Se l’emozione che nasce dalla lettura di un romanzo deriva per metà dalla bellezza del romanzo stesso e per metà da un’esperienza personale, come raccontarla?
In realtà l’ho già fatto due volte: una con i libri di Magda Szabo e una con il fumetto Marzi. E ora è tempo di arricchire il tema letteratura femminile emozionale con altri due libri.
“Il tempo delle donne” di Elena Cižova racconta della Russia dei primi anni sessanta. La protagonista è Antonina, giovane operaia incinta di un uomo che l’ha abbandonata.
La soccorre lo stato sovietico, assegnandole un alloggio in coabitazione con tre anziane donne. Saranno loro a prendersi cura della bambina, occupandosi della sua educazione.
Attraverso il racconto orale, ovvero la storia delle loro vite e le sofferenze affrontate, e quello scritto, i libri e le arti, le tre donne formano Sjuzanna. E la formano in maniera talmente perfetta che la traccia scavata diventa un germoglio che crescerà, trasformando la bambina in una giovane donna riflessiva, curiosa, ricettiva agli stimoli che la circondano, e infine ricca caratterialmente.
Assorbire i racconti, abituarsi ad ascoltare, sviluppare la capacità di riflettere ed essere curiosi – elementi che portano a rispettare profondamente libri, arti e cultura in generale – erano (e spero siano ancora) parte fondamentale del metodo di educazione dei paesi dell’Est, soprattutto per le donne.
Per questo sono nate persone come Magda Szabo e Wislawa Szymborska, donne capaci di parlare delle emozioni umane in maniera altamente poetica e allo stesso tempo infinitamente concreta.
Perché parlo della poetessa polacca? Perché leggere il libro di Elena Cižova in contemporanea con “La gioia di Scrivere” di Wislawa Szymborska, ne ha amplificato l’effetto poetico e la riflessione sulle caratteristiche di queste donne che in comune hanno la provenienza geografica.
La vita quotidiana nella Russia comunista e la delicatezza della penna di Elena Cižova, si sono perfettamente sposate nella mia mente con l’arte poetica di Wislawa, che ci ha raccontato “le cose della vita” in modo impareggiabile.
E con una poesia di questa profonda donna, che va scoperta e ri-scoperta (non solo l’8 marzo), vi lascio.
Ritratto di donna
Deve essere a scelta.
Cambiare, purché niente cambi.
È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi,
neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
Dorme con lui come la prima venuta, l’unica al mondo.
Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
Ingenua, ma ottima consigliera.
Debole, ma sosterrà.
Non ha la testa sulle spalle, però l’avrà.
Legge Jaspers e le riviste femminili.
Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.
Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.
Tiene nelle mani un passero con l’ala spezzata,
soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,
una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.
Dove è che corre, non sarà stanca?
Ma no, solo un poco, molto, non importa.
O lo ama o si è intestardita.
Nel bene, nel male, e per l’amor del cielo!
Sottoscrivo la scelta sensibile di parlare di donne come figure ispiratrici o come “Modelli di cui, vista l’attualità, abbiamo davvero bisogno” e rilancio ricordando la scrittrice Christa Wolf che in un’intervista a metà degli anni Sessanta dice:
“Spesso mi piace immaginare la letteratura come una bacchetta magica in grado di liberare tutti. Di risvegliare alla vita le anime morte, di dare loro il coraggio di sogni, nostalgie e capacità spesso inconsapevoli”.
R.