Il primo libro che ho letto di Niccolò Ammaniti è stato “Io non ho paura”: il ricordo è ancora adesso vivo e prepotente, nonostante siano passati 15 anni. Quando qualche mese fa finalmente ho letto “Come Dio comanda” ho creduto d’essere stata stupida ad aver aspettato tanto nel darmi questa possibilità!
“Come Dio comanda” è una vertigine, ti gira la testa ad ogni pagina, ti pare d’aver bevuto la stessa quantità di alcool che beve Rino, ti pare d’avere la stessa spudoratezza adolescenziale di Cristiano (suo figlio), catapultato nella stessa ansia di vita che vivono loro.
I personaggi di Ammaniti son disegnati con l’inchiostro e dipinti col pennino, hanno tratti forti, schizzati senza aggettivi, ma indelebili.
Ammaniti in questo caso fa un’operazione complessa con inaudita semplicità: tira fuori una mano dalle dita forti dalle pagine del racconto, ti acchiappa per il collo e risucchia nella storia. E quando ci sei dentro cominci a schierarti. Mi è successo diverse volte di dire ad alta voce mentre leggevo:
– Dai, no! Non lo fate!
o anche:
– Parliamone, siete sicuri?
Come se le mie parole potessero cambiare il corso delle cose!
Rino è un disoccupato disilluso, violento, alcolista: l’unica minaccia reale che sperimenta ogni giorno sono gli assistenti sociali che possono togliergli la custodia del figlio. Ama suo figlio Cristiano, ma la sua cultura lo porta a incitarlo alla violenza e al culto della forza.
– Solo chi ha paura muore facendo stronzate come camminare su un ponte. Se a te di morire non te ne frega niente puoi stare tranquillo che non cadi. La morte se la piglia con i paurosi.
Una goliardia funerea, esasperanti vicende che ciascuno può sentire come reali, tragedie sminuzzate in mezzo a tanti barattoli accartocciati di birra per arrivare alla follia meno premeditata su cui la storia arriva a chiuderti la trachea. E lì o uno lascia pur di non sapere come siano poi andate le cose o, se va avanti, è insperabile ormai che riesca a smettere di leggere.
Salvatores, regista del film dal titolo omonimo, ha definito il libro «un thriller che ti lascia senza fiato, che è anche una grande storia d’amore totale… tra un padre e un figlio»
“Non parlare di libertà. Tutti sono bravi a parlare di libertà. Libertà di qua, libertà di là. Ci si riempiono la bocca. Ma che diavolo te ne fai della libertà? Se non hai una lira, un lavoro, hai tutta la libertà del mondo ma non sai cosa fartene. Parti. E dove vai? E come ci vai? Sai chi sono gli unici ad averla? La gente coi soldi. Quelli sì…” (Rino a Cristiano)
Mariangela Lecci