Tradizionalmente in questi giorni starebbe per iniziare il Festival di Cannes, sicuramente la più importante manifestazione cinematografica al mondo. A causa delle elezioni politiche francesi, però quest’anno la kermesse è slittata di qualche giorno. I francesi hanno pensato di ripagarci con lo scempio dell’affermazione (relativa, ma davvero impressionante) del fronte nazionale di Le Pen. A poco vale lo smacco ricevuto da Sarkozy e (spocchiosissima) signora. Tanto valeva mantenere il Festival nelle sue date canoniche…
E allora io faccio finta che Cannes fosse davvero sul punto di iniziare e vi informo subito su quello che ci perderemo sulla croisette; ovviamente in Italia è stata annunciata solo la notizia della presenza di Reality di Matteo Garrone in concorso e di Bernardo Bertolucci (Io e te da Ammaniti) e Dario Argento (col suo temutissimo Dracula 3D) fuori concorso.
Mi limito a nominare film e registi che si contenderanno le Palme, ventidue film da lucidarsi gli occhi, e pensare che per circa dieci giorni (a cominciare dal 16 maggio) sarebbe il caso di essere lì, invece che doversi recare nelle nostre sale per vedere gli avanzi e gli scarti di fine stagione che stanno per arrivare (tranne poche eccezioni).
Impossibile non partire da Cosmopolis di David Cronenberg; l’incontro con Don DeLillo potrebbe essere l’ennesima sorpresa dell’autore canadese che ha sempre regalato grandi film quando ha tratto ispirazione dalla letteratura (La zona morta da Stephen King, Spider da McGrath e Crash da Ballard); vero è che l’ultimo, modesto, A dangerous method (dove però il peso della storia vera è sembrato schiacciare la creatività del regista) e la presenza del poco espressivo Robert Pattinson potrebbero far temere un nuovo passo falso.
I cinefili sono già in fibrillazione per i ritorni di Wes Anderson (quello de I Tenenbaum!!!) che aprirà il festival con Moonrise kingdom, e soprattutto per quello di Leo Carax che sorprese il pubblico decenni fa con Rosso sangue e Gli amanti del ponte Neuf; il suo Holy motors è un altro cult annunciato.
Sempre dalla Francia molto attese le nuove opere di Audiard (Il profeta, e ho detto tutto…) e Alain Resnais (un Maestro, in senso stretto, che non risente degli anni che passano).
Tanta altra Europa con The hunt del danese Vinterberg, il rumeno Mungiu, l’immancabile Ken Loach e gli austriaci Haneke e Seidl.
Sulla carta è meno prestigiosa la seleziona degli americani dove, a parte Anderson, saranno presentate le ultime fatiche di Lee Daniels e del giovanissimo Jeff Nichols oltre che quelle dei “quasi americanizzati” Andrew Dominik (nato in Nuova Zelanda) e John Hillcoat (australiano).
Possibili outsider come sempre “gli orientali” (in concorso ce ne sono solo due, i quasi omonimi Hong e Im Sang Soo), il messicano Reygadas (provocatore doc) e gli ignoti Sergei Lonitsa e Yousry Nasrallah.
A chiudere Walter Salles che trasporta On the road (dal romanzo di Kerouac) su grande schermo; dire che sono scettico è un eufemismo (specie se ripenso ai suoi Diari di una motocicletta…)
Presidente di giuria è Nanni Moretti (che ha “dichiarato guerra” al cinema “facile” tipo The artist) e quindi, se dovessi scommettere (alla cieca, non proprio il massimo parlando di cinema) su un vincitore, lo farei puntando sull’ultimo della lista: l’iraniano Abbas Kiarostami. Piazzati Garrone e Mungiu.
Ivan il Terribile