«And when the night is cloudy,
There is still a light that shines on me,
Shine on until tomorrow, let it be.»

Let it be, Beatles 1970

Abbandono, derivante dall”antica espressione francese à ban donner (liberare da un contratto, mettere a disposizione di altri), dal latino abòndum. Ricollegabile anche  al tedesco ab-handen, inteso come mettere fuor di mano, lasciare andare.

Cari cuori infranti e coppie sull”orlo di una crisi di nervi, l”etimologia di questa parola temuta e taciuta, rimossa ed inibita, può essere la chiave che manca alla svolta del vostro rapporto in panne!

Complicazioni sentimentali a parte, l”idea dell”abbandono è uno degli spettri dell”uomo moderno che – online casino canada nonostante la solitudine di una vita sempre più a misura di atomo – viene esorcizzata nelle maniere più fantasiose e più pericolose. La paura dell”abbandono riposa in fondo al fenomeno dell”omologazione, ad esempio. É la motivazione che casino online spinge a compiere acrobatici compromessi e repentini cambi di identità.

Eppure, si tratta di un momento fondamentale di formazione e di crescita, di maturazione e di rinforzo della persona. Infatti, le culture di tutto il mondo presentano riti di passaggio centrati sull”abbandono e sulla rottura (primi fra tutti online casinos australia i riti di separazione tra madre e figlio). Che siano legami, oggetti o situazioni, l”abbandono è l”elemento che – attraverso il dolore – apre la porta all”altro, al nuovo. Una specie di parto, insomma, in cui sono possibilità di nuovi modi di essere a nascere.

Come quel giorno in cui il nostro papà ci ha lasciati per la prima volta a tradimento in bilico sulla bicicletta senza rotelle, come quando ci hanno raccontato che Babbo Natale non esiste, come quella volta in cui era davvero necessario che lui o lei ci fossero ma non sono mai arrivati: “si muore un po” per poter vivere

3 Commenti

  1. Caro Andrea, esattamente come notavi tu.. Dietro l’abbandono e dietro la paura che si prova dinanzi ad esso, c’è una duplice resistenza. Una è proprio quella al lasciarsi andare, tipica dell’età dwll’io forte: l’amore fonde e confonde (l’orgasmo veniva chiamato la piccola morte) e la nostra psiche attaccata a un’idea marmorea di io non vuole mollare la sua presa dinanzi alla confusione ricreateice (non si esce uguali da una relazione). L’altra è rivolta al legame da recidere, quando è tempo di reciderlo. Noi occidentali abbiamo una viscerale adesione ai nostri attaccamenti he ci rende difficile seguire i cicli naturali delle cose e ci rende schiavi. L’abbandono è davvero una soglia complessa , ma vitale! Fini anche alle porte di quella cosa chiamata morte.

  2. Secondo me Andrea, c’è anche un ulteriore caso a quello che hai fatto presente tu ed è l’abbandono da se stessi. Ossia il persistente percepire e temere il giorno del nostro abbandono da noi stessi, dal nostro corpo, da questa terra. Credo che questo sentire, ossia la percezione della nostra morte, sia il più forte di tutti gli abbandoni e ciò che più caratterizza il nostro vivere e agire. Ovviamente alcuni sentono questo tipo di abbandono in modo molto più forte e persistente rispetto ad altri.

  3. Aggiungerei il moderno ed internauta “bannare”, la cui origine penso sia la stessa, e che indica pur sempre una condizione triste…quella di qualcuno che “rompe” così tanto da guadagnarsi la censura, l’emarginazione, in un certo senso l’abbandono…A parte questa eterea parentesi, mi permetto di esplicitare un ultimo caso di abbandono, quello definitivo! Non è forse la paura della morte intrecciata a quella di perdere un altro, o l’altro..?

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