Pina e (gli) incontri ravvicinati del terzo tipoDurante queste feste di Natale sono stato al cinema. Sì, lo so che non è molto originale, ma mentre milioni di persone riempivano (per modo di dire perché quest’anno gli incassi del periodo sono crollati) i multiplex per vedere Vanzina, Pieraccioni, Sherlock Holmes e Il gatto con gli stivali, io sono riuscito a recuperare Pina, il documentario di Wim Wenders su Pina Bausch e il suo teatro danza. Film uscito in sordina due mesi fa in appena quaranta città e che, piano piano, ha incassato oltre un milione di euro, a un passo, ad esempio, da faraoniche e strombazzate operazioni come Campovolo. Insomma, un VERO successo. Punto. Ma non è questo il punto.

Il film mi è piaciuto parecchio; sarà che Wenders realizza davvero un film PER Pina Bausch, un omaggio rispettoso e al contempo non elegiaco, in cui a parlare sono (le anime de)i ballerini della sua compagnia (eccezionale l’idea di far ascoltare le loro voci fuori campo, mentre sono ripresi frontalmente e completamente muti) e ovviamente anche dei brani di danza del suo repertorio. Insomma Wenders sa bene che il documentarista deve cercare soprattutto di essere oggettivo, pur senza rinunciare alla propria sensibilità e voglia di esprimersi. E in questo caso riesce benissimo nel compito. Punto. Ma non è neanche questo il punto.

Il fatto è che fuori dalla sala una ragazza (mai vista prima) mi ferma. Non ci conosciamo, ma, secondo me, “ci riconosciamo”. Mi dice che è dovuta uscire prima della fine perché non ce la faceva più, era “troppo” per lei. Voglio quasi abbozzare il solito pistolotto sul fatto che certa arte non è semplice, non è immediata e non per tutti, ma sto zitto perché capisco che c’è qualcosa d’altro. Infatti, lei è come una sorgente ed emerge che studia e insegna danza classica, moderna, conosce bene i vari movimenti di danza contemporanea e la Bausch continua a trovarla troppo introspettiva (e mi scuso per la “semplificazione”) e mi cita invece altri esempi, altre scuole che preferisce di gran lunga e che io, ovviamente, non conosco.

A questo punto potrei fare tre cose:

1- Dirle che la sua visione del film, di Wenders, della Bausch  non conta nulla e che io invece ho capito tutto e spararle in faccia con violenza la mia lettura del film e aggiungere che la sua “sapienza” unita alla sua aria un po’ professorale, derivante anche dalla stilosa montatura rossa, sono irritanti. Immagino che a una reazione simile mi avrebbe abbandonato senza neanche rispondermi. Oppure…

2- … Potrei dirle che sebbene lei stia provando a farmi passare per ignorante, io NON lo sono e il film è bello magari solo perché dentro ci ho trovato una frase azzeccata o qualcosa di simile che mi ha illuminato l’esistenza (come se nell’ultimo film di Woody Allen avessi trovato il Sacro Graal sottoforma di un Hemingway avvinazzato che spara sentenze tipo “Scrivi il tuo libro” e in seguito fossi tornato a casa contento, pensando che se avessi scritto il mio libro a quest’ora Umberto Eco mi allaccerebbe le scarpe) e che del resto non mi importa tanto. Immagino che lei si sarebbe un po’ adombrata (sì, questo è il termine giusto) e mi avrebbe un po’ compatito perché la mia esistenza si basava sulla mia, supposta, sapienza e magari su qualche rimpianto illusorio.

Per fortuna, citando Spielberg, esistono anche gli incontri ravvicinati del terzo tipo e quindi…

3- … Poiché sono affascinatissimo dalla sua passione, confuso per tutte le ignote porte che mi sta aprendo e in cui vorrei entrare e per nulla intimorito dalla sua evidente maggior conoscenza del ballo né dal diverso effetto che il film le ha procurato, mi butto in una conversazione accesissima e che tocca un sacco di argomenti tanto che Pina dopo quindici minuti è solo un punto di partenza della travolgente e complessa esperienza umana, compresa quella della Bausch. Poi io devo andare al lavoro (e ho pure finito la voce) e lei ha un impegno; le dico che mi piacerebbe entrare nel labirinto della danza e saperne di più, ma ho bisogno di un’Arianna che non mi faccia perdere al suo interno e così “la prenoto”. Lei, col linguaggio del corpo, sembra approvare, però io non ho la sfacciataggine di chiederle un numero di telefono né lei la sfrontatezza di fare altrettanto e così ora penso che sia stato un po’ fesso, ma contento di aver incontrato una di quelle rare persone (così rare che le considero davvero “aliene”) che hanno tanto da dare, anche se non la pensano affatto come te. Punto.

7 Commenti

  1. @ paolo
    Hai ragione quando dici

    “Pina dal vivo è tutta un’altra cosa, forse inreplicabile e indescrivibile”.
    Potremmo dire che forse il 3D funziona ma non ancora sufficientemente, sicuramente siamo ad un inizio.

