Ogni lunedì leggiamo, analizziamo, commentiamo i fatti di cronaca e i grandi temi dell’attualità politica e sociale con un “editoriale”, o meglio una “distorsione”, facendo parlare una canzone, un autore o un album.

La morte di Antonio Tabucchi pone più di un interrogativo sul destino e sull’appartenenza. «Fra lui, pisano, e la moglie Maria Josè de Lancastre, lisboeta, il cordone ombelicale con la città sul Tago ce l’aveva più lui», mi dice l’amico Carlo Giacobbe, che è stato corrispondente dell’Ansa da Lisbona negli anni in cui lo scrittore morto ieri prima di compiere i 69 anni era direttore dell’Istituto italiano di cultura. E a Lisbona Tabucchi ha “scelto” di morire, seguendo lo stesso percorso di Fernando Pessoa, l’autore di riferimento per il nostