Riprendiamo oggi il racconto della cantante americana Etta James, classe 1938 da Los Angeles, California, una indiscussa leggenda del blues.
Una leggenda nel vero senso della parola, Jamesetta si aggiudicherà nel corso della sua lunghissima carriera 4 Grammy e ben 18 Blues Music Awards. Sarà per ben 9 volte “Soul – Blues female artist of the Year” e nel 2003 le viene addirittura tributata una stella al numero 7080 di Hollywood Boulevard.
E’ l’ingresso di Etta nella Walk of Fame, la camminata delle stelle.
Ma prima di arrivare a questo importante traguardo Etta ha dovuto lottare a lungo e duramente. Contro se stessa principalmente, contro quella “addiction” , quella dipendenza dalla droga che spesso ha rischiato di minare una brillante carriera.
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Avevamo lasciato Etta all’inizio degli anni ’70, sotto contratto con la Chess records di Leonard Chess, etichetta alla quale rimarrà legata fino al 1978, ben oltre la morte del suo fondatore.
Chi avesse voglia di tuffarsi per un paio d’ore negli anni 50 e 60 e rivivere le vicende di questa casa discografica e dei suoi musicisti può noleggiarsi il film di Darnell Martin “Cadillac Records”.
Capirete come in quegli anni il blues da vita al rock and roll e scoprirete i retroscena delle vite dei suoi artisti più rappresentativi: Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Chuck Berry e ovviamente la nostra Etta James.
Nel film viene lasciato intendere che la nostra Etta e il signor Chess fossero amanti, ma questa ipotesi non è mai stata confermata, lasciando avvolta nel mistero una relazione che fu sicuramente importante per entrambi. Etta, rappresentata nella pellicola da Beyoncè Knowles, diventerà l’artista di punta della scuderia Chess, una volta oscurata la stella del grande Chuck Berry in seguito al suo arresto.
Il film non è un capolavoro, ma è molto gradevole. Il suo limite è che tende a mostrare come Etta debba la sua popolarità e la crescita professionale alle incisioni del periodo Chess. La sceneggiatura descrive quello come il periodo migliore per la produzione di Etta, ma, a mio parere, le incisioni degli anni alla Chess sono ben al di sotto dello standard a cui Jamesetta aveva abituato il suo pubblico nei primi 30 anni di carriera.
Per invogliarvi a fare un salto da Blockbuster e noleggiare “Cadillac Records”, vi faccio ascoltare Beyoncè che canta per Barack e Michelle Obama, durante il ballo per l’insediamento del presidente americano.
Nel primi anni 70 Etta attraversa la fase più dura della sua esistenza. Il continuato consumo di eroina prosciuga le sue tasche e la costringe a trovare rifugio nell’alcool.
In questo periodo conduce una vita davvero “spericolata” e ricorre a piccoli furti per procurarsi denaro, rilascia una moltitudine di assegni scoperti ed arriva perfino a falsificare le ricette mediche in cui si auto prescrive gli ansiolitici.
Nonostante tutto questo riesce comunque a mantenere la lucidità necessaria per presentarsi alle registrazioni e ai concerti.
Quando viene arrestata assieme al marito Artis Mills per uso e possesso di sostanze stupefacenti per entrambi si aprono le porte delle prigioni di stato. Il marito sconterà una pena di 10 anni, mentre Etta è costretta così a scegliere un programma di “rehab” per non finire dietro le sbarre. Fino al 1974 entra ed esce dal Tarzana Psychiatric Hospital situato nella periferia di Los Angeles.
Etta continua comunque a registrare in questi anni di purificazione e nella seconda metà dei ’70, finalmente liberatasi del fantasma delle droghe, si ripresenta con due nuovi albums. Torna a suonare in piccoli clubs e viene chiamata ad esibirsi ad alcuni festival di musica blues e jazz dove il pubblico, sia di parte nera che di parte bianca, la osanna e la riconosce come una delle cantanti leggendarie della storia americana.
La consacrazione di Etta avviene nel 1984 quando Etta viene chiamata a cantare alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi americane. Successivamente una delle sue prime hit, “The Wallflower” entra a far parte della colonna sonora di “Back to the future” e Jamesetta viene invitata con crescente frequenza in diversi show televisivi a cantare la sua rabbia, la sua energia, il suo blues profondo.
“Dannati i tuoi occhi che mi hanno fatto innamorare di nuovo,
dannati quei tuoi occhi che mi tolgono il fiato”
Nel 1988, dopo 7 anni senza un vero contratto discografico esce per la Island Records “7 years itch”, che in italiano suona un po’ come “la crisi del settimo anno”. Negli anni succesivi continuerà ad incidere senza sosta, cambiando spesso scuderia: MCA – Elektra – per poi approdare alla Private music.
Una carriera lunga e prolifica: pensate che Etta James ha pubblicato fino ad oggi ben 43 album. Per darvi un’idea esaustiva di quanto e cosa ha cantato Etta dovrei dedicarle puntate per almeno 6 mesi. Siccome questo non è fattibile spero almeno che nasca in qualcuno di voi il desiderio di conoscere più a fondo questa fantastica artista.
