Apollo e la Sibilla CumanaPerdonatemi, sono appena tornata da scuola, è già ora che esca a prendere mia figlia e non ho preparato niente da mangiare – questa mattina ho tenuto una classe di terza media in biblioteca, il mio laboratorio di scrittura e lettura – sono svuotata! Ragazzi demotivati, il professore che faceva comunella, prof. ma lei è andato mai a caccia? sì, sì, sono andato – e ha mai sparato? – sì mi è capitato – e cosa si prova? – beh, una sensazione di … potenza…. beh forse non lo dovrei dire… e tutto questo mentre io cercavo di far fare loro una foglia.

Faccio scrivere sulle foglie, quest’anno. E oggi, visto che non capivano nulla, nominavo un autore chi? Una scrittrice chi? Un libro cosa? Allora ho chiesto solamente di parlare di loro, è stata una terapia di gruppo non un laboratorio letterario – ho raccontato la storia della Sibilla Cumana. Lei è bellissima, Apollo se ne innamora, le chiede di diventare sua sacerdotessa, lei accetta ma in cambio vuole l’eternità.

Apollo gliela concede. Passano gli anni, la sibilla invecchia – che sciocca, dice, ho chiesto di non morire mai, ma non ho chiesto di rimanere giovane e un giorno sarò così sottile, e vecchia, e curva, che non mi riconoscerà più nemmeno apollo, che mi amava così tanto, nemmeno lui mi riconoscerà, e continuerò a sparire e alla fine sarò solamente una voce.

Ho chiesto ai ragazzi di scrivere sulle foglie che cosa direbbero per farsi riconoscere se fossero solamente una voce. Ecco, durante questo lavoro quel cretino del professore parlava della potenza dell’uccisione. Un ragazzo ha scritto per farsi riconoscere: vorrei correre fino a stancarmi. Nonostante il professore e questa scuola di merda. Perdonatemi ma a qualcuno dovevo dirlo.

Federica Campi

14 Commenti

  1. @federicotamburini
    Non è il numero di battute a spaventare, per inciso. Nel caso di Gaioing, e si tenga bene a mente che quanto di seguito è scritto con massicce dosi di rispetto, la lunghezza aggiunge gradi al terrore di partenza:))

    @andreazucchi
    1) Porto solo la mia esperienza: ne conosco numerosi, e raramente li ho sentiti accigliarsi per la questione di come si definiscono gli statunitensi o i sudamericani. Anzi, ho il fondato sospetto che loro vogliano proprio sentirsi chiamare *sudamericani*. Tra di loro già lo fanno.
    2) Miracolo diplomatico senza precedenti. Comunicazione congiunta delle ambasciate cinesi e giapponesi. I primi non vogliono prendersi elogi immeritati e precisano dunque che i miliardi investiti sono di nazionalità europea. Se la sono ritrovata in casa, la tecnologia, portata da altri, che gliel’hanno insegnata, e hanno cominciato ad usarla (a quel punto chi aveva costi cinesi e vendeva a prezzi sfacciatamente “made in italy” si è seduto in poltrona a vedere Mi Name Is Earl, visto la situazione sui mercati).
    I secondi rivendicano orgogliosamente il titolo di Stupido Popolo Visitatore Con Macchina Fotografica Al Collo.
    I primi e i secondi inviano anche via mail due cartelle contenenti un campione significativo di fotografie. Le cartelle sono denominate FOTO DI CINESI e FOTO DI GIAPPONESI per una futura e migliore possibilità di corretta individuazione.
    3) Conosco cubani. Mi dicono che per magnificare un paese, E QUESTI Sì CHE S’INCA**ANO, E MOLTO, bisogna viverlo. Un master, che arrotolano e si fumano,lo scambierebbero molto volentieri con la possibilità di uscire dalla prigionia territoriale in cui sono costretti, e magari anche di poter dire ESTE GOVIERNO ES UNA DICTATURA senza essere trasferiti in una prigione più piccola e ricevere speciali attenzioni.

    @ federicacampi
    Condivido e capisco la frustrazione, l’impotenza, il nervoso che sale. Aggiungo al volo, a e margine. Di morte si deve parlare per evitare di continuare ad essere un paese di casalinghe con molto tempo a disposizione e fanatici assortiti che, non avendone mai sentito parlare con naturalezza, la considerano perciò qualcosa di non-naturale, che non può essere accettato, che deve essere combattuto anche quando la battaglia è persa da vent’anni, e picchettano gli ingressi degli ospedali.
    Non un cacciatore, però, lui non ne deve parlare, e non a dei ragazzini. Lui deve prendere il suo benelli, partire presto la mattina, trovarsi con altri esaltati dal potere dei pallettoni, e sparare per i boschi, magari dividendosi in gruppi che girano quatti tra i cespugli.

    @ Gaioing: sì, certo. Lo so. Chi di spada eccetera. Aspetto con impazienza, a questo punto:)

  2. Non so, di tutta questa storia (post e commenti) due aspetti mi hanno colpito. Il primo è che un professore parli (anche fosse una cosa estemporanea) a ragazzini di tredici anni, di armi; ok forse non proprio di armi, ma della sensazione che si prova a tenere un’arma in mano e a sparare. Sensazione di potenza, dice. Parlo da genitore che non sono, ma che vorrei diventare prima o poi. Ecco, questa mi sembra una cosa grave. Il secondo aspetto ad avermi stupito, è che in pochi qui si siano stupiti di questo episodio; vero è che siamo ormai abituati a sentirne di peggio, magari fossero sempre questi gli episodi da segnalare; però il fatto che una persona, che con i ragazzi lavora e interagisce, ne sia rimasta scossa, colpita e che abbia sentito l’urgenza di condividere questo episodio, a me pare una cosa sana e bella. In realtà, in questa sede, ci si è più sorpresi dei modi o delle parole usate. Ecco a volte si guardano le pagliuzze e non le travi. Mi ha anche molto colpito la reazione di alcuni professori, come Roberta, che conosco e stimo, risentiti del fatto che qualcuno possa criticare episodi negativi che riguardano altri professori. Credo sia il sintomo di un cortocircuito che ha colpito il mondo della scuola. Mi è venuto in mente così un articolo, apparso su Repubblica qualche mese fa, dal titolo: “Niente accuse a scuola e ministero” in cui si racconta della lettera del direttore ministeriale dell’Emilia Romagna in cui si invita insegnanti e personale ATA ad evitare di parlare con la stampa criticando l’operato del ministero dell’istruzione o dei suoi più stretti collaboratori. E nel commento il giornalista scrive: “Ma se un giornalista si presenta davanti ad una scuola e chiede agli insegnanti se le classi sono eccessivamente affollate, se i locali scolastici sono sicuri e accoglienti, se quando vanno in bagno trovano la carta igienica e sapone, se i posti per il tempo pieno sono sufficienti, se fare una fotocopia diventa un ostacolo insormontabile e se la scuola ha i soldi per organizzare i corsi di recupero, cosa dovrebbero rispondere i docenti? – Non posso dire la mia, si rivolga al dirigente scolastico?- Oppure, al limite, possono dire che va tutto a meraviglia, in modo da evitare “dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amminiostrazione.” http://www.repubblica.it/scuola/2010/05/22/news/niente_critiche_a_scuola-4256358/
    Sono certo che qui nessuno avesse intenzione di censurare, ma l’articolo in questione, è testimonianza di quanto il sistema scuola sia sempre più fragile, delicato, instabile.
    Mi scuso per le tante (spero non troppe) parole. Mi rivolgo in particolar modo a @inginocchio, che ho visto preoccuparsi di eventuali approfondimenti da parte di Gaioing. Spero tu sia ancora ben saldo sulle tue ginocchia e che non sia scivolato, morto stecchito, a terra.

  3. A Gianni e l’articolo da lui linkato: sono d’accordissimo! Gli Stati Uniti (per favore smettiamo di chiamarli America, perchè loro sono uno solo degli stati di quel continente, e la cosa non sai quanto fa incazzare, giustamente, a tanti sudamericani, per esempio…) sanno bene quello che vogliono, e cioè mantenere la leadership mondiale(e non certo per avere un mondo migliore…) e hanno capito che per far questo investire sulle risorse umane, e sulla materia grigia, è una cosa lungimirante.
    Che rende l’idea di quanto stupidi siano i governanti italiani, che sputtanano una risorsa fondamentale per uno stato…
    In Cina fanno come negli Stati Uniti, e i risultati si vedono. Li abbiamo derisi per anni tacciandoli di essere stupidi visitatori delle nostre terre in cerca solo di fotografare tutto, e invece partendo da quelle foto, e coi miliardi investiti in ricerca, si stanno trasformando dall’essere i più grandi produttori di articoli di serie B, al diventare concorrenti anche sui prodotti di eccellenza.
    A Cuba invece pagano ogni studente che vada all’università, e ancor più chi frequenti un master.
    Sarà che chi ha poco investe sull’ingegno…

  4. @Mirko Fabbri

    Lo spunto potrebbe essere interessante (e penso che Soffio potrebbe aver malinteso). Potresti chiarire? Grazie!

  5. “Ma questo è un argomento lungo e complesso che magari illustrerò, se ne ho voglia, un’altra volta!”

    Come direbbe Battisti, Dio mio no!

    (chukle chuckle)

  6. @soffio
    il tuo nome evoca leggerezza, ed in effetti tutto il tuo commento conferma tale sensazione.
    non mi piace interloquire con persone anonime, quindi mi limiterò a dirti che temo tu non abbia capito il significato della domanda che ho rivolto alla fine del mio precedente commento.

  7. Beppe Severgnini oggi ci scrive qualcosa sul Corriere.. niente di eccezionale, però… “Qualsiasi governo italiano – anche questo, finché c’è – dovrebbe capire che il petrolio nazionale sta nella nostra testa: altro non ne abbiamo. I rettori sono sceicchi inconsapevoli: amministrino la nostra ricchezza, investano sul nostro futuro. Un anno fa, di questi tempi, ho trascorso un periodo al Mit (Massachusetts Institute of Technology) come «scrittore in residenza», spostandomi anche a Harvard e a Brown University. Ho capito perché l’America sopravvive alle ondate del mondo e agli squali di Wall Street. Perché la sua parte migliore – c’è anche l’altra – non frustra i ragazzi; li incoraggia. Non li sfrutta; ci investe. Non li investe di rampogne; ne accompagna il volo nella vita.
    Non è bontà: è bassa, egoistica lungimiranza. Convincere un ragazzo o una ragazza che può diventare felice, ricco e famoso con un’idea; non mostrando i tatuaggi e le mutandine in televisione. Spiegare che creare una società commerciale può essere eccitante come partire per un viaggio; ed evitare di soffocare di regole e cavilli la partenza di quel viaggio. Andate a vedere The Social Network, e invidiateli.”

  8. @F.C. ma per tutti in generale

    Non vorrei sembrare fatalista, ma, a mio parere il fatto di sentirsi frustrati nel vedere scarsi risultati
    alle proprie fatiche di insegnante è un sentimento abbastanza comune.
    Personalmente consiglio di avere pazienza.
    L’apprendimento è un fatto complesso ed anche molto personale, (l’aggettivo più esatto da usare è, per l’apprendimento, “quantico”) e questa complessità viene vissuta spesso in termini negativi da un insegnante.
    Ad esempio, al liceo, avevo un’ insegnante di scienze, tra l’altro molto preparata, che si metteva a piangere se l’interrogazione di un allievo andava male!
    Era lei dunque che doveva conoscere se stessa o l’allievo che doveva capire di non essere preparato?
    L’apprendimento e quindi anche il rapporto col docente è come un grande fiume che scorre, dentro c’è di tutto
    e non è assolutamente detto che un’esperienza negativa non possa essere recepita in termini positivi!
    Ma non solo l’apprendimento è quantico, ma, addirittura, si impara sbagliando! Dunque?
    E’ vero che la scuola italiana è allo sfascio, ma non per colpa degli insegnanti o degli allievi.
    La colpa è del sistema che la vuole così!
    Ma questo è un argomento lungo e complesso che magari illustrerò, se ne ho voglia, un’altra volta!

  9. Ma di che parlate? Corraducci? mirkofabbri? che ne sapete? La scuola è piena di persone capaci e quindi giustamente frustrate ma per piacere risparmiatevi la paternale degli ignoranti lumbard contro gli intellettuali! “Ma, dico io: a che vi serve tutta questa cultura?” Ma chi sei, Brunetta? Nella scuola, così come nella pubblica amministrazione c’è un sacco di gente imboscata che invece che lavorare manda avanti gli altri, rinuncia a formarsi, interrogarsi, condividere. E poi, diciamo la verità, c’è un sacco di gente incompetente, finita lì grazie a meccanismi di assunzione molto molto dubbi.
    Oh… l’ho detto. sto meglio.
    Solidarietà a chi ha scritto l’articolo.

  10. chiedo scusa del tono – saccente – chiedo scusa anche del ‘cretino’ – tra colleghi, nel momento in cui uno prosegue un lavoro, l’altro segue, per assecondare, criticare, comunque per interessarsi, non parla di quello che fa nel tempo libero – e chiedo scusa della scuola di merda – ma non certo alla scuola di merda – comunque, professori bravi, capaci, ne ho visti tanti, molti di più di quelli che dovrebbero stare a casa. questo post arriva alla fine di una giornata in cui ha vinto, per me, la frustrazione, non perché non ritengo che sia un dono stare coi ragazzi e insegnare e tutto, per carità, ma perché talvolta la rabbia si mischia alla consapevolezza che nulla passa per le mie mani, che non risolverò nulla, che non ne ho la possibilità, che chi ha la possibilità di fare qualcosa mette mano in maniera irragionevole e sciatta al problema dell’istruzione, delle strutture e intanto i nostri figli hanno la scuola che cade letteralmeente a pezzi, e questa è frustrazione sana, giusta, nel senso ‘naturale’ – era quella di cui parlavo prima. la coperta per come la tiri è sempre corta. e insomma, è solo un post, sono felice che apra una discussione, soprattutto se sia per vedere oltre le mie parole. f.c.

  11. Condivido le parole che hai detto, chiaro senza generalizzare, ma capisco la possibile frustrazione quotidiana del doversi confrontare con colleghi di lavoro di questo tipo. Credo capiti a tutti. Sul fatto della merda, io non mi scandalizzerei più di tanto.. solo per la statistica, è di un paio di giorni fa la notizia che tra le prime duecento migliori università al mondo neppure una è italiana. Qualcosa vorrà pur dire. La scuola italiana è al collasso. La scuola! Non tutti i professori, chiaro.

  12. Azz…
    Il collega professore è “un cretino”.
    Gli studenti sono “demotivati” e “non capivano nulla”.
    La scuola è (immancabilmente) “di merda”.

    Ma, dico io: a che vi serve tutta questa cultura?

  13. D’accordo su quel ke fai con i ragazzi, è molto bello. Pero’ nn definirei un tuo collega come quel “cretino del professore” Infondo tu scrivi ke lui ha risposto ad una domanda, “se è mai andato a caccia?” E lui ha risposto dicendo la verita’e anke quel ke provava. Con gli studenti va sempre fatto. Anke se la verita’ a volte fa male e nn la si condivide. Altro è, criticare questa barbaria ke ancora si chiama sport.

  14. ma tu credici ancora, non mollare.
    i ragazzi hanno bisogno di essere provocati, (forse specie in terza media); hanno bisogno -appunto- di maestri veri, non di chi gli parli di morte; di maestri veri, anche se -sempre forse- non tutti ancora non lo sanno.
    almeno, ora si ricorderanno della sibilla cumana.

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