Le mani del fado | 1

La mano si intreccia con l’altra, le dita si incrociano, ingarbugliano, violentano, carezzano; danno uno strappo allo scialle nero che penzola spiegazzato dalle spalle, lo torcono perché non può recriminare, è lì per un sortilegio che lo lega a quelle mani, al ritmo che quelle dita ossute o grasse o graffiate tengono accompagnando il balanço, l’ondeggiare che viene dalla voce, dalla testa che pende dall’una e dall’altra parte stando dietro alle corde delle chitarre.

Le mani del fado | 2

Sono di donne quelle mani. Cantano così, stendono il loro scialle e vanno. Sembrano quasi vedove, prefiche lacrimanti di un addio. Gli uomini no, gli uomini cantano impettiti in buoni vestiti che si riempiono di sudore nelle sere calde; mani nelle tasche e se una decide di uscire va verso il cielo ad attaccarsi alle note.

Le mani del fado | 3

Il canto ― di donne e uomini ― è soffocato o urlato, gli occhi chiusi si aprono improvvisi sull’emozione degli astanti, la fine di ogni lamentazione si intuisce dal calore che chi canta emana, dagli occhi che si chiudono di nuovo, dalle mani che stringono e strapazzano lo scialle, dall’applauso che si comincia a levare prima dell’ultima nota, dell’ultimo respiro, quello strozzato in gola.

Le mani del fado | 4

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