Un film da consigliare a tutti.
Un’opera che, potendo realizzarsi un onesto confronto fra le parti, permetterebbe una riconciliazione nazionale in quest’Italia spaccata fra tifosi, fra bande di ultras politici (parlo di cittadini e di loro rappresentanti) incapaci di guardare le questioni nel loro vero merito.
E’ un film apparentemente banale, racconta la nascita delle TV commerciali in Italia.
Qualche anno fa il grande sociologo francese Pierre Bordieau scrisse un libretto che vi consiglio, si chiamava “Sulla televisione” ed. Feltrinelli. Spiegava i meccanismi che fanno diversa e abbruttente la TV commerciale, in tutti i paesi. Mostrava lo specifico di quel tipo di modello televisivo al di là della nazione in cui si realizzava.
“Videocracy” parte da lì e va a esplorare lo specifico italiano. Fa vedere cosa è successo di particolare in Italia nella saldatura fra TV commerciale e potere politico, fino a mostrare le conseguenze formative, sociali e antropologiche di questa saldatura.
Del film dicevo “banale” perché raccoglie molti dei momenti di storia recente per i quali ci siamo scandalizzati negli ultimi quindici anni.
Quando stiamo quotidianamente a contatto con una persona non siamo in grado di vederne il cambiamento complessivo. Lo stesso, è accaduto a noi in questi anni con la televisione e i suoi cambiamenti.
Sembra che Erik Gandini, italo-svedese, in virtù del distacco garantito dalla sua collocazione geografica, abbia goduto di un osservatorio più lucido e ora ci mostri una lettura molto più insopportabile della realtà italiana rispetto a quella che ci concediamo quotidianamente per legittima difesa. Valga per tutti il bellissimo inizio del film che coincide con la prima (storica, a suo modo) trasmissione, quella che diede origine a tutto. Girata in un bar di Varese, mostrava goffi personaggi che facevano domande semplicissime ai telespettatori usando il telefono. Ad ogni risposta indovinata, una casalinga con la mascherina da carnevale si toglieva un capo di vestiario con pochissima grazia.
Tette e culi.
Era già tutto lì, a saperlo.
Pereira
Ecco il Trailer:
[…] qualche giorno fa una lettrice che si firma LaRicercatrice scriveva “…gli effetti devastanti che lo sfruttamento dell’immagine femminile ha avuto […]
@ La Ricercatrice che dice
… per capire se almeno là si parla degli effetti che hanno “i meccanismi che fanno diversa e abbruttente la TV commerciale” sulle Donne…
Purtroppo non c’è bisogno di leggere saggi per capire che effetti ha certa pubblicistica sulla formazione di bambine e giovani e sul costruirsi di una cultura diffusa che plasma spesso anche i loro genitori. Si crea un pensiero unico che non offre in molti casi alcun modello alternativo a quello di “vendere” mossette, ammiccamenti e centimetri di corpo nudo per potersi sentire importanti, per sentire di esistere. Spesso sono i genitori di queste ragazze ad incoraggiarle o semplicemente a mandare a scuola bambine di 7 anni vestite come delle baby prostitute, come mi riferiscono fonti scolastiche.
Leggerò sicuramente il libro che consigli, per capire se almeno là si parla degli effetti che hanno “i meccanismi che fanno diversa e abbruttente la TV commerciale” sulle Donne, sulla loro condizione sociale.
Eppure è il film stesso a sottolineare quale sia la strategia per attirare i telespettatori: donne nude, praticamente oggetti.
Leggerà sicuramente il libro di cui parli “Sulla televisione” ed. Feltrinelli; spero che vengano posti sotto l’obiettivo gli effetti devastanti che lo sfruttamento dell’immagine femminile ha avuto sulle donne stesse. Perchè nessuno parla di questo sfruttamento? Ridurre ad una macchietta porno la donna per rendere redditizia la TV commerciale?
Scusate le parole forti ma il tema mi stà a cuore.