E vostro padre, dove si trova adesso? Lo avete visto di recente, sentito al telefono? L’ultima volta che gli avete detto: “Ti voglio bene”, se mai glielo avete detto. E l’ultimo abbraccio?
Perché è una frase a ronzarmi in testa:
«Ah, povero padre mio, avrai mai indovinato quanto amore hai messo dentro di me e come amo attraverso te tutte le cose della terra?»
Un padre da film, Antonio Skármeta, 70p – 1 ora e 10 minuti
Poco più di un’ora ed è il cielo del Cile, dove scorre il fiume Bío Bío, le Ande a est, catene costiere a ovest; una madre e un figlio abbandonati dal padre, sullo sfondo una Parigi immaginaria e un mistero pronto a rivelarsi. E’ la storia di un’assenza, della sofferenza di un figlio nei confronti del padre.
Il racconto profuma di farina, di bucce di limoni toccati dalla rugiada, di segnali radio che si perdono tra le decine di emittenti argentine, di tè bevuto dentro un bordello di Angol all’imbrunire, di soldi umidi lasciati sopra il comodino mentre una ragazza dai lineamenti indio si pulisce il ventre e le cosce.
Ed è proprio ad Angol che la verità sarà scoperta, dentro un cinema dove viene proiettato Selvaggio è il vento con Anna Magnani.
«Me ne offre sempre un bicchiere, ma io non lo accetto perché bere mi intristisce. Anche se sono triste quasi sempre, bere vino mi intristisce in un altro modo. È come se mi entrasse una profonda solitudine nelle vene. Da quando papà se n’è andato, ho voglia di morire. La maggior parte del tempo la dedico a fumare e a temperare le mie Faber numero 2.»
Federico Tamburini
pubblicato per la prima volta su finzionimagazine.it