Etta james: at last!Chi ha seguito il post precedente, dove insieme abbiamo fatto la conoscenza di Piero Ciampi da Livorno, ricorderà che vi avevo promesso che saremmo volati lontano, magari in Brasile, per fare la conoscenza di una talentuosa cantante. La promessa rimane senza dubbio valida, ma dobbiamo rimandare le presentazioni di un paio di settimane almeno.
Quando sono andato in agenzia non ho trovato voli diretti su Rio De Janeiro e la banconista mi ha convinto a fare uno scalo negli Stati Uniti. Los Angeles, per la precisione.
E quindi sono volato in California, per raccontarvi la affascinante storia di Miss Jamesetta Hawkins, classe 1938, talento e grinta da vendere, una delle più belle voci di sempre della musica nera americana.
Forse questo nome non vi dirà nulla, non ancora per lo meno, ma sono pronto a scommettere che questa l’avete canticchiata un sacco di volte…

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Quello che abbiamo appena ascoltato è un brano di Bo Diddley, reso famoso negli anni 60 grazie a questa interpretazione della nostra Jamesetta e riscoperto, una trentina di anni dopo, grazie alla pubblicità. Quando penso ad uno spot televisivo raramente lo collego al prodotto pubblicizzato, ma quasi sempre alla sua colonna sonora. Ma devo ammettere che i brani utilizzati negli spot sono a volte delle vere e proprie chicche, capolavori spesso rimasti sepolti negli archivi delle case discografiche. Sarete d’accordo con me sul fatto che le bibite gassate fanno male, ma se i pubblicitari non avessero utilizzato questo brano per promuovere la CocaCola, molti ancora oggi non conoscerebbero la voce di Jamesetta.

Jamesetta Hawkins nasce a Los Angeles nel 1938 da Dorothy Hawkins e da un padre che non l’ha mai riconosciuta, ma si narra abbia sempre contribuito con somme di denaro al suo mantenimento. Pare più per convenienza che per vero amore. Sembra si trattasse di Rudolf Wanderone, detto “Minnesota Fats”, noto professionista bianco del “pool”, del gioco del biliardo.
Se pensate a quanto fossero mal visti i matrimoni misti in quel periodo, siamo nel 1938, comprenderete bene perché il Mr Minnesota Fats abbia preferito pagare il silenzio di Mme
Hawkins dopo la nascita della bimba.
Una vera e propria bambina prodigio la nostra Jamesetta: a 5 anni canta nel coro della chiesa e si esibisce già in alcune radio locali mettendo in mostra il suo talento.

La sua infanzia non è affatto facile e segnerà la sua vita in maniera indelebile. La madre conduce uno stile di vita che a voler essere gentile potrei definire “bohemienne” e Jamesetta viene affidata ad una coppia di coniugi di mezza età, i Rogers, stabilendo con Lula “Mama Lu” Rogers, un rapporto affettivo molto profondo. Quando “Mama Lu” muore, Jamesetta ha 12 anni ed è costretta a seguire la madre a San Francisco. Qui inizia la sua convivenza con una donna dai costumi a dir poco libertini che entra ed esce dalle prigioni di stato. Il vero problema è che neppure quando non sta dietro le sbarre, riesce a prendersi cura della figlia. A San Francisco inizia anche la sua avventura nel mondo della musica. A 14 anni ha già formato il gruppo delle “Creolettes” e con una buona dose di faccia tosta si propone al talent scout Johnny Otis che rimane folgorato da quella ragazzina e decide di produrre il trio. Johnny ha il grande merito di scoprire e lanciare Jamesetta verso un carriera che durerà per oltre mezzo secolo. Con una semplice inversione trasforma il nome della nostra giovane cantante da Jamesetta in Etta James, e ne modifica il look grazie alla tinta biondo platino con la quale si esibirà agli esordi. Anche il nome del gruppo viene cambiato radicalmente. Da Creolettes a The Peaches e così Etta James diventa per tutti Miss Peaches.
Quando Johhny porta il trio a LA per incidere il loro primo singolo, Etta, allora diciassettenne, è costretta a falsificare la firma della madre sull’autorizzazione che presenterà al suo produttore.
Del resto troppo tempo ci sarebbe voluto per ottenere il permesso della madre, visto che in quel periodo si trovava in carcere.
Nasce così il primo singolo delle Peaches. Una risposta ad un ammiccante brano di quel periodo, “Work with Me Annie” che diventa, tramite la giovane voce di Etta “Roll with me Henry”.
Il titolo, ancora più ambiguo nel significato, verrà trasformato poi in “The Wwallflower” e diventerà, grazie anche alla forte spinta dei Djs radiofonici, una numero 1 nelle charts di musica R&B.

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E’ un periodo questo in cui in America non esiste una vera e propria normativa che regola i diritti d’autore e quindi Etta e il suo gruppo si vedono scippare una fetta di popolarità e di guadagni da una cantante bianca, Georgia Gibbs, che reinterpreta la canzone appena ascoltata con il titolo di “Dance with me Henry”.
Le nostre Peaches piazzano in classifica altre hit memorabili, “Good rockin’ Daddy”, “Woman” e “Tough Lover”, e diventano famose in tutti gli Stati Uniti d’America.
Si spalancano per la nostra Etta le porte verso una promettente carriera artistica. Gli anni successivi li trascorrerà in lunghe tournèe con personaggi del calibro di Johhny “Guitar” Watson, Bo Diddley, Little Richards.
Miss Peaches cresce in fretta grazie a queste importanti esperienze. Forse pure troppo in fretta.
A contatto con queste celebrità e con il loro stile di vita spesso irriverente Etta si trova in situazioni fortemente contrastanti. A volte osannata dalle folle di fans, altre minacciata da intimidazioni razziste. Proprio in questo periodo Etta cercherà spesso rifugio nel mondo della droga e dell’alcool, arrivando perfino a compiere piccoli che le servono per comprarsi l’eroina. Sicuramente alcune esperienze sentimentali fallimentari, con uomini violenti ed autoritari, non la aiutano di certo a combattere la dipendenza dalle droghe.
Nonostante tutto gli anni 50 stanno per concludersi ed Etta celebra proprio in questo periodo uno dei momenti più importanti e significativi della sua carriera. A New York, in uno show radiofonico, Etta James divide lo stage assieme a Billie Holiday, una delle sue principali ispiratrici e Count Basie, indimenticato musicista e direttore d’orchestra.
E’ un buon momento per la nostra Etta e la fortuna comincia a girare quando conosce Leonard Chess e inizia la collaborazione con la sua etichetta, la Chess Records.

Sotto la attenta guida del produttore Jerry Wexler, arriverà ad essere riconosciuta come una delle maggiori interpreti di blues, jazz e soul.
La sua voce è talmente versatile che si adatta perfettamente non soltanto al blues, ma anche alle melodie pop e alle ballate più romantiche. Pare che una volta la mitica Janis Joplin, mentre stava incidendo negli stessi “studios” di Etta, abbia interrotto la sessione di prove per ascoltare la sua cantante blues preferita.
In questo periodo Etta indovina alcuni successi importanti come “Trust Me,” “All I Could Do Was Cry”, e nel 62 la sua “Something’s Got a Hold on Me” si piazza al numero 4 nelle charts.
Ma la vera “hit”, uno dei brani che la porterà ad essere conosciuta in tutto il mondo, si intitola “At Last” e si piazza rapidamente al numero 2 delle classifiche americane.

