni, il messaggio dell’italianità è stato assunto come elemento comunicativo forte a volte portante di quanto si vuole fare passare. Io sono italiano di nascita, ma non mi sento in quanto tale migliore o peggio superiore ad altri e aggiungo che tutto quello che ha il sapore di nazionalismo, sinceramente mi mette in uno stato di attenta guardia. L’informazione tuttavia secondo cui la Fiat non pagherebbe le imposte in Italia non corrisponde al vero. La FCA Italia infatti ha sede a Torino e con il suo fatturato di circa 25 miliardi di euro corrisponde naturalmente le imposte nel nostro paese. Occupa circa 55.000 addetti, con un indotto, sempre in Italia, di oltre 350.000 lavoratori. È bene evidenziare che il fatturato Italia rappresenta circa il 25% del fatturato globale ed il personale circa il 27% del gruppo. FCA Italy è controllata da Fiat Chrysler Automobile, che ha sede legale in Olanda e sede fiscale in UK. Ergo, la leggenda secondo cui FCA Italia non paga imposte risulta non sostenibile. La domanda potrebbe essere allora: perché le sedi legale e fiscale della società multinazionale non sono in Italia? Risponderei con una serie di semplici domande: perché in Italia il diritto societario è il più complicato e farraginoso d’Europa? Perché il sistema giudiziario italiano necessita lustri per giungere ad un giudizio? Perché l’imposizione fiscale sul capital gain è tra i più alti d’Europa? Le imposte si pagano secondo quanto è previsto dalle norme del diritto nazionale ed europeo e normalmente in questo ambito di legalità si cerca di pagarne il meno possibile, cosiccome si cerca di pagare il meno possibile il prodotto che si intende acquistare… Nel caso di specie FCA Italy paga le imposte per i fatturati e gli utili che realizza in Italia e chi ha anche una minima conoscenza sul meccanismo del transfer price (cioè del prezzo di trasferimento di beni e servizi dalla subsidiary alla holding di controllo), ben sa che esistono normative e controlli specifici tali da rendere oggi assai difficile il trasferimento di profit in paesi a minore tassazione.
    Insomma, non tutto è come sembra…
    Adam

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