Parte 1

Terry Callier.Immaginate per un momento di essere nati negli Stati uniti di America, nella periferia a nord di Chicago. E’ appena finita la seconda guerra mondiale e all’età di 3 anni cominciate a studiare il pianoforte, all’età di 11 avete già scritto la vostra prima canzone e quando uscite a giocare dopo lo studio il vostro compagno di giochi preferito è il piccolo Curtis Mayfield.

Il giovane Curtis non sa ancora che diventerà uno dei più ispirati autori di musica “soul” di tutti i tempi. E comunque questa è un’altra storia che vale assolutamente la pena raccontare. Ma non oggi. Perché oggi voi vi chiamate Terry Callier e siete destinati a scrivere una pagina importante nella storia della musica black.
Ma non lo sapete ancora e come voi, pochissime persone ancora oggi ne sono a conoscenza.

Mi rendo conto che quando parliamo di “black” stiamo utilizzando un termine generico e non perfettamente catalogabile, ma vorrei per una volta non essere costretto a definire e circoscrivere, a non etichettare a tutti i costi la musica di questo artista. Perché Terry si muove da subito al di sopra di un genere e di uno stile ben preciso. Abbraccia la musica folk, il jazz, il soul e il funky. E nel corso della sua carriera non smetterà mai di scoprire e di lasciarsi influenzare. Dagli artisti e dagli uomini più che dai generi musicali. Lo dimostrano le collaborazioni recenti con i Massive Attack, Koop e 4 Hero, con Paul Weller e Beth Orton.

Ciò che rende unica e straordinaria l’esperienza di Terry è che i problemi che si troverà ad affrontare, e non saranno pochi, lo spingeranno progressivamente verso una matura saggezza e una forte spiritualità, ma mai verso lo sconforto e l’amarezza nei confronti della vita.
Un primo assaggio del carisma e della suadente voce di Terry lo facciamo con Dolphins, frutto della collaborazione con la cantautrice inglese Beth Orton.

La storia di Terry Collier inizia con l’amore per il canto e la musica jazz. Cresce con le canzoni di Billie Holiday ed Ella Fitzgerald grazie alla passione di sua madre e grazie ad un compagno di studi a 9 anni conosce la musica di Charlie Parker e ne rimane affascinato. A 12 anni Terry si unisce ad alcuni gruppi di Chicago che fanno doo-woop e a scuola approfitta della pausa per il pranzo per cantare nei bagni dell’edificio. Le pareti sono rivestire di marmo e, secondo Terry, migliorano notevolmente l’acustica.

All’età di 17 anni Terry ottiene una audizione alla Chess Records grazie all’interessamento di Charles Stepney e incide il primo singolo della sua carriera: “Look at me now”.
Incredibile, ma vero! Terry entra in sala di incisione il lunedì mattina e il Sabato successivo il suo brano è già una hit. Al punto che Leonard Chess, il boss della casa discografica, vuole che il giovane parta per un lungo tour assieme ad Etta James e a Muddy Waters. Terry si vede già con i bagagli in mano e pronto per la grande avventura accanto a due dei suoi idoli, ma non ha fatto i conti con la determinazione di sua madre che lo costringe a continuare gli studi universitari e a riporre nel cassetto, per il momento, i sogni partoriti troppo in fretta. E’ durante il periodo alla University of Illinois, e grazie ad un compagno di stanza, che Terry impara a suonare la chitarra e a comincia a gettare le basi per il suo unico ed inconfondibile stile.

Nel 1964 firma un contratto con la Prestige Records e va in studio per incidere un sorprendente debut album: “The New Folk Sound of Terry Callier”.
Facciamo un piccolo passo indietro per ascoltare il primo singolo di Terry e poi vediamo cosa assolutamente sorprendente succede dopo la registrazione del suo primo album.

Dalla voce suadente e dalla sola chitarra di Terry nasce un disco che porta ad un evento a dir poco…surreale. Samuel Charters, il produttore della Prestige parte improvvisamente per un viaggio alla scoperta di se stesso e porta con sé i nastri di “The New Folk Sound” nel deserto del New Mexico. Là trascorre i due anni succesivi in mezzo agli indiani Yaqui, ad ascoltare le canzoni di Terry e a rilassare la mente e le membra con l’ausilio di simpatici… funghetti allucinogeni. Un viaggio alla scoperta di se stesso con la musica di Terry come colonna sonora. Solo dopo il rientro di Charters l’album viene dato alle stampe, ma all’insaputa di Terry, che ne viene a conoscenza perché suo fratello ne trova una copia in un negozio di dischi e libri usati.

Il primo album non vende tantissime copie, ma proietta Terry verso una brillante carriera.
Comincia a fare serate e si divide tra la sua Chicago e New York. Nel ‘71 scrive “The love we had stays in my mind” per il gruppo dei Dells e la Cadet gli offre un contratto per tre dischi. Nascono così, tra il 72 e il 74, tre meravigliosi LP – “Occasional rain”, “What color is love” e “I just can’t help myself” – che sorprendono per l’elegante connubio tra la voce ipnotica di Terry e gli arrangiamenti orchestrali di alcuni pezzi.
Nello sforzo improbabile di concentrare e riassumere la produzione di quel periodo con un brano soltanto a me viene in mente soltanto un titolo. “Ordinary Joe”, dall’album del 1972 “Occasional Rain”, diventa presta una hit negli States e resta ancora oggi, a distanza di più di 30 anni, un “masterpiece” della produzione soul-folk di ogni tempo.

Nonostante la critica apprezzi il nostro artista e ciò contribuisca a formare una solida base di fans, il successo commerciale tarda ad arrivare. Terry firma per la Elektra che in quegli anni è guidata da Don Mizell e incide due nuovi albums: Fire On Ice (1977) e Turn You To Love (1978).
Il successo commerciale arriva con il singolo “Sign of the times” che nulla ha a che vedere con la canzone che Prince interpreterà alcuni anni più tardi e darà il titolo ad uno degli album più famosi del cantante di Minneapolis.

La carriera di Terry sembra procedere a gonfie vele verso il successo e la popolarità; “Sign of the times” entra nelle charts e diventa il brano più programmato da Frankie Crocker della leggendaria emittente WBLS. L’apparizione al Montreux jazz festival lo consacra finalmente come artista di spicco della scena musicale americana.
Ma ancora una volta il destino sta per giocare un brutto scherzo al nostro Terry. Don Mizell lascia la Elektra e l’etichetta discografica rescinde il contratto con Callier. Ma non è neppure questo l’evento che sta per cambiare la vita di Terry, perché all’improvviso compare sulla scena una persona che lo costringerà a mettere da parte i suoi progetti artistici e a dedicarsi a tempo pieno a lei.

Noi abbiamo tralasciato le vicende sentimentali di Terry, ma queste hanno sicuramente un’importanza fondamentale. Terry ha una moglie, da cui è separato, e una figlia dodicenne, Sundiata, che vive in a San Diego assieme alla madre. Ed è proprio la piccola Sundiata che lo raggiunge a Chicago per un trascorrere con lui le vacanze estive.
Ora ci ascoltiamo la hit “Sign of the times” che nel ’79 raggiunse il n. 78 nelle US charts e poi vedremo come l’ingresso di Sundiata cambia radicalmente la vita e la carriera artistica del nostro Terry. Ma per poterlo scoprire dovrete avere pazienza ed aspettare la seconda parte di questo special dedicato a Terry Callier, in onda fra 15 giorni ed esattamente il 1 febbraio. Stay tuned!!!

6 Commenti

  1. Grazie anche da parte mia,”Sign of the times” mi stà aiutando a costruire ‘sto cazzo di diagramma di flusso incasinato…
    mi scuso con le signore per il termine ma ormai è di uso comune e insostituibile in certi casi… che non sono quelli che state pensando!

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