Vergogna di J.M. CoetzeeNel libro di J.M. Coetzee, il razzismo sceglie un’altra direzione rispetto alla solita che vede contrapposti i “divini bianchi” a chiunque non sia altrettanto “perfetto”.

Qui è una coppia caucasica, padre e figlia, a trovarsi a fare i conti con il razzismo sudafricano post-apartheid.

Ambientato nella Provincia del Capo, il romanzo inizia con il cinquantaduenne professore universitario David Laurie che viene denunciato da una sua allieva (con cui ha una relazione) per molestie sessuali.

Licenziato, trova posto nella fattoria della figlia Lucy. La vita inizia a trovare un senso per David, che in questo piccolo angolo di paradiso si dedica alla scrittura e riscopre l’amore per gli animali, dando una mano in una clinica veterinaria.

La situazione cambia il giorno in cui alcuni individui saccheggiano la fattoria e riversano su David e Lucy un fiume di inaudita violenza.
Questo è il prezzo che deve pagare una donna per la sua indipendenza, questo è il prezzo che deve pagare un bianco in un Sudafrica trasformato dopo l’apartheid. Qui la giustizia per i torti subiti o sentiti raccontare si veste di vendetta

Il razzismo e la disuguaglianza tra persone che respirano nello stesso modo è il nocciolo del volume, condito da una scrittura leggera e pulita, quasi essenziale.
L’impressione che resta, e che forse trascende la bellissima descrizione della psicologia dei personaggi, è vergogna. Vergogna per cosa può fare l’uomo.

La stessa sensazione che ho provato quando ho letto alcuni capitoli di “Padroni del Mondo” di Enzo Biagi dedicati a Malcom X, che voleva rispondere al razzismo con lo stesso razzismo. La stessa fastidiosa sensazione che ho provato quando sono morti Gheddafi e Bin Laden, o quando sento qualcuno che dice che “l’olocausto è giusto alla luce di quello che gli israeliani hanno fatto poi”.

Violenza. Vergogna. Due “V” concatenate. Solo che l’unico rapporto di causa-effetto possibile dovrebbe essere che la prima provoca la seconda, e non viceversa.

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