Il 18 aprile del 2002 ero davanti alla tv verso le 20.30 e guardavo come al solito Il Fatto di Enzo Biagi. Quei dieci minuti li ricordo benissimo perché ascoltai quello che secondo il capo del governo di allora (e di adesso) non si doveva dire.
“Non è un gran giorno per l’Italia, per quello che succede in casa e per quello che succede fuori. […] Ma c’è anche chi all’estero parla, per faccende meno serie, di crimine. Da Sofia il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non trova di meglio che segnalare tre biechi individui. In ordine alfabetico: Biagi, Luttazzi, Santoro che hanno fatto un uso della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, criminoso. E afferma: “Credo sia un preciso dovere della dirigenza Rai di non permettere più che questo avvenga.” Quale sarebbe il reato? Stupro, assassinio, rapina, furto, incitamento alla delinquenza, falso e diffamazione? Denunci!
Poi il Presidente Berlusconi siccome non prevede nei tre biechi personaggi pentimento o redenzione, pur non avendo niente di personale, dice, lascerebbe intendere, se interpretiamo bene, che dovrebbero togliere il disturbo.
Signor Presidente Berlusconi dia disposizione di procedere perché la mia età e il senso di rispetto che ho per me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri. Sono ancora convinto che in questa nostra repubblica ci sia spazio per la libertà di stampa. […] E’ la prima volta che un presidente del consiglio decide il palinsesto.”
E ancora Biagi afferma: “Dopo 814 trasmissioni eventualmente è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità che restare al prezzo di certi patteggiamenti”
Fine della trasmissione. Ovvero Il Fatto non va più in onda.
Biagi dopo 40 in Rai lavorando come giornalista fu letteralmente mandato via e noi alla sera, dopo il telegiornale, perdemmo definitivamente l’informazione di qualità che in quei dieci minuti ci aveva dato per tanti anni un punto di vista pulito, lucido, puntuale: il punto di vista di un giornalista che la storia l’aveva vissuta sulla sua pelle.
“Quello che non si doveva dire” è il libro che Enzo Biagi ha scritto con Loris Mazzetti per raccontare ciò che in tv non gli hanno più lasciato dire. Altre puntate de Il Fatto messe per iscritto, per continuare a documentare, perché il suo lavoro di informazione non finisse così.
Scriverà Biagi nel suo libro: “Sono incazzato non perché mi hanno sostituito su RaiUno, sono incazzato perché non posso più andare in giro con la mia troupe per raccontare quello che succede e incontrare i protagonisti dei nostri giorni.” Per ovviare a questo inconveniente Biagi continua a fare il suo lavoro, sperando ingenuamente che l’esilio chissà magari sarebbe finito.
Il 25 aprile di quest’anno è più che mai un giorno particolare perché si inserisce nei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Se Enzo Biagi fosse andato in onda la domanda fatidica che avrebbe posto sarebbe stata questa: “Si è mai fatto vedere in piazza il 25 aprile Silvio Berlusconi? E se non era a festeggiare la Liberazione d’Italia, dov’era? Mai una parola dedicata agli antifascisti! E anche se in piazza qualche volta ci fosse stato, quanto sarebbe stato ridicolo a fianco di Luigi Pintor, Giuliano Vassalli, Giorgio Bocca, Tina Anselmi, Oscar Luigi Scalfaro?” Milano, città medaglia d’oro per la Resistenza, con oltre 4000 caduti di cui 2525 partigiani è la stessa città in cui Berlusconi ha il maggior consenso politico.
“Il periodo della mia vita di cui vado fiero non è stato quando facevo il direttore e neanche quando mi premiavano per il lavoro, ma sono stati i 14 mesi in cui ho fatto il partigiano.”
Ma in quest’Italia Biagi avrebbe avuto ancora storie paradigmatiche da raccontare. Cose incredibili accadute nella giornata del 25 aprile ne sono sempre successe, fino al paradosso dell’ipocrisia politica: Letizia Moratti a ridosso della sua campagna elettorale portò in piazza suo padre, ex deportato, in carrozzina. “Sono andata in corteo con mio padre, un eroe della Resistenza, perché credo in alcuni valori: la libertà, il primato della persona e della famiglia, il primato della società civile, la solidarietà.” Il 28 aprile, 3 giorni dopo, la signora Moratti presentò il suo programma elettorale per la città di Milano annunciando l’intesa con Fiamma Tricolore e Azione Sociale: ossia i neofascisti. Ma Biagi questo non ha potuto dirlo in tv, si è dovuto limitare a scriverlo nel suo libro quello che non si doveva dire.
E’ ovviamente Beautiful Berlusconi il capitolo più brillante, più sentito, più lucido: riassunto della sua epopea, degna di una sceneggiatura da soap opera. Imprenditore brianzolo fattosi dal nulla, che si era pagato gli studi esibendosi come cantante di piano bar sulle navi da crociera, aveva fondato la sua prima società la EdilNord nel 1963 per costruire Milano2. 27 anni, una fideiussione della banca Rasini, la banca di cui suo padre era dipendente, la stessa banca usata dalla Mafia per il riciclaggio di denaro sporco secondo le parole di Michele Sindona. Iscritto alla P2 con Giovanni Cresti e Gianfranco Graziadei facendo, dirà Licio Gelli, normale iniziazione alla Loggia. Questo è il prologo della storia di un uomo che si vanta di essersi fatto da solo.
“C’è un magistrato, un’affascinante donna dai capelli rossi, che fu amica di Giovanni Falcone, la quale dopo gli attentati di Capaci e di via D’Amelio andò in Sicilia e fece arrestare gli esecutori materiali delle due stragi: Ilda Boccassini. Una donna tenace, che non si ferma di fronte a nulla, che ha un unico obiettivo, quello di far trionfare la giustizia, come aveva fatto a Palermo il giudice Falcone nel maxi processo contro la mafia. La pm milanese è diventata ormai l’incubo delle notti del Cavaliere, fa parte dei suoi sogni. E il risveglio è sempre molto agitato.”
Chissà come si sarebbe espresso Enzo Biagi in merito al Rubygate! A suo tempo aveva di certo capito il vizietto del cavaliere: “Può un ex-capo del Governo (allora era ex, poi è tornato) strizzare l’occhio alle signore dichiarando che adesso avrò più tempo per loro?”
“Che Beautiful sarebbe poter trasformare tutto questo in un programma tv: son convinto che riusciremmo a trovare persone inaspettate, disposte a raccontare. Non so se con Loris tornerò mai a fare la televisione, ma una cosa è certa. Questa trasmissione non me la faranno fare mai più.”