A dire il vero il grande Kevin Spacey non è neanche candidato, ma non ho resistito alla tentazione di citare il brano di Caparezza che è una vera goduria per ogni cinefilo che si rispetti. Ed era anche il modo migliore per parlare di un premio che, anche se non vuoi, entra nel tuo mondo, basta vedere i cartelloni dei film candidati che riportano in gigantografia l’effige della famosa statuetta, anche se magari hanno avuto una sola nomination per il “montaggio dell’effetto sonoro sul titolo di coda”.
Insomma, è inutile far finta di niente e così ne scrivo anch’io sebbene abbia visto una piccola parte dei film che si giocano i premi principali. Tanto ho già scelto il mio “cavallo”; non quello di Steven Spielberg, il cui War Horse mi spaventa sin dai provini, ma io punto tutto su The artist che trovo davvero una perla che andrebbe valorizzata. Non perché mi piaccia l’effetto nostalgia per i tempi che furono (queste operazioni le lasciamo volentieri a Woody Allen…), ma semplicemente perché è la quintessenza del cinema e una prova di coraggio (e follia) enorme. Aver solo pensato a un film (quasi) muto e in bianco e nero sarebbe già di per sè degno di perizia psichiatrica, averlo fatto riuscendo anche a essere moderni e entusiasmando critica (e pubblico) è invece miracoloso.
La vittoria agli Oscar servirebbe a farlo vedere a tante persone che finora l’hanno scansato poiché pensano che il cinema sia solo quello in 4D (le 3 Dimensioni + il Digitale, paroline magiche che spesso producono il nulla). Pensate che io ho provato in tutti i modi a reclamizzarlo con amici e conoscenti, ma al solo sentire le parole muto, bianco e nero nella stessa frase costoro mi guardavano come un alieno e mi davano la stessa fiducia che i direttori di banca danno a chi chiede prestiti per realizzare sogni e idee.
Va detto però che quei pochi che mi hanno dato retta, a distanza di mesi ancora mi ringraziano per avergli fatto vedere un piccolo capolavoro e avergli fatto provare emozioni che raramente si vivono nelle sale e ancor più raramente nelle vite reali.
Alla fine non so quante statuette porterà a casa il film di Hazanavicius (ma direi che quella per le musiche, l’attore protagonista Jean Dujardin, la sceneggiatura sono obbligatorie, per non parlare di quella alla fantastica Berenice Bejo, incredibilmente messa nella categoria attrice non protagonista sebbene il suo ruolo sia decisamente centrale, ma anche questa è l’Academy…), ma è certo che dovrebbe ricevere alcuni premi speciali, fra cui:
1- Scena più erotica dell’anno: quando lei si introduce nel camerino di lui e “indossa” la sua giacca…da brividi
2- Sequenza dell’innamoramento del decennio: la carrellata multipla e i ciak sbagliati sul set mentre loro progressivamente si “isolano” dal resto del mondo
3- Il cane attore migliore di sempre (da non confondersi con l’attore-cane, vinto a mani basse da Pupo sul palco di Sanremo, altro evento che (ir)rompe nella tua vita anche se non vorresti).
Nient’altro da aggiungere e che vinca il migliore, cioè… Kevin Spacey!
Ivan il Terribile