Privacy o praivasi ? o privasi ?

Non si tratta solo di pronuncia (praivasi all’americana o il meno sguaiato privasi all’inglese) ma di una parola che – traducibile grossolanamente con riservatezza – è stata letteralmente violentata dalle recenti leggi e atteggiamenti di molti politici di un paese apparentemente democratico come l’Italia.

Privacy è un termine, ma soprattutto un concetto, anglo-americano, ma in Italia viene usualmente stravolto nel suo significato rispetto al concetto originale.

Infatti se è vero che il diritto alla riservatezza assume per americani e inglesi contorni anche più rigidi che in Italia, è vero anche che tale dimensione è confinata ai diritti dei privati cittadini. L’alto concetto di democrazia diffuso in quei paesi vuole infatti che si esiga da un politico (che come tale ha perduto lo status di privato cittadino) la assoluta trasparenza. Il politico quindi perde il diritto alla privacy in virtù della necessità di controllarne comportamenti e adeguatezza etica al ruolo pubblico. Il diritto dei cittadini al controllo dei politici è più forte di quello alla privacy.

La grande immaturità democratica degli italiani fa si che questi valori non siano trasversalmente condivisi nei cittadini di tutti gli schieramenti, così in questa fessura culturale si infilano da maestri i politici di oggi, Berlusconi per primo, anche se non è stato lui il creatore di questo assurdo principio antidemocratico. Infatti si deve a Bettino Craxi lo sdoganamento del concetto se un politico opera bene non è rilevante che cosa faccia nella vita privata.

Questione di punti di vista.
E di democrazia vera o presunta.

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