Solitamente vi segnalo film che considero belli.
Sicuramente oggi si tratta del meno bello fra i film di “Mi manda Pereira” eppure…
La questione è che il film – attraverso un mix a volte suggestivo a volte meno fra vicenda processuale, memorie e animazione come sottolineatura visuale dei testi poetici – pone diverse questioni purtroppo ancora attuali sulla libertà di espressione, sul diritto a vivere liberamente sessualità e omosessualità, su cosa è un’opera d’arte. Ma oltre a dare – forse – risposte a chi cerca rassicurazioni, stimola efficacemente ad una riflessione più profonda. Mentre assistevo al film mi veniva in mente quel politico che ha promosso la cancellazione di una fantastica opera del writer Blu confondendola con la “pulizia di muri imbrattati”.
Forse il processo a “Urlo” di Allen Ginsberg, o meglio al suo editore Lawrence Ferlinghetti, svoltosi mezzo secolo fa ha promosso negli americani un rispetto maggiore, una cultura del rispetto più diffusa e condivisa, tale da non dover essere difesa ogni giorno come in trincea?
Una nota a margine per concludere, un’amica, nipote di Lawrence che abita a Bologna, mi diceva pochi anni fa che egli spesso viene in Italia e ama girare l’Appennino con zaino e sacco a pelo. Come dire, On the road.
Urlo.
Pereira