Era un anno fa, cominciavamo a pubblicare “DIARIES_Quel che resta di 365 fotografie e di una città” di No-R-Way.

Federico Tamburini mi aveva scritto con tono quasi implorante: signor Pereira ho bisogno di fotografare!
Sentivo, in quelle parole, l’urgenza dell’artista, del ciclista che cerca la salita, dell’amante che cerca l’amata. Gli diedi carta bianca perché lo considero un talento non perché avessi capito di che si trattasse. Il progetto sarebbe durato un anno.
Cominciò a mandarmi decine di foto con un gesto a metà strada fra la richiesta di via libera, la deferenza verso i più vecchi e la gratitudine per aver dato sfogo alla sua energia comunicativa. Col tempo si sarebbe affiancata una compagna di viaggio, a collaborare ai testi, la scrittrice Federica Campi.

Da allora, 9 giugno di un anno fa, Federico ha pubblicato tutti i giorni – tranne sabati e domeniche – un suo personale momento quotidiano. Uno scatto e poche parole ad accompagnarlo, un momento capace di diventare riflessione universale e spesso poetica. Più tardi ho capito il suo progetto: far diventare un “Diario di provincia”, l’occasione per pensare – insieme, in pubblico – il rapporto fra globale e profondamente intimo.

Piano piano i Diari si sono infiltrati nel quotidiano della piccola-grande comunità che fa capo a Radio Pereira, di chi la fa e di chi la segue e ci si confronta. Sono diventati un linguaggio, un paradigma inconsciamente appreso. In tanti ci siamo sentiti invitati a guardare il mondo con occhi da diario. E così sono nati i “Diari degli altri” e ci siamo accorti che “Diaries 365” era stata un’operazione di pedagogia dello sguardo che ci aveva aiutato ad aprire un po’ di più gli occhi e l’anima e a parlare un po’ di più con noi stessi e forse con gli altri.

Oggi Diaries finisce il suo percorso. Già mi manca. Sono quei casi in cui ci si chiede: ora, chi è grato a chi?

Pereira

2 Commenti

  1. Vado su Rp ogni giorno, se posso, e
    cerco sempre con gli occhi, subito,
    se ci sono le immagini di Federico.
    Le trovo poetiche, sagge, spesso commoventi,
    parlano a ciò che ho dentro e quasi mai
    espongo, mi raccontano la mia città
    che amo (non incondizionatamente)
    ma che spesso non capisco

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui