A volte ritornano,
credo che il modo di dire sia diventato famoso grazie a quei film sugli zombie, i morti-non morti. Non chiedetemi di più perché non sono appassionato del genere.
Io mi riferivo ai pensieri, ti sorprendono, ti fanno venire voglia di scrivere qualcosa, poi magari non hai tempo e te li dimentichi. Poi, dopo qualche giorno, mese o anno, sollecitati da una catena di associazioni mentali, ritornano, tali e quali.

Questa volta mi è accaduto con Cannavaro.
Che ritengo un ottimo giocatore, gagliardo, ma poco avveduto come tuttologo.

Cito da Corriere della Sera: «Spero che “Gomorra” vinca l’Oscar. Ma non penso che gioverà all’immagine dell’Italia nel mondo. Abbiamo già tante etichette negative»
Che voleva dire Cannavaro?
Sembrava che se la prendesse più col film che con la camorra. Non tanto gagliardo.
Controindicazioni del cortocircuito fra libertà di parola e funzionamento del sistema mediatico di oggi in cui si interpella chiunque sia famoso per qualche motivo su argomenti sui quali è preparato quanto una cozza del sautè.

Dopo quanche giorno Cannavaro ha rinnegato le sue dichiarazioni, iscrivendosi al club dei “Cassazione”.

Morale:
Essere uomini liberi richiede più coraggio che giocare bene a calcio.

Pereira

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