Cari amici, ecco di nuovo Goethe2001. Questo nostro primo viaggio, in terra di Scozia, sta per giungere al termine, essendo ormai all’ultima parte, quella che ci porterà… ma aspettate un attimo, perchè dovremmo anticiparlo?! Chiudete gli occhi, fate dei bei respiri, buttate fuori i pesi che vi opprimono, concentratevi sulla vostra anima e… partiamo!

Oban, Scotland.

Il profumo acre del mare ci riempie le narici, la sera già comincia a scendere suggerendoci di ripartire, ma noi non riusciamo a smettere di voltarci verso di lei, la meravigliosa isola di Arran, salutandola come si fa con una donna che si è tanto amata. E con una lacrima corriamo verso Oban, nostra prossima tappa, splendida cittadina di mare, un pò più a Nord di questa penisola del Kintyre. Come sempre al limite con l’orario, che ricordiamo qui è sempre inflessibile, troviamo, come ieri, un Bed & Breakfast, molto carino, a due passi dalla cittadina. L’abbiamo scelta proprio perchè sapevamo che qui, essendo un porto di mare, c’è un bel movimento, e non sarebbe stato difficile trovare qualcosa per dormire.

Dobbiamo essere proprio stanchi, se non abbiamo neanche fame, e ci accontentiamo dei resti del giorno. Che non sono proprio quelli nobiliari del film di James Ivory, serviti da uno straordinario Anthony Hopkins, ma 2 fette di prosciutto di un rosa che non promette nulla di buono, una di formaggio che pare avere avuto una stagionatura extra nel sedile posteriore dell’auto, e qualche fetta di pane in cassetta ormai secco come uno stoccafisso, che ci fa consumare un litro d’acqua per non rischiare il soffocamento! Ma tant’è, questo passava il convento, dopo il pranzo al sacco di oggi.

Dopo questa fatica, e tutta quest’acqua, il sonno ci viene un attimo distolto da un pensiero: siamo a Oban, la città di uno dei whisky più buoni, come non fare una capatina in un pub, prima che suoni la campanella di chiusura, alle 23? Allora usciamo, facciamo il lungomare, e troviamo, all’angolo tra due strade, un bel locale, che non definirei stile old english, ma direi che lo è proprio, visto che una targa all’ingresso ci indica la sua apertura nel lontanto 1700! Qui assaggiamo sempre una pinta della solita ottima Tennent’s, prima di ordinare un Oban, il whisky di questa omonima città. Mentre siamo lì al bancone, che stiamo per essere serviti, un vecchio signore, seduto allo sgabello vicino, si inserisce nella nostra conversazione. Qui è normale, la socializzazione è spiccata, non come nella mia povera terra d’origine, dove tutti parlano solo tra loro, e se provi ad entrare in un discorso non tuo vieni guardato come un ammaestratore di pulci! Comunque il nostro uomo, intuendo che non siamo scozzesi, ci chiede se siamo estimatori di questo meraviglioso nettare degli dei, ambra di malto, e se sappiamo come vada bevuto. E chiede direttamente al barista, per noi, un bicchiere d’acqua. Perchè il whisky va allungato, e lui ci consiglia dal 30 al 50%.

Può sembrare un’eresia? Affatto, questo serve alle nostre papille gustative, che sarebbero bruciate dai 40 o più gradi dell’alcool, ed impedite così dal godere di questa creazione, che ha l’età ormai di una fanciulla di 14 anni. Preciso che l’acqua fornitaci qui era del rubinetto, ma non consiglierei di farlo con quella dei nostri acquedotti, visti i suoi poco delicati sentori di…cloro! Qui invece l’acqua è sempre purissima e fresca, e non a caso è questa la terra del whisky, essendone l’acqua il suo ingrediente principe. Non perdiamo l’occasione, prima di rientrare a dormire, di chiedere al nostro simpatico intenditore quale fosse il suo preferito, tra l’infinita gamma di questi splendidi distillati delle Highlands di Scozia, e questo ci rivela che, per il suo perfetto equilibrio, non può che scegliere il Bruichladdich: impronunciabile vero? Abituatevici, se non vi volete ritrovare con la lingua annodata, questi sono i nomi che si odono per queste lande!

Bed ... and breakfast!Torniamo nella nostra camera di Bed & Breakfast, che poi altro non è che la splendida dimora di una signora sulla sessantina che, come il 90% degli anglosassoni, ama riempire ogni angolo delle stanze di centinaia di suppellettili, dalle più orginali, particolari, antiche, forse ricercate, alle più plasticate e kitsch. Insomma è ovunque pieno di ciaffi, diremmo noi! La signora ha giocato a carte con le amiche fino a tardi, ma non dimentichiamo l’incomparabile ospitalità degli scozzesi, nè la loro pignola puntualità. E infatti alle 8,30 precise un profumo delizioso, e a dir il vero un pò grasso, si insinua dalla porta fino ai nostri letti, quasi a batterci sulla spalla e dirci: sarà ora che vi alziate? Una sontuosa full scottish breakfast vi aspetta di sotto! Si tratta della famigerata super-colazione con tutto! Come in quella all’inglese, troviamo pane in cassetta ben abbrustolito, bacon, pancetta, salsicciotto, uovo, fagioli, white coffea (caffè-latte), latte e cornflakes e succo d’arancia. Qui però, siccome gli scozzesi son più robusti, ci aggiungono anche pomodoro grigliato e funghi, e soprattutto black pudding (una sorta di nostro sanguinaccio) ed haggis, il piatto tipico della Scozia, consistente in interiora di pecora (cuore, polmone, fegato), macinate insieme a cipolla, grasso, sale e spezie, bollite tradizionalmente nello stomaco dell’animale per circa tre ore. Tutto questo per colazione? Eh si, siamo ospiti! E infatti quando, per non offendere, stremati per aver cercato di finire tutto, facciamo per alzarci, la signora si presenta con un pezzo di torta al 90% di burro tutto per noi! Proviamo a declinare l’offerta, molto garbatamente, ma la signora piccata replica subito che l’ha fatto lei con le sue mani! Eh, se l’ha fatto lei con le sue mani..?! Con negli occhi le immagini della scena del “Senso della vita“, il film dei Monthy Python, quello in cui un grasso signore al ristorante scoppiava letteralmente con la mentina finale, ci apprestiamo a quest’ultima, pericolosa fatica, per poi riuscire a salutare la gentilissima, e un pò sadica, signora del B&B!

