La disabilità di un figlio vista con gli occhi del padre e le disabilità di donne e uomini viste attraverso le loro esperienze. Handicap differenti che generano emozioni differenti. Tutte reali, tutte da analizzare.
Da un lato c’è la voglia di combattere contro tutto e tutti, volontà resa possibile solo dal tipo di handicap capitato.
Dall’altro lato c’è impotenza e rabbia disperata, da non confondere con l’egoismo.
Nel libro “Zigulì”, Massimiliano Verga punta letteralmente un faro su noi tutti. E ci racconta, attraverso le sue parole – a volte disperate, a volte ironiche, a volte profondamente arrabbiate – quanto possa essere difficile convivere con un figlio disabile.
Le pagine si susseguono e le riflessioni assumono dei contorni talmente reali che superano ogni ipocrisia. La convivenza tra Verga e il figlio dal “cervello grosso quanto una zigulì” non ha un perché e nemmeno una soluzione. Diventa semplicemente un susseguirsi di azioni abituali che non portano a nulla ma che il padre vorrebbe portassero a qualcosa.
Una storia disperata tanto vera e reale che scuote.
Verga non opta per “i figli sono comunque sempre un dono”, ma spiega e giustifica il suo dolore, la sua impotenza e la sua rabbia di fronte allo stato psico-fisico compromesso del figlio. Una testimonianza importante che apre gli occhi più di quanto potrebbe fare qualsiasi altro racconto, consiglio, o storia “per sentito dire”.
Stessa tematica in parte, altro modo di affrontarla, è quella del libro “E li chiamano disabili” di Candido Cannavò.
Sedici le storie di questo volume, che racconta di uomini e donne ciechi dalla nascita, costretti sulla sedia a rotelle o senza braccia come la ballerina e pittrice Simona Atzori.
Vite difficili e complesse affrontate con coraggio e forza vitale che hanno portato queste sedici persone a fare della lotta per raggiungere i propri obiettivi la loro ragione di vita.
Ma forse è proprio questo il punto comune di questi libri: la forza.
Forza come capacità di affrontare le difficoltà.
Forza come rabbia verso una situazione incomprensibile.
Forza come voglia di esprimere attraverso un libro tutte le proprie emozioni.
Forza come coraggio nel continuare ad assumersi delle responsabilità sperando, anche debolmente, in qualcosa.
E questo vale anche per Verga.