Caro Davide,
che nei commenti scrivi “Condivido l’idea di base. Ma se volete veramente essere giusti, bisognava mobilitarsi anche in difesa dei piccoli alimentari, del piccolo negozietto di elettronica, del piccolo calzolaio…”

Intanto io – noi – cerchiamo di “essere giusti” e onesti con noi stessi e con gli altri, poi… nessuno è perfetto.
Ho deciso di dare spazio alla lettera che ha aperto il caso “Salva librerie” perché mi sembrava utile ad aprire il discorso su delle questioni molto importanti, forse decisive per il destino di questo paese. Non è nostro desiderio occuparci solo delle librerie, ma usare quella lettera per parlare (e commentare con i lettori) di tutto il meccanismo della produzione, trasporto, distribuzione, vendita e consumo di beni e servizi, comprese le categorie che tu giustamente citi.

Penso che tutti possiamo – ogni giorno – progredire nella consapevolezza dei meccanismi che governano il mondo e che in qualche modo ci governano.
Più ne saremo consapevoli, più potremo scegliere, e io vorrei dare un contributo, se possibile, ad aumentare questa consapevolezza attraverso un confronto su questo blog. Solo questo ho, solo questo posso offrire, umilmente.

Visto che l’hai messa un po’ sul personale (lo dico con simpatia, ovviamente) ti dirò che la vera domanda da farsi dovrebbe riguardare i vantaggi reali, comprendendo però nella valutazione, tutti gli aspetti. Ad esempio, io faccio la spesa dal verduraio vicino a casa. “Perché sei vecchio e non guidi” dirai tu. No, perché da lui posso comprare anche solo una carota e un sedano, spendo poco, mangio fresco, non butto niente. In questo modo pago un po’ di più al chilo, ma lo recupero non sprecando nulla come succedeva quando mi facevo accompagnare al supermercato.
Non pretendo che questo valga per tutte le esigenze, però fa riflettere…

Alla prossima riflessione, e questa volta basta carote, si torna ai libri.

Pereira

2 Commenti

  1. Ai difensori della Coop,dico che per questa vale la stessa cosa.Perchè la Coop non sei tu,o forse lo sei nel tuo senso peggiore.Provate ad andare sul retro della Coop.Vedete che tipo di gente ci lavora,come ci lavora,e quanta mole di roba viene buttata via ogni giorno.Perchè la Coop usa lo stesso modello di impresa degli altri iper,cioè nn fa scorte,comportando uno spreco incredibile ed un inquinamento incredibile(gli ordini sono per 3 giorni soli,quindi camion in viaggio all’infinito).E nn crediate che le condizioni dei lavoratori siano migliori di quelle degli altri iper,anzi!Vi ripeto,andate a vedere il retro della Coop(lato stadio,per intenderci) una mattina,anche solo mezzora.Ho poi testimonianza di chi ha lavorato prima all’IperRossini(che nn difendo di certo,sia ben chiaro!),poi alla Coop,e da quest’ultima ne è fuggito,perchè con i dipendenti sono degli squali.Questo solo per dire che la Coop nn è la cooperativa sociale di Bisio in “Si può fare”,nn siamo ingenui.La Coop è quella dei fondi neri alla sinistra e del caso Unipol,o no?

  2. Io penso che questo articolo chiarisca meglio il senso dell’iniziativa,che da un lato è solo occasionalmente riferita a Coop Vs librerie di Pesaro.Certo,questo è il motivo contingente,ma l’essenza vera è il tipo di società,intesa in tutti i sensi,da quello urbanistico a quello economico,da quello sociale a quello ecologico,che si propone con l’entrata in gioco degli ipermercati,iperlibrerie od ipercinema.Che alla fine è sempre e solo quella del consumo.Con noncuranza di quello che ciò provoca sul tessuto sociale di una città.

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