Castello di Stalker.

Usciti dalla ridente cittadina di Oban, la strada ci immerge subito in un bel paesaggio di fitti boschi alternate a radure, costellati delle grandi pietre che gli antichi solevano trasformare in altari, o con cui costruivano i loro templi a cielo aperto. E da qui scorci, o squarci, di mare, violento e freddo, con la complicità del vento che non smette mai di schiaffeggiare la terra rossa e il suo verde manto. In uno di questi passaggi sul mare ci si presenta d’innanzi, imponente come un severo guardiano dell’isolotto in cui poggia, e per rispetto direi di tutta la baia, il castello di Stalker, davvero suggestivo. Molto ben conservato, pare ancora essere il protagonista di uno di quei racconti gotici, con figure di bellissime donne rinchiuse lì lontano dal mondo, e da possibili conquistatori, o spettri inquietanti di cavalieri senza testa, per non dire di bambini vittima di qualche orribile persecuzione, forse murati vivi nella stanza dell’ala più a nord… Non per nulla è stato scelto come location per vari film, tra cui uno degli Higlander e anche dai Monthy Pithon e “il Sacro Graal“. Ma il suo nome, dal gaelico, che significa cacciatore, o falconiere, non può che riportarci alle oniriche atmosfere, dominate dall’elemento acquatico, dell’omonimo capolavoro di Tarkowsky. Anche se in realtà non c’è nessun riferimento tra questo film e il castello di cui parliamo, le acque paludose e il mare, che lo circondano, sembrano davvero la Zona di cui ci racconta il grande regista, dove la Zona è un territorio fantasmatico in cui si realizzano i desideri più oscuri. E anche questa immagine, insieme alle altre di questo viaggio, ci sta conducendo proprio a questo, no? Alla realizzazione di un desiderio, un viaggio per l’anima…In questo saltare dal mare all’interno, capitiamo in una vallata, solcata da un fiume che, come tutti qui in Scozia, come dicevamo nella prima puntata, sembra essere completamente nero, a causa del fondo roccioso di questo colore.

Questo però ha qualcosa di diverso: sarà per i cervi che, numerosi nei prati tutto intorno, sembrano mitologiche sentinelle di un torrente sacro a qualche divinità nordica, o anime in pena rimaste qui bloccate, ma Blackwater, che significa AcquaNera, così si chiama veramente, pare essere davvero un gelido fiume infernale, una ferita di sangue scuro e gelido che taglia il ventre della terra. In realtà, non distante da qui, troviamo la simpatica cittadina di pescatori di Ullapool, con la sua croce celtica posta dritta sul mare, al porto.

Ardvreck.

Proseguendo più a nord, i ruderi di un altro castello, quello di Ardvreck, sul mare, ci riportano a sanguinosi combattimenti per il controllo di queste terre, catapultandoci in mezzo a una feroce battaglia, dove fischiano forte proiettili e dardi di ogni sorta, interrotti solo dalle urla dei soldati, e dal clangore delle spade, bramose di vittorie. E il mare è sempre lì, imperterrito ed imparziale algido spettatore. Siamo ormai in dirittura d’arrivo, dalle carte non sembrano troppi i chilometri che ci separano dalla nostra meta finale, ma…la strada diventa poco più che una mulattiera, larga come una macchina, e con ai bordi della carreggiata due profondi solchi, che se ci andasse una ruota dentro, ci ritroveremmo non so dove. Il prezzo da pagare vale nettamente il premio finale: dopo due ore buone di viaggio, ci si apre la luminosa spiaggia di Sango Sands, a Durness, in splendida sabbia chiara, e bagnata da vigorose onde oceaniche. Se considerate che siamo quasi all’altezza della Norvegia, vi rendete conto di quanto possa essere calda l’acqua…

Sango Sands.

Era questo però il luogo tanto caro a John Lennon, immortalato nella splendida canzone dei Beatles “In my life”, dell’album “Rubber soul“, tappa miliare della carriera artistica dei Fab Four. A memoria del compianto John, qui hanno realizzato, sul promontorio più alto, una sorta di giardino letterario, con frasi delle più belle sue canzoni, in mezzo a cespugli di erica. E naturalmente un monumento-cippo, che recita “in my life, i’ve loved them all”. Nella mia vita, li ho amati tutti. Riferendosi ai ricordi di una felice infanzia. Attraverso gli occhi di John, che correva spensierato in queste terre, e le note della sua canzone, da adulto, siamo arrivati qui anche noi, a sperimentarne la dolcezza, per la nostra anima, e abbiamo scelto questa canzone come sigla del nostro programma…

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  1. […] isole, tanto sono concentrate di bellezze e di storia, pregevoli … Segue»11 giugno 2010 La musica dell’anima: road to Durness  Cari amici, ecco di nuovo Goethe2001. Questo nostro primo viaggio, in terra di Scozia, sta […]

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