Martedì 22 febbraio 2010: una data che rimarrà negli annali di questa povera e martoriata repubblica italiana. Non mi riferisco all’attualità più evidente, ovvero a qualche tragedia scaturita dai rapporti tesi con la Libia, sotto le bombe e le fiamme della repressione e della rivolta. Ma a qualcosa che forse vi è collegato, e che rimarrà più sotto traccia, essendo relegato al mondo della finanza. Stiamo parlando del black out della borsa valori italiana, che per oltre sei ore non è riuscita ad aprire le sue contrattazioni. Era già successo in passato, l’ultima volta nei primi di maggio, nei giorni della caduta (economica) della Grecia, ma solo per un’ora circa. Il record precedente risaliva al 25 ottobre del 2004, quando le operazioni furono aperte alle 12,40 (anzichè alle 9).
Questa volta il buio è durato fino alle 15,30 circa (pensate che la chiusura è alle 17,30!). E stando all’oscuro, si sa, l’immaginazione viaggia veloce. Così per tutto il mondo sono rimbalzate le ipotesi più fantasiose, per tentare di spiegare questo evento così strano. Anche perchè da Borsa Italiana non arrivavano spiegazioni degne di note. L’unica fornita, che poi è rimasta tale anche il giorno dopo, è stata che il tutto è avvenuto “a causa di un problema tecnico verificatosi su DDMPlus, il servizio di informativa in tempo reale utilizzato dalla maggioranza degli operatori domestici”.
E’ vero che nel mondo dell’informatica i problemi possono essere all’ordine del giorno, però qui non stiamo parlando del computer di un ragazzino che si inchioda mentre sta giocando a Pac-Man. Ed infatti le voci che circolavano da ogni parte del globo collegavano quanto stava accadendo a Milano proprio alla situazione libica, che ci vede particolarmente coinvolti dal punto di vista economico, visto che ne siamo il primo partner commerciale.
Intervistato da Class Cnbc, Carlo Aloiso di Unicredit conferma come nelle piazze finanziarie internazionali girassero diversi “rumours” sul motivo del black out; tra questi, l’ipotesi dell’arrivo di forti blocchi di vendite da parte degli investitori esteri sui titoli italiani che hanno legami in Libia.
Sono diverse infatti le imprese che hanno grossi business con la terra del colonnello Gheddafi: da Eni, che estrae laggiù petrolio e gas, a Impregilo, che dovrebbe costruirci una grossa autostrada, a Finmeccanica, che ha ingenti commesse in armamenti. Senza parlare delle aziende italiane che hanno grosse partecipazioni di fondi libici, in primis la stessa Unicredit, ma anche Fiat, e persino la Juventus!
Indicativo l’articolo scritto lo stesso giorno su Business Insider dall’analista Joe Weisenthal: “L’Italia è la nuova zona di crisi dell’Europa”, sottolinea, dopo aver parlato dei problemi legali di Berlusconi, e dell’arrivo di nuovi immigrati; “ieri l’azionario italiano ha vissuto un giorno orribile… Oggi, beh, non lo sappiamo, causa il problema tecnico comunicato da Borsa Italiana”.
Insomma, in molti si aspettavano, quel giorno, un’apertura disastrosa, visto che anche il resto dell’Europa stava già andando male, ed invece l’apertura…non c’è stata proprio! Quando è poi avvenuta, molte ore dopo, nel continente la situazione delle altre borse nel corso della giornata era un pò migliorata, e quindi anche qui in Italia si sono riscontrate perdite molto più contenute di quanto si pensasse.
I problemi riscontrati saranno stati un tentativo di bloccare le vendite diffuse che ci si aspettava?
Ovviamente non lo sapremo mai, temo, ma anche la Consob, l’ente preposto alla sorveglianza dei mercati, ha chiesto ufficialmente spiegazioni ai vertici di Borsa Italiana.
Che dire? Di sicuro che è stato enorme il danno all’immagine, ed alla credibilità, del nostro paese – tanto per cambiare – che da tempo sono sempre più compromesse. Danno che rischia di diventare pure economico, visto che già la nostra borsa è considerata una cenerentola, nel panorama europeo, e la fuga di capitali dal sistema finanziario italiano – ritenuto instabile, fragile e sbilanciato – è costante.
Quanto ci costerà tutto ciò questa volta? E chi pagherà per questo..?
Everardo Dalla Borsa
everardodallaborsa@gmail.com
Caro Gaio, per essere onesti devo dire che proprio venerdì, mentre usciva questo articolo, anche la borsa inglese chiudeva per diverse ore, senza riuscire a riaprire! Non ho notizie particolari di interessi occulti da difendere in questo modo, quindi cito anche qui l’ipotesi ufficiale, ovvero sempre un guasto tecnico, ovviamente. C’è da dire anche che le borse inglese e italiana sono unite in un’unica società che le gestisce…
Rimane tutto vero quanto detto sulla borsa italiana, ovvero che è ritenuta poco affidabile indipendentemente dal fatto della scorsa settimana, e pure che tanti investitori la stanno abbandonando per altri mercati esteri. C’entra qualcosa anche il peso eccessivo che nel paniere di Milano hanno i titoli bancari, soggetti troppo spesso a speculazioni, e nel contesto di crisi attuale troppo pericolosi ed instabili…
@Everardo
Molto istruttivo questo ennesimo report e molto eloquente la mappa dei flussi energetici dalla Libia in Europa!
Per altro non bisogna meravigliarsi troppo di questi giochetti della Borsa italiana.
La borsa non è il luogo degli scambi tra gli investitori che ci insegnano a scuola, bensì una bisca quasi casuale dove solo il 7-8 % di chi partecipa vince
e dove le trappole sono all’ordine del giorno.
Ad esempio, durante il I governo Craxi, venne, volutamente a mio avviso, divulgata una voce di una possibile ed imminente tassazione delle rendite finanziarie (dichiarazioni di Rino Formica)che provocò vendite generalizzate e forti ribassi, che rientrarono i gg seguenti.
A chi convenne quella manovra?
Alla Fiat , che , approfittando del ribasso, fece incetta di propri titoli a basso costo per ricapitalizzarsi !
Da chi ha comprato la Fiat?
Dai piccoli risparmiatori che, dopo la notizia, hnno venduto probabilmente anche in perdita!
Ciò che è successo giorni fà non è troppo diverso da ciò che accadde allora, anche se, in questo caso, i sospetti sono sulla Borsa e non sul governo.