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Chi di voi, affezionati oppure occasionali lettori, si ritenesse a rischio di orticaria di fronte all’utilizzo delle lingue straniere, e in particolare dell’inglese, cerchi oggi di fare un piccolo sforzo.
Avete tutta la mia comprensione, giuro. Anche io mi scopro a volte infastidito dall’abuso dei vocaboli presi in prestito da altre lingue, soprattutto perché l’italiano è una lingua molto ricca e troppo spesso utilizzata in modo non appropriato.
Ma oggi non posso evitare questa trappola e prenderò un consistente numero di parole dal dizionario inglese per parlarvi di un fenomeno che sta tornando in voga in questi ultimo periodo: il “guerilla gigging”.
Forse questo termine vi suonerà sconosciuto, ma sicuramente avrete sentito parlare di “flash mob”, uno delle curiosità tra le più cliccate sul web. Siccome il primo è l’antenato del secondo direi proprio che si merita un approfondimento.
Il “guerrilla gig” è un vero e proprio concerto che si svolge con le tecniche della… guerriglia urbana.
Si tratta di una performance che si svolge senza essere annunciata o pubblicizzata preventivamente.
Si sceglie un luogo, magari inusuale e a volte non propriamente adatto ad un concerto, e ci si dà appuntamento là.
Si va, si suona per una buona mezz’ora, si smonta l’attrezzatura e in un amen si toglie il disturbo. Una minuscola piazza in Camden Town oppure la stazione della metro di New York possono essere perfette per una esibizione estemporanea, ma anche la spiaggia di Malibu o la sala di uno Starbuck Cafè in qualsiasi parte del globo possono rappresentare il teatro ideale per questo tipo di esibizione.
Si va, si suona per una buona mezz’ora; si prendono applausi, ma anche fischi. Nel peggiore dei casi il rischio che si corre è l’indifferenza dei passanti.
Chi vi assiste è stato informato tramite un social network oppure con il passa parola. E il resto del pubblico è rappresentato dalle persone che hanno la fortuna (o la sventura, questo dipende dalla bravura degli artisti) di trovarsi casualmente in quel luogo e in quel momento.
Si tratta sempre e comunque di un evento pianificato con esiguo anticipo, non promosso sui media in maniera tradizionale. Si svolge in luoghi improbabili e rischia di essere interrotto in qualsiasi momento dall’intervento delle forze dell’ordine. L’azione si svolge con le tecniche della guerriglia, è fulminea, improvvisa, imprevedibile.
Un “guerrilla gig” è un fatto estemporaneo, non esiste programmazione, non esistono biglietti in prevendita o un battage pubblicitario per informare i fans. Nessuna pubblicità all’evento, nessun biglietto di ingresso, niente posti numerati e poltrone riservate alle autorità.
La notizia viene diffusa attraverso la rete, in un battito d’ali può raggiungere migliaia di persone. Il passaparola fa il resto, raramente vengono stampati dei manifesti per ampliare l’eco di questi eventi.
Ma non si pensi che si tratta di una invenzione troppo recente. Resta nella storia un improvvisato concerto dei Beatles effettuato sul terrazzo degli Apple Studios in Savile Row a Londra, nel 1969.
Immaginate la sorpresa dei passanti che ebbero modo di ascoltare in anteprima dei brani che sarebbero poi apparsi sull’album Let it be. Credo che neppure i poliziotti intervenuti per interrompere la performance di “Get back”, motivazione ufficiale gli eccessivi schiamazzi, riuscirono a mascherare il loro stupore quando ad aprire si trovarono i “Fab Four” in persona.
E ancora oggi, in terra d’Albione, c’è qualcuno che riprende l’esempio della band di Liverpool per farsi conoscere e cercare di vendere i propri prodotti discografici a colpi di “guerrilla gigging”.
Sto parlando di una band di giovanotti di Newcastle upon Tyne, in Gran Bretagna, che ha fatto suo questo sistema per promuovere la propria musica. Si chiamano Little Comets e anche loro sono in 4, ma per il momento le analogie si fermano qui. A giudicare dalle loro facce imberbi il più piccolo di loro potrà avere 19 anni, il più grande forse sfiora i 20.
La loro strategia di marketing corre esclusivamente sul web. Ignorati completamente i canali tradizionali, radio e televisione, la rete diventa lo strumento per farsi conoscere dal resto del mondo. Il primo approccio geniale con YouTube è una esibizione delle 4 piccole comete nel loro primo singolo “One night in October”. Tutti e quattro compatti davanti ad una telecamera fissa e armati di una sola chitarra acustica. Tre sulle corde, uno a tamburellare sul legno e tutti insieme alle voci. Il motivo è sghembo e a tratti dissonante; l’improvvisato quartetto pare quasi scomposto in alcuni passaggi, ma il brano è accattivante al punto giusto da lasciar intuire/sperare che i quattro si stiano divertendo a prenderci un po’ in giro.
[youtube p5TOSpYEIQ4 520]
E’ a causa di ciò che avete appena ascoltato che mi metto alla ricerca di altro materiale dei 4 di Newcastle. E ben presto scopro una gemma luminosa, che sprigiona immagini e suoni che mi colpiscono con una intensità inaspettata.
Parte il video di “Isles” e una serie di cartoline mi portano in viaggio nelle periferie inglesi e sulle spiagge di Sunderland. Immagini chiare, reali. Frustate di quotidianità, sogni spezzati, speranze disattese.
Quasi ti sembra di respirare l’aria del Mare del Nord, udire la voce argentina di quei ragazzi e lo sventolio della Union Jack. A tratti riesci pure a percepire la frustrazione e la rassegnazione.
“Isles ” si sviluppa con un incedere energico ed intenso, quasi sferzante. Poi per un momento la musica si blocca e cede spazio alle immagini e ai rumori, ma riacquista la sua energia nel finale, trovando il modo di citare i Police di Zenyatta Mondatta.
Mi perdo nella loro energia e freschezza, ascolto interviste, altri brani. Prendo un appunto in un angolo ancora libero della mia mente, devo condividere con qualcuno ciò che ho sentito.
Scopro così che è uscito proprio in questi giorni il primo album dei Little Comets; si intitola “In Search of Elusive“. Io ho già prenotato la mia copia su Amazon, non dovrebbe tardare più di quattro o cinque giorni. Queste “piccole comete” non mi deluderanno, ne sono sicuro.
Spero solo che delle comete non imitino la pigra consuetudine di mostrarsi troppo di rado.
Sarebbe un vero peccato.
[youtube NT4cyaTmqvo 520]
Complimenti davvero.
Senza la passione di Giancarlo i Little Comets mi sarebbero sfuggiti.
L’ultimo video è uno spettacolo di spontaneità.
BRILLANTI! I little comets (talentuosi) e Giancarlo che ancora una volta ci ha regalato una chicca musicale. Complimenti 😉
ohoh bravo bravo!