Per lo studioso inglese del Novecento Walter Pater «Ogni arte aspira costantemente alla condizione di musica».
Arte, musica, che significato hanno per te?
Andrea Marzi
So di essere considerato un “intellettuale”, termine che pur se usato in termini sarcastici o palesemente spregiativi non riesce ad offendermi. Il paradosso è che io ho incontrato arte e musica poco con l’intelletto e molto con la pancia e la fascinazione, è stato cioè un incontro poco scolastico e “costruito”. O forse così ben costruito – da altri – che non me ne sono accorto.
Fatto sta che come musicista sono un analfabeta totale, non conosco le nozioni elementari della musica eppure ho scritto decine di canzoni e vinto un Premio Recanati. Misteri della musica.
Il mio approccio è quindi molto estetico-percettivo e poco pensato e ragionato. Mi interessa il suono tanto quanto il senso delle parole, perché anche nel suono c’è una quota importante di informazioni. Se quella determinata parola che lega un senso e un suono è arrivata a noi nel corso dei secoli evidentemente aveva delle qualità espressive che l’hanno tenuta in vita. A me interessano tutte queste qualità.
Anche nella poesia io cerco il suono, la musica interna allo scorrere dei versi, che non vuol dire necessariamente metrica e rima. Anche, ma non solo. Mi sono accorto che nelle mie poesie io vedo un ritmo – e lo trasferisco nella lettura ad alta voce – che non sempre gli altri vedono altrettanto chiaramente.
La poesia non ha bisogno di «…aspirare costantemente alla condizione di musica» in quanto lo è già, se parliamo di un certo livello di qualità.
Le arti – la comunicazione in genere, anche quella non artistica – per me sono prima di tutto una fonte di curiosità ed interesse, sempre accompagnato da un retropensiero che mi fa ipotizzare che un giorno potrei esprimermi anche attraverso quella forma.
Ho scritto le mie poesie a partire da un’età già avanzata, ma mai avrei pensato di ritrovarmi a dirigere e curare una rivista di prossima pubblicazione che mescolerà cultura e cibo come “Segnali di cibo” o di scrivere e produrre un film-documentario su una strage nazi-fascista. Figurarsi quindi se era prevedibile che avrei “inventato” all’età di 50 anni un singolare e affascinante acrocco come Radio Pereira. Queste non sono cose che di solito fanno i ragazzini?
Le virgole
Le virgole si sa
non sono tutte uguali
ci cono quelle ipocrite
ci sono le banali.
Le virgole, si accoppiano, a volte
con i punti,
con dei punti qualsiasi,
con i capelli unti.
Le virgole esistono soltanto sulla carta,
l’hai mai sentita tu,
una virgola che canta?
Ne ho viste un giorno un paio
spuntar da un décolleté,
mi ha fatto un certo effetto
ma non so dir perché.
Si mettono
un po’ a vanvera
sul foglio.
Leggere
ipotenuse
di sbadiglio.
*
Le parole
gemmano
sulle dita
dei poeti
come gocce
di sudore
sulla pelle
degli atleti.
*
Ci sono certe pagine
Ci sono certe pagine nei libri…
mani sconosciute
hanno forzato il nerbo della rilegatura
e ora
se si provasse casomai a sfogliarle
il libro di aprirebbe
inesorabilmente
Un po’ di qua
un po’ di là
proprio su quella pagina.
non si potrebbe più sfogliare a caso
ma inevitabilmente…
un po’ di là,
un po’ di qua
sempre la stessa pagina.
Oggi i tuoi occhi han detto
che quella pagina
son io
per te.
(da Amore e il Resto del Mondo, Cesare Blanc Editore, 2004)