Nei primi anni novanta Etta James si stabilisce nel suo “buen retiro”, nella California del Sud attorniata dal marito e dai due figli Donto e Sametto che nel frattempo sono entrati a far parte della band che accompagna Etta nei suoi concerti.
Con il marito manager e i figli musicisti inizia una specie di attività a conduzione familiare, e finalmente ha inizio un lungo periodo di serenità nella vita di JamesEtta.
La cosa suonerà un po’ buffa, ma il primo Grammy Award per lei arriva soltanto nel 1995. Dopo svariate nominations negli anni precedenti e nelle più disparate categorie, vince nella categoria Jazz con l’album Mystery Lady: songs of Billie Holiday. Lei che ha sempre avuto come punto di riferimento Lady Day, ma ha sempre cantato R & B , il soul e il blues.
Ascoltiamo insieme questa sua versione di un classico di Billie dal titolo “Someone to watch over me” e al termine ci saremo resi conto che questa donna ha le carte in regola per cantare qualsiasi cosa. Anche l’avanti elenco telefonico degli abbonati della città Los Angeles.
I problemi nella vita di Etta non sono terminati. Etta ha problemi alle ginocchia ed è soprappeso per cui le sue condizioni fisiche non fanno che amplificare i suoi malanni..Al punto che ad alcuni concerti è costretta ad esibirsi su una sedia a rotelle.
Dopo una memorabile esibizione a New York esce dal teatro e cade in strada sotto il suo peso di 400 libbre. E’ dunque costretta a ricorrere ad un bypass gastrico e soltanto in questo modo riuscirà a perdere la metà del suo peso e ritornare sul palco per affrontare estenuanti tournèes. Si dichiara riconoscente al medico che l’ha operata perché afferma: “mi ha salvato la vita”. E proprio vero, non tutti i mali vengono per nuocere. Etta scopre, dopo l’operazione, che la sua voce è mutata ed è ora più bassa, più alta e pure più forte. ”Lower, higher and louder”. Continua d incidere senza sosta e nel 2003 arriva il riconoscimento che vale una carriera. Jamesetta entra di diritto nella walk of fame e vince il suo primo Grammy per un album di musica blues contemporanea. L’anno successivo, altro successo. Ispirata dal film documentario di Scorsese “The Blues” realizzerà un album di tradizionali blues che le varrà un altro Grammy.
All’inizio del 2009 Etta tornerà ancora alla ribalta delle cronache per un sua poco simpatica critica nei confronti della cantante Beyoncè, che l’aveva impersonata nel film Cadillac Records.
Lo abbiamo visto in un precedente video: il primo ballo di Barack e Michelle Obama, nella serata di gala che chiude le cerimonie per l’insediamento del presidente americano, è sulle note di At Last, ma non è la voce di Etta che accompagna la coppia, bensì quella della avvenente ex Destiny’s Child.
Etta prende molto male questa sostituzione e dichiara ai giornali che non avrebbero dovuto chiamare un’altra cantante ad interpretare il suo brano più famoso… e in effetti è difficile darle torto. Poi si lascia sfuggire che Beyoncè non sarebbe stata assolutamente all’altezza della situazione ed esprime altre “carinerie” nei suoi confronti. E in questo caso è difficile essere d’accordo con Etta. Andate su youtube, troverete facilmente quella esibizione, e giudicate voi stessi. Solo successivamente Etta si scuserà affermando che le sue dichiarazioni scherzose erano state male interpretate, ma a me un forte dubbio sulle reali intenzioni di Etta rimane.
La grinta, il carattere e la rabbia di Etta le hanno permesso di arrivare a 72 anni e coronare, nonostante tutti le sue vicissitudini che vi ho raccontato, una carriera davvero unica. Nella sua biografia “Rage to Live” per l’appunto “La rabbia di vivere”, uscita nel 1995, Etta ha scritto queste parole:
“Ho imparato a vivere attraverso la rabbia. In qualche modo è proprio questa rabbia che mi ha permesso di andare avanti in questi anni. Senza di essa sarei rimasta fregata diverso tempo fa. Grazie a questa mia rabbia ho ancora un sacco di canzoni da cantare”.
Purtroppo in questi ultimi mesi pare che le condizioni di salute di Etta non siano proprio le migliori, ma io le auguro una vecchiaia serena, sicuramente sarà densa di bellissimi ricordi. E lo faccio dedicandole una canzone speciale, una delle sue, non c’è nemmeno bisogno di dirlo. Noi ci sentiamo molto presto, sempre all’interno di questo contenitore sonoro, con un’altra storia da raccontare.
Non rende…sto parlando di Beyoncè…ha una voce stupenda ma “At Last” non è per lei, almeno non dopo che è stata cantata da Etta. Sono 2 voci diverse, l’unica che poteva competere(secondo me, ovviamente), era la Amy Winehouse!
Bravo Giancarlo, non perdi un colpo.
Sfulmi – om