Underground di Haruki MurakamiUna vita passata a leggere manga ha provocato in me un effetto collaterale presente ancora oggi: un grande amore per la cultura giapponese.
Nel tentativo di non tradire mai questa passione, mi sono dedicata negli ultimi tempi a leggere libri di autori contemporanei. Uno di questi è Haruki Murakami.

Scrittore completo, realistico e allo stesso tempo onirico e fantasioso, rende giustizia alla cultura giapponese superando di gran lunga l’ormai banale positivismo di Banana Yoshimoto.
Dotato di una scrittura intelligente, capace di scegliere temi profondi e analizzarli con concretezza, Murakami riesce a raccontare le sue storie componendo con le parole. Le sue frasi diventano spartiti perfettamente incastrati tra loro che raccontano i vari lati della vita giapponese. Ed è proprio grazie a questa capacità che Murakami è riuscito anche a scrivere un libro come Underground.

Questo libro non è un romanzo, ma un saggio-intervista che racconta gli attentati alla metropolitana di Tokyo del 1995, quando i membri della setta giapponese Aum Shinrikyo hanno diffuso gas nervino nei scomparti dei treni durante l’ora di punta. L’attentato uccise 12 persone , intossicandone poi migliaia.
Murakami, spinto da una voglia di indagare la realtà dei fatti approfondisce l’avvenimento intervistando sia le persone che hanno subito l’attentato che alcuni esponenti della setta stessa.

Il libro si divide infatti in due parti: la prima, a sua volta divisa in 5 parti come le 5 linee colpite, racconta il punto di vista delle vittime. La seconda è invece dedicata agli ex-adepti di Aum Shinrikyo.
Comprensione ed empatia caratterizzano la prima parte, mentre rabbia, incapacità di comprendere e allo stesso tempo una velata umanità sono i punti chiave della seconda.
Di fronte agli ex-membri della setta, lo scrittore è quasi più arrabbiato perché non soddisfa la sua sete di comprensione, ma allo stesso tempo comprende che queste storie hanno in comune un forte disagio nei confronti della società che viene colmato dal ruolo che svolge il fanatismo religioso.

Le descrizioni minuziose e i racconti ricchi di spunti permettono a Murakami di approfondire i lati negativi della società giapponese, il ruolo della religione, i livelli di responsabilità e anche criticare i sistemi del paese, dai trasporti alla sanità fino ad arrivare ai mass media. E non solo, l’esperienza delle vittime permette di capire meglio la vita di un giapponese medio, il suo modo di vedere il mondo e di vivere gli avvenimenti.

Tanti approfondimenti che non chiudono la vicenda, ma che lasciano un finale quasi aperto che può essere colmato solo dalla riflessione del lettore.

Può un gesto del genere essere giustificato? Può una qualsiasi convinzione religiosa portare a queste conseguenze?

Io non credo.

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