Al di là delle opinioni, dei misteri, delle teorie complottistiche, l’11 settembre è una data che ha colpito ingiustamente l’America. Perché, come sempre capita, a pagare il prezzo più alto sono state persone comuni.
Tra gli scrittori che hanno scelto questo avvenimento per dar vita alle loro storie ce ne sono quattro: Don De Lillo con il suo “L’uomo che cade”, Jonathan Safran Foer con “Molto forte, incredibilmente vicino”, Paul Auster con “Follie di Brooklyn” e l’italiano Gabriele Romagnoli con “Un tuffo nella luce”.
Cominciamo dall’ultimo: “Un tuffo nella luce” di Gabriele Romagnoli è un libro minimalista, come la vita del protagonista-eremita che si ritrova spettatore dell’11 settembre. Attraverso le sue pagine, il romanzo parla di vite che si intrecciano per caso e del difficile percorso emotivo di chi desidera fuggire dal dolore per evitare di provarlo.
E il risultato è un’analisi molto concreta dei meccanismi che muovono i sentimenti e lo stretto legame tra questi e il fanatismo religioso.
Il libro di Jonathan Safran Foer è invece quello che scuote di più. Dopo la morte del padre, scomparso durante il crollo delle torri, un ragazzino ritrova tra le cose del genitore una busta col nome Black e una chiave. Inizia così un viaggio che è in realtà un tentativo di compensare il vuoto lasciato dalla scomparsa.
“Molto forte, incredibilmente vicino” va ricordato soprattutto perché è capolavoro di stile. Diversi narratori, testi che si trasformano in immagini e una serie di sperimentazioni sono le tecniche scelte da Foer per sottolineare lo smarrimento e la devastazione dei sopravvissuti.
Uno stile ricercato caratterizza anche “L’uomo che cade” di Don De Lillo, che entra nel vivo dell’11 settembre attraverso la storia di un sopravvissuto e, in parallelo, quella di un attentatore.
Da un lato c’è Keith Neudecker che, dopo essersi trovato nel grattacielo al momento dell’impatto, tenta con difficoltà di riconquistare la sua vita. Al suo fianco ha la moglie e il figlio che, a loro volta, incrociano altri personaggi che tentano di superare o convivere con la tragedia. Dall’altro c’è il punto di vista di uno degli artefici del crollo delle torri.
Le diverse voci narranti dei personaggi si intrecciano, si contaminano e diventano un grande caleidoscopio capace di raccontare emozioni e reazioni diverse di fronte al dolore.
Nell’ultimo libro, “Follie di Brooklyn” di Paul Auster, l’11 settembre è semplicemente l’avvenimento che chiude il libro. Una sorta di quinta che scende sulla storia.
Una quinta che lascia tutto in sospeso e allo stesso tempo tutto cambia. Come nel caso di ogni libro riguardante questo argomento.
Dagmara Bastianelli