Ulaan-Baator 23 dicembre 2008

Gli uomini si stringono nei loro cappotti, aspettano ai bordi della strada confondendosi nell’aria condensata dei loro respiri. Quartieri gher alla mia sinistra, le stufe accese, il te’ salato in caldo. Enormi ciminiere sputano fumo bianco all’orizzonte. Ulaan-Baator ti accoglie tra i suoi seni freddi e cadenti, braccia ossute ti stringono tiepidamente. Uno sguardo al cielo, a questo cielo blu, cosi’ intenso da non averne mai visti di simili. Lo sguardo in alto a scaldare il cuore.

Attraverso piazza Sukhbaatar, il sole basso disegna ombre impercettibili. Entro nella grande hall dell’hotel Puma; ad accogliermi la luce di qualche candela e il buio piu’ completo. Un inserviente, in divisa di lana bianca e grigia afferra un lume e fa’ cenno di seguirlo. Tre rampe di scale, la porta in legno di abete…entriamo. Fa colare della cera in un portacenere e ci fissa la candela. Sorride richiudendo la porta alle sue spalle. Rimango solo. Fuori meno ventisette gradi, dentro l’intenso calore di una candela.

F.T.

Ulaan-Baator 24 dicembre 2008

Ulaan Baator.

Avamposti socialisti, decadenze comuniste, simboli di passati ancora troppo presenti in una citta’ disperatamente aggrappata al futuro.

Attraverso un quartiere gher. Violenti raggi di luce filtrano tra le assi sconnesse delle staccionate che delimitano la strada. Il fumo denso delle stufe, odore di carbone, silenzio. Due cani si rincorrono, uomini passano, i respiri pesanti. Passo dopo passo il ghiaccio parla, non conosco la sua lingua, ascolto.

Raggiungo il Gandan Khiid, il “grande luogo della gioia completa”. Il ” Signore che guarda in tutte le direzioni” non mi guarda, ma io percepisco forte la sua presenza. Al suo interno 27 tonnellate di erbe medicinali, 334 sutre, due milioni di formule mantra. Un vecchio con cappello di pelliccia gira le ruote della preghiera, guadagnandosi i suoi meriti.

Poco dopo, patate, riso, carne di montone.

F.T.

Ulaan-Baatar 25 dicembre 2008

Trovo ancora rifugio al monastero Gandan Khiid.

Il suono delle ruote da preghiera, odore d’incenso, lo sbattere d’ali dei piccioni all’interno del tempio, due donne inchinate davanti alla statua di Amitayus, il suono delle ruote da preghiera, cinque dieci cento volte. Parole, non conosco il vostro significato.

Un piccolo monaco buddista corre per la strada facendosi scivolare sul ghiaccio. La tunica rossa si gonfia al vento dietro le sue spalle. Diventa cangiante con la luce del mattino.

Dove te ne vai, dunque, in giro per il mondo? Sempre a casa.

Buon Natale.

F.T.

5 Commenti

  1. Viaggio in Mongolia 3…

    Darkhan 28 dicembre 08
    Gratto via il ghiaccio dal finestrino. Strada dritta come un fuso taglia in due le vallate, bianche, ghiacciate. Piu’ che guardare, immagino.
    Darkhan, confine di mondi, terra di nessuno, shock culturale, promessa naufragat…

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui