Non sono uno di quelli che pensa sia un dovere consumare o privilegiare merce prodotta nel nostro paese ipso facto. Allo stesso modo trovo abbastanza sciocco buttarsi su prodotti che provengono dall’altro capo del mondo quando vicino casa me ne propongono di omologhi se non addirittura di migliori (l’ultimo è il pane precotto dalla Romania, roba da pazzi…). Il discorso è estendibile un po’ a qualsiasi settore, tipo i viaggi; credo siano un po’ penosi quelli che disdegnano, a priori, una vacanza lungo lo stivale e, per loro, il viaggio può dirsi tale solo se si oltrepassano undici fusi orari, altrimenti è solo una gitarella…

In due parole sono contro il protezionismo, ma, non di meno, all’esterofilia cool.

Premesso questo, veniamo al cinema. In questi giorni, ad esempio, abbiamo visto risibili articoli sugli Oscar che privilegiavano la vittoria della (peraltro magnifica) coppia Ferretti/Lo Schiavo per la scenografia di Hugo Cabret, e relegavano nell’occhiello il trionfo di The Artist. Perfetto esempio di provincialismo.

Ma guardiamo avanti e al mese di marzo che inizia oggi e che sarà ricco… (almeno quantitativamente) di uscite di film italiani nei nostri cinema. Non è di per sè un buon segnale, anche perché è prevedibile che molti di questi film cadranno nel vuoto: Gli sfiorati, Samara, Henry e forse anche Cesare deve morire (Orso d’Oro a Berlino passato quasi sotto silenzio perché assegnato nel giorno in cui Celentano e Emma finivano di ululare a Sanremo… ) si candidano a flop assoluti. La parte del leone (non d’Oro, purtroppo) invece la faranno, forse i film di Carlo Verdone, Salemme, Vanzina e Giovanni Vernia, ennesimo comico di Zelig che salta al cinema con nostra grande gioia.

Il punto è proprio questo: negli ultimi anni la “quota di mercato” dei film nostrani è clamorosamente aumentata a dispetto di quelli americani. Tutti a brindare, ma la realtà è che la stragrande maggioranza di questa fetta di torta è dovuta agli Zalone, ai cinepanettoni, ai Pieraccioni e compagnia bella, mentre “l’altro cinema” non riesce a incrociare un suo pubblico (si pensi ad esordi eccezionali come Corpo Celeste o Sette opere di misericordia che sono stati visti da quattro gatti, ma anche a commedie non triviali come I primi della lista, rimasta ai margini del box-office).

Pare che il problema non sia quindi né nella produzione (di film belli se ne fanno e parecchi…), né nella distribuzione, ma proprio nel pubblico che privilegia solo un certo tipo di “opere” (ma attenzione, perché gli ultimi dati segnalano un calo della sexy-commedia del nuovo millennio), snobbando tutto il resto e senza dare credito e fiducia ad autori che chiedono solo un po’ di curiosità e voglia di rischiare anche da parte dello spettatore.

In questo contesto va accolto con favore ogni tentativo per cercare di riportare la qualità agli occhi del pubblico dormiente, sperando che qualche stimolo possa riportarci a un passato in cui le file al cinema si formavano per andare a vedere La dolce vita, Ultimo tango a parigi, Il buono il brutto il cattivo e così via…

Ad esempio questa settimana vi segnaliamo distribuzione indipendente che sta recuperando film che seppur premiati e apprezzati nei festival, non hanno mai raggiunto le sale. Un esperimento che sta dando risultati quantomeno incoraggianti, ma che avrà bisogno di molto tempo (e pazienza) per consolidarsi. Anche perché tenta di dare luce anche al cosiddetto “cinema di genere”, quello che un tempo ci invidiavano in tutto il mondo e che ora viene rifatto da Quentin Tarantino (uno dei 4-5 grandi talenti espressi dal cinema negli ultimi 20 anni e che ha sempre guardato ai film senza steccati, cercando il bello e il buono espresso in ogni angolo del pianeta) che sta girando il remake di Django. Come dite? non sapete cosa sia Django? ecco, appunto…

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui