Io amo i bambini, ciò che, nel tempo, della nostra infanzia tratteniamo –l’espressione artistica che raccoglie ogni emotività e la indirizza a uno scopo, quando i colori e i suoni si mischiano e si fanno esistenza leggera, animata di segni irresponsabili dei significati, se non nell’abilità e nella gioia della creazione.
In una casa fantastica, quali stanze concedi alla creatività?

Andrea Marzi
La domanda posta in questi termini sembra alludere ad un atto volontario (decidere di concedere).
Ma nel mio caso di volontario c’è poco. Al massimo – e solo già avanti negli anni – potrei dire di essere diventato consapevole di avere un dono in termini di creatività, mai ho pensato di poter decidere qualcosa. Quello del rapporto fra me è le parti creative è un tema che ho toccato anche in alcune poesie, ad esempio in “Le poesie di chi” ma non solo.

Le poesie di chi

Si dice…
le poesie di Pascoli, di Keats, di Garcia Lorca,
e così ogni poeta dovrebbe dir di sé,
delle poesie che scrive: le mie poesie.
Ma io
quando dico “le mie poesie”
provo un poco di imbarazzo,
come non fossi nel vero.
Come a dire con vertigine:
“Ma è proprio l’incontrario!”
Non
queste poesie son mie,
ma…
io son loro
io son delle poesie.

E fanno i comodi loro!
I porci comodi loro!
Si affacciano, si negano
si cullano per anni in anticamera.
Oppure, prepotenti,
mi si offrono – baldracche –
e si stendon dove vogliono.
E quando!
Mai una volta,
MAI
UNA
VOLTA!
Che mi chiedano il permesso!
Prima o poi
le dovrò pur affrontare 
ed allora
prese di petto oppure da tergo
glielo voglio proprio dire:
questo 
uomo
non è 
un albergo!

La mia sensazione è quella di essere una specie di bocca di vulcano. Io non devo fare niente, solo aspettare che il combinarsi turbinoso di libere associazioni, stimoli esterni, letture, ascolti, film, mostre, foto ecc. ecc. si coaguli determinando un’urgenza espressiva. A quel punto la lava creativa è risalita fino al ciglio, e viene spinta fuori.
Forse accade così anche agli altri, non so. In un artista “puro” probabilmente tutto ciò prende sempre, o spesso, una forma congrua con la sua disciplina – una poesia per un poeta, un quadro per un pittore. Per me che sono uno spurio, un multidisciplinare, può accadere che l’espressione prenda la strada di una canzone, una poesia, ma anche un documentario su una strage nazi-fascista poco conosciuta o uno spettacolo che combini teatro e canzone per dar vita a nuove contaminazioni e suggestioni.

Ho amato

Ho amato
amarti
nelle parole
degli
altri.

Un vecchio

Lui vide tutto,
il foglio che cadeva,
il mio incedere distratto tra la folla.
Mi raggiunse,
me lo porse …
“scusi signore, le è caduta una poesia”.

(da Amore e il Resto del Mondo, Cesare Blanc Editore, 2004)

Dici che sono un poeta

Il dolore che mi hai dato
ha raspato graffi
sopra e dentro al corpo
già segnato dalla cenere
a dal sangue coagulato.

E così ha graffiato via dei trucioli
che cadendo sopra il foglio
han lasciato macchie scure
fatte a forma di parole.

Dici che sono un poeta,
sono queste le poesie?

(da Esiti di un infarto sentimentale, Editrice Zona, 2006)

3 Commenti

  1. @leila falà e morena
    Caspita, non sono mica abituato a tutti questi complimenti. L’avessi saputo ci avrei pensato meglio prima di accogliere l’invito di Federica Campi… ma a pensarci bene si scrive per gli altri, per chi lo sa apprezzare. Quindi grazie a voi, a Federica e a Radio Pereira perché gli artisti per quanto strani o “difficili” in fondo voglio tutti la stessa cosa: essere capiti. Come i bambini.

  2. sono molto belle, Andrea, le poesie che hai scritto. non saranno le “tue” poesie… ma le hai pensate e scritte tu. e io penso che da qualche parte dentro e intorno a te tu hai pescato una sensazione, una riflessione, un pensiero e hai trasformato “a forma di parole”. e la meraviglia e lo stupore diventano partecipazione individuale e soggettiva ai sentimenti di una moltitudine di altre vite che si ritrovano a volte somiglianti a volte differenti.
    a presto, ciao
    m.

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