Da giorni leggo sui giornali del nuovo film di Martone sul Risorgimento, ho letto ottime critiche e polemiche legate alla stranezza che tanto parlare avrebbe dovuto suggerire una distribuzione massiccia nelle sale. Invece la Rai berlusconiana, produttrice del film, avrebbe subito le pressioni del capo, a cui il film è sgradito, e avrebbe operato una specie censura abbattendo il numero delle copie in distribuzione: la miseria di 30 pellicole per tutta Italia, cosa che ha provocato lunghe code nei pochi cinema privilegiati.
Per tutti questi motivi ieri, letto sul giornale che in un cinema vicino alla mia città era programmato “Noi credevamo”, mi sono recato con un buon anticipo sull’inizio della prima proiezione prevista per le 15.
Ebbene, in poco tempo si è formato un bel numero di persone (alle 14 e 50 già una trentina) di fronte al cinema chiuso, erano venuti tutti per vedere “Noi credevamo” alle 15, ma il manifesto avvisava che alle 16,30 era in programmazione l’ultimo film di De Niro. Non un avviso, non una parola di scuse, non una telefonata da parte dei gestori del cinema ai giornali, il giorno prima, per dire: cancellate l’informazione prevista sulla proiezione di “Noi credevamo”.
Una trascuratezza incredibile da parte del proprietario che gestisce – vi ricorda niente? – quasi in monopolio le sale del centro Italia. Si può osservare anche da questi piccoli ma non insignificanti dettagli il paese che si scapicolla giù per la china. Peccato che dentro al paese ci siamo tutti.
Insomma, noi credevamo di vedere “Noi credevamo” ma abbiamo visto un brutto film sull’Italia di oggi.
Per inciso il cinema si chiama Malatesta, ma lo ribattezzerei Mala testa.
Tutto un programma.
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