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Purtroppo, nonostante il successo, Etta non riesce a lasciare alle spalle i problemi di droga e continua a macchiarsi di piccoli reati per procurarsi il denaro che brucia quotidianamente con l’uso di eroina.
Il suo conto corrente è costantemente in rosso e Jamesetta inizia a rilasciare ai suoi creditori assegni scoperti. Arriva perfino a derubare i suoi stessi amici e i colleghi, oltre a falsificare la firma sulle ricette mediche che le servono per procurarsi i medicinali.
La sua situazione finanziaria è peggiorata dal fatto che la Chess Records in quel periodo non paga i suoi artisti e si trattiene pure le “royalties” dei brani da loro composti. In questa situazione Etta si ritrova sempre senza un dollaro in tasca e la stessa sorte devono seguire di cantanti del calibro di Marvin Gaye e Curtis Mayfield , allora sotto contratto con l’etichetta di Leonard Chess.
La sua dipendenza dall’eroina diventa così distruttiva che Etta deve smettere di incidere dal 1964 al 1966. Ma proprio sul finire di quell’anno Etta torna in studio per incidere il suo più acclamato album di blues dal titolo “Call my name” che la vede duettare con una sua amica di infanzia, Sugar Pie Desanto, e raggiungere le classifiche con il brano “ In the basement”.
Appena un anno dopo, nel 1967, esce un altro LP di Etta, questa volta inciso nei mitici FAME Studios in Alabama.
“Tell Mama”, questo il titolo del singolo che dà anche il titolo all’album, raggiunge la Top10 nelle R&B charts e il numero 23 nelle Top 100 americane. In questo periodo la fama e la popolarità di Etta raggiungono vette altissime; se prima il suo nome era conosciuto soltanto dalla popolazione nera oltre che da un ristretto numero di rockers, ora la sua voce versatile e il suo temperamento le fanno guadagnare la stima ed il rispetto anche del pubblico dei bianchi americani.

Gli anni sessanta volgono al termine e con l’inizio del nuovo decennio Etta si troverà ad affrontare uno dei periodi più bui della sua vita e della sua carriera. Il “rehab”e cioè il programma di riabilitazione dalla dipendenza verso la droga, scelta forzata per evitare la prigione, la porterà alla permanenza in ospedale psichiatrico per 17 mesi. Sempre disposta ad infrangere le regole e prendersi i relativi rischi, Etta navigherà verso la seconda parte della sua vita attraversando condizioni di bonaccia e, molto più frequentemente, situazioni burrascose; toccando più volte il fondo per poi tornare a risorgere.
Questo ed altro ancora scopriremo nella seconda parte di questo speciale dedicato ad Jamesetta Hawkins in arte Etta James, una delle voci più belle e complete della musica black di ogni tempo.
Non ho nessun dubbio ad affermarlo e quando avrete ascoltato Etta nell’interpretazione di
“I’d rather Go blind”, anche voi ne sarete profondamente convinti.

Segue qui: Etta James, indiscussa leggenda del blues

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5 Commenti

  1. nNn ci sono parole, a mio avviso, per descrivere cosa si prova dopo aver ascoltato alcuni brani di questa artista! la voce dolce, aspra, graffiante, ti penetra in tutto il corpo, ti svuota la mente e in maniera sublime ti fa rimergere.

  2. Vorrei scrivere molto di più, ad esempio come la canzone, At last, ti dondola, o come una donna potrebbe dondolarti.
    Come il modo di cantarla dell’artista è seducente, come lo è quello di una donna amante che ti vede arrivare e che poco dopo ti vede andar via. Ironica?
    Solo che di queste cantanti ahi me non se ne è fatta una scuola. Neanche con la lingua italiana aiutiamo l’arte, definire grandi della musica (40, 50 euro a concerto) certe chitarrine non fa bene alle generazioni che verranno.
    Sandro

  3. Cerco un aiuto. Devo registrare alla Sia una licenza di ascolto per pag. web, AT LAST di ETTA JAMES,
    mi chiedono di contattare la casa discografica, ma chi ha ora i diritti dell’artista? At last mi sembra sia del ’61. Grazie infinite.
    Sandro

    Ps non è un commento ma se potete!!!! grazie

  4. Grazie all’autore di questo articolo perchè Etta James è davvero una delle voci più belle e graffianti della musica nera americana. Consiglio a tutti di procurarsi una delle numerose raccolte che sono uscite anche negli ultimi anni.
    Complimenti a tutto lo staff di RP: andate avanti così!!!!

  5. Grande pezzo e grandissimi brani!
    Radio Pereira, a mio avviso, è l’evento cult dominante di Pesaro.
    Godiamoci questa magica rete energetica di sognanti viaggiatori senza dimenticare, ovviamente e purtroppo, il brutto che accade ogni giorno nella vs città (un tempo anche mia).
    Questo report mi fa dimenticare , ma solo per un pò, il tanfo del Benellone !

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