Aspettiamoci manovre lacrime e sangue, come in Spagna…

Puerta del SolAmmonta alla astronomica cifra di 160 miliardi quella che – secondo il rapporto del 2011 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica – sarà la perdita permanente da qui al 2013 per l’Italia. Con un ovvio, pesantissimo, impatto sul PIL italiano, già sofferente ed in quasi totale stagnazione, se consideriamo le spese che non decollano, anzi sono in calo, come testimonia l’ISTAT, che riporta un calo del 2% dallo scorso anno delle vendite al dettaglio, in tutti i settori merceologici.

Forse quello che dovrebbe spaventare maggiormente i cittadini italiani è il fatto che per rispettare i nuovi vincoli europei sul debito occorrerà un intervento “del 3% all’anno, pari, oggi, a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia”. Si tratta di “un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni ’90 per l’ingresso nella moneta unica”. Lo studio della Corte dei Conti “si sofferma sulla considerazione dell’eredità dei condizionamenti dovuti agli effetti permanenti causati dalla grande recessione del 2008-2009, evidenziando come si sia verificata una perdita permanente di prodotto calcolata a fine 2010 in 140 miliardi e prevista crescere a 160 miliardi nel 2013”.

Cosa significa, alla fine dei conti, “una perdita di prodotto”?
FincantieriChiedetelo ai dipendenti di Fincantieri, che ha appena annunciato l’intenzione di chiudere gli stabilimenti di Castellammare di Stabia (Napoli) e Sestri Ponente (Genova) e il ridimensionamento di Riva Trigoso (Genova) – per un totale di 2551 esuberi su 8205 dipendenti – a causa di un dimezzamento degli ordini ed una perdita di prodotto di svariate decine di milioni di euro.
E la situazione lavorativa di certo non è critica solo per i cantieri navali, ma sono numerosi gli esempi di crisi ancora forte in svariati settori. Si pensi a quello dell’auto, con un inesauribile e costante crollo delle vendite, anche per la stessa Fiat. Od al campo del mobile, con la Berloni cucine costretta ad un piano di risanamento con esuberi. Cambiando tipologia economica, anche le banche italiane non sembrano uscire dal tunnel, con un crollo continuo del valore delle azioni, e riprova ne è il declassamento del rating o dell’outlook (la prospettiva) di diverse di queste al giudizio “negative” ad opera di Standard&Poor avvenuto in questi giorni.

Che poi è conseguente a quello che ha colpito la stessa Italia, per il quale l’agenzia di rating vede un rischio di declassamento in termini di debito pubblico che potrebbe avvenire nei prossimi due anni; S&P si è interrogato sulla possibilità del mercato italiano di riuscire a sostenere i propri debiti nei prossimi anni, ed ha dunque abbassato da “stabile” a “negativo” l’outlook dell’Italia.

Ciò anche a causa di una crescita economica potenzialmente più debole del previsto, e di uno stallo politico che determinerebbe l’impossibilità di mantenere i piani di riduzione del debito e di sostegno alla crescita.

A conclusione di tutto ciò, possiamo notare come la Corte dei Conti sia impietosa con l’Italia, e soprattutto che il rapporto sui conti del 2011 smaschera, dati alla mano, quanto più volte affermato dalla compagine politica al governo, da Berlusconi a Tremonti. Confuta infatti quanto negato dal ministro del Tesoro, ovvero che una pesante manovra di aggiustamento dei conti sia quantomai necessaria, per evitare di peggiorare la situazione del debito, ed incappare pure in sanzioni da parte della UE. 46 miliardi da reperire, o da risparmiare, sono davvero tanti, e dovrebbero mettere paura ai contribuenti, perchè molti di questi denari arriveranno, per forza di cose, da pesanti tagli allo stato sociale ed alla spesa pubblica e, forse, da ulteriori tasse.

Non pare certo andare nella direzione giusta, ad esempio, la balzana idea, da pura propaganda elettorale, di spostare i ministeri da Roma a Milano, che comporterebbe solo un dispendio economico, per lo stato, davvero notevole. Stessa cosa dicasi per i posti da sottosegretario regalati ai nuovi sostenitori del governo …alla faccia della sempre promessa riduzione dei parlamentari!

Berlusconi-TremontiMa non c’era bisogno della Corte dei Conti per notare che le politiche del governo non stanno certo aiutando a riprendersi l’economia del paese, nè dal punto di vista di una razionalizzazione delle spese (altro esempio è lo spreco di circa 300 milioni di euro dovuto alla volontà di non accorpare i referendum alle elezioni amministrative, nè da quello della promozione della crescita, o meglio ancora di politiche veramente innovative e di sviluppo.

Non c’era bisogno della Corte dei Conti neanche per evidenziare che la crisi della maggioranza – con le sue zuffe interne e le promesse elettorali – sta diventando un problema, ed un pericolo, per l’Italia stessa…

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