    Sono completamente d’accordo, infatti è vittima di un abbaglio chi pensa che il 3D sia uno strumento per riprodurre l’esperienza del live. Quella rimane unica e irripetibile, come lo è l’evento di un artista che si esibisce “qui e adesso” davanti ad un pubblico. Quella della riproducibilità fedele di evento unico è una aspettativa creata dalla pubblicità che viene usata per vendere nuovi televisori ecc ecc
    Ciò non toglie che la “cosiddetta tecnologia 3D” possa avere una potenzialità artistica nuova. La prima scena – bellissima, concordo – e i titoli di coda mi hanno fatto verificare che in nessun concerto dal vivo vedrò mai dei titoli di coda che sembra di poter toccare se allungo la mano mentre sullo sfondo succede qualcos’altro. E’ proprio una cosa diversa dalla realtà. E’ qui il bello.

  2. in effetti so perchè non le ho chiesto il numero, proprio perchè non volevo passare per quel che non sono!
    scusa, ma qual è il problema dell’amica sposata, non saremo mica fermi all’idea della persona sposata e quindi non libera di relazionarsi col prossimo, specie se di sesso opposto e figo :-))

    passando a cose serie 😉 , devo dire a Paolo che il punto 4 del suo intervento è forse il miglior complimento che si possa fare al film

    su questo 3d non so che dire però sono abbastanza scettico sulla possibilità di un film a sostituirsi all’esperienza live (si veda anche appunto il concerto campovolo 3d), ma credo che l’intento di Wenders fosse quello di provare a rendere l’uso complessivo dello spazio dell’opera della Bausch, i cui spettacoli devono per forza essere “un’altra cosa”, specie se pensiamo che nel film c’è una commistione di diverse rappresentazioni.

    Mentre sull’apparizione della Bausch, pensa che io invece l’ho trovato un momento sublime che arriva praticamente alla fine dopo tante evocazioni ed è come se a raggiungerci fosse il suo spirito proiettato, guarda un po’ che beffa, su uno schermo BIdimensionale di un teatro che in quel caso però torna ad essere cinema “classico” e quindi luogo dell’impossibile, del sogno, dell’immateriale…

  3. 1- Pina in 3d :
    So che questo film, Wim Wenders, lo aveva in cantiere da prima che Pina morisse, ed è nato proprio parlando con lei. Aspettavano per produrlo che fosse inventato lo strumento/media adatto a mostrare ciò che è la danza e che il cinema 2D non può dare.

    Arrivato il 3D capì che era il momento.
    Io l’ho visto in 3D, sicuramente è molto vicino a quello che può essere vederlo dal vivo ma . . .

    2- . . . come voi ho parlato con un amica ballerina classica, contemporanea e anche performer.
    Quello che mi ha detto è : ” il film non è male, ma Pina dal vivo è tutta un’altra cosa, forse inreplicabile e indescrivibile”.
    Potremmo dire che forse il 3D funziona ma non ancora sufficientemente, sicuramente siamo ad un inizio.

    3- Non ho amato il montaggio. Ci sono alcune scene per quanto mi riguarda, credo essere state messe a riempire buchi o per paura di essere troppo sintetici? comunque completamente inutili e decorative. C’è una scena in particolare che mi è rimasta impressa, dove si vede un intervista a Pina o un video di repertorio su di lei, incorniciato dentro un palco costruito interamente in 3D, di una falsità atroce. Altre scene simili sono quelle dove mostra i ballerini vedere dei video su Pina tutto in una stanzetta dallo stile retro.
    Ho adorato letteralmente i pezzi ambientati al di fuori del teatro, per strada, nelle metropolitane, quella è pura poesia visiva, qualcosa che non è più danza,ne cinema, è emozione.
    Senza parlare dell’inizio e del finale da pelle d’oca.

    4-Sono tornato a casa ballando e saltando

  4. Se facessimo Ivan il provolone? ——— 🙂
    Pina è un gran bel film, un gran bel vedere, anche per i totalmente refrattari alla danza come il sottoscritto. Ho anche io un’amica che fa e insegna danza contemporanea (non moderna, che è un’altra cosa…), ma per fortuna sta fuori Pesaro. E se mi sono perso un’occasione di ascoltare e conoscere il parere di un’esperta, mi sono almeno risparmiato quello di farmi fare la testa come un pallone. E poi la mia amica è sposata….
    Resta il rammarico di non averlo visto in 3D, nella beata speranza che prima o poi venga il nostro salvatore don Guido a riempirci la sala C di occhialetti stereo. Amen.

  5. Il romanticismo è “terribile”…

    Su questo 3d non mi posso esprimere avendolo visto bidimensionalmente, però l’argomento l’avevo toccato poche settimane fa, affidando proprio a Wenders, Scorsese (oltre che Cameron) le possibilità di iniziare a scrivere una nuova era finora solo promessa e ancora non mantenuta

  6. Qualche giorno fa sono andato a vedere la versione in 3D. A parte la bellezza del film e l’impressionante successione di invenzioni farei due considerazioni.
    – Il film gronda erotismo e ironia da tutti i pixel, corpi imperfetti e spesso non giovani e non patinati ma abitati da menti consapevoli e tese con tutto il loro essere all’espressione artistica. Bellissimo e di grande impatto erotico.
    – Per la prima volta mi sono trovato ad interrogarmi sulle inesplorate potenzialità artistiche del 3D. Grazie a “Pina”. Prima c’era il 3D di Avatar e dei cartoni o di Tin Tin. Ora niente sarà più lo stesso.
    I fratelli Lumiere spiegarono che esisteva il Cinema come tecnologia. Poi è arrivò George Melies. Ecco, secondo me siamo ad un punto del genere.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui