C’è un tema che ricorre per le strade di Valparaiso. Si tratta di un murale raffigurante il volto di un uomo baffuto, apparentemente aristocratico. Giuro di averlo notato in almeno una dozzina di edifici. Mi chiedo chi sia. Poi arrivo al mercato, mi perdo tra pomodori e zucchine e rimuovo il tutto dalla mente.
Un giorno la mia coinquilina Landrea rincasa alquanto preoccupata. Si getta in cucina, beve un bicchiere di succo di pompelmo ed inizia a camminare in cerchio. Non si da pace. Dice di aver sentito “i passi di Emilio” proprio mentre stava chiudendo il piccolo cinema di suo padre, nel quale attualmente lavora. Giura di essere seria e cerca di descrivermelo.
Sono quei casi in cui ti chiedi chi dei due è il matto. Ma in America Latina le persone credono a qualsiasi cosa, sento di avere un alibi di ferro. Prendo provvedimenti prima che sia troppo tardi, metto le mani avanti: la interrompo confessando di non aver la più pallida idea di chi sia questo Emilio, tantomeno di come sia vestito. Però la descrizione combacia alla perfezione con quel volto che ho notato per le strade della città. Chiedo spiegazioni. Landrea sente la necessità di raccontarmi la storia partendo dall’inizio, al fine di farmi intendere appieno il suo disagio. Inizia dunque la storia di una delle leggende popolari che mi ha più affascinato.
Questa è la storia di un fallito. Di un uomo che non aveva nulla da perdere. Di un assassino. Chiamatelo come volete.
Louis Amadeo Brihier Lacroix nasce in Francia nel 1867 da genitori medio-borghesi. A soli ventidue anni decide di uscire dal suo paese natale per scappare da una realtà che è da sempre stata stretta ad un sognatore del suo calibro. Da subito dimostra i suoi ideali rivoluzionari alleandosi con un gruppo di bananeros (schiavi nelle piantagioni di banane) in rivolta contro i loro padroni, artefici del loro devastante sfruttamento, in una sanguinosa guerriglia nelle foreste panamensi. In seguito il francese continua il suo viaggio in un continente dove la reputazione dell’uomo occidentale è davvero pessima. Giunto in Cile anche lui s’innamora di Valparaiso e decide di passare il resto della sua vita proprio nella città degli ascensori. Qui si finge Emile DuBois, un nobile aristocratico francese, personaggio frutto della sua immaginazione. In questi anni cresce in lui uno spietato odio nei confronti della borghesia porteña (di Valparaiso), costituita in buona parte da immigrati europei e nordamericani, che considera la causa di tutti i problemi della società cilena. Emilio (così lo chiamano in paese) frequenta lussuosi banchetti, feste, opere teatrali. Riesce sempre ad infiltrarsi in qualsiasi ricevimento spacciandosi per mago, vista la sua grande abilità nei trucchi del mestiere. Nonostante le numerose minacce di divorzio della moglie, Ursula Morales, Emilio diventa ben presto un ladro professionista riuscendo, grazie agli introiti generati dai suoi furti, a mantenere uno stile di vita che contribuisce a consolidare la sua immagine di aristocratico. Ben presto si crea un circolo di nobili amici i quali, totalmente ignari della sua vera identità, lo considerano uno di loro, spesso invitandolo ad ogni tipo di evento in cui siano presenti persone del ceto maggiore.
Ma tra il 1904 e il 1906 Valparaiso vive momenti di terrore. Quattro dei più potenti uomini della città vengono trovati senza vita in misteriosi scantinati situati nei peggiori quartieri della città. Tutti e quattro sono stati torturati a morte con infiniti colpi di frusta e pugnale. Sono rispettivamente il commerciante francese Ernesto Lafontaine, l’impresario tedesco Gustavo Titus, l’impresario francese Isidoro Challe ed il magnate inglese Reinaldo Tillmans. La polizia perlustra la città in lungo e in largo senza però trovare nulla di utile. Un unico dettaglio accomuna questi omicidi: tutte e quattro le vittime erano spietati usurai. Si indaga a lungo sul possibile assassino fin quando in una cantina di un palazzo non molto distante dal carcere della città vengono ritrovate fruste, pugnali, un permesso di soggiorno ed un diploma di ingegneria, entrambi appartenenti ad un tale Louis Amadeo Brihier Lacroix. In poco tempo l’identikit è completo: l’assassino è Emilio DuBois. Proprio quando tutta Valparaiso è sulle sue orme un forte terremoto distrugge buona parte della città ed Emilio viene casualmente trovato privo di sensi in un sottoscala ed arrestato. Di li a poco viene processato e condannato a morte, nonostante egli si proclami innocente.
Il 26 marzo 1907 Emilio viene giustiziato da ben quattro fucili nella piazza principale della città davanti ad un pubblico da record. Poco prima dell’uccisione si svolgono manifestazioni in favore del criminale, venerato da tutti come “il giustiziere dei poveri”, il “Robin Hood cileno”. Poco prima della fucilazione Emilio pronuncia le sue ultime famosissime parole: “Questa città aveva bisogno di un uomo che rispondesse di tutti crimini commessi nei confronti delle persone meno fortunate. Questo sono io, un innocente colpevole di aver commesso dei reati solo perché questi crimini, ben più gravi, non accadessero. Muoio innocente e per voi sarò pure un assassino, ma per molti altri sarò un santo”. Nonostante i numerosi scontri della folla impazzita contro le forze dell’ordine l’esecuzione procede con successo: la spada d’acciaio del generale si abbassa e partono simultaneamente i quattro fucili. Il cadavere di Emilio viene seppellito nell’immenso cimitero di Playa Ancha che in poco tempo diviene un luogo di pellegrinaggio. Ancora oggi migliaia di famiglie si recano sulla sua tomba pregando affinché la sua anima, che tutt’ora si aggira per i quartieri di Valparaiso, protegga i poveri dai crimini dei potenti.
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Chissà, forse Landrea l’ha visto per davvero.
Il video è veramente bello!!! Fosse stato in bianco e nero sarebbe un bellissimo cortometraggio muto dei primi anni del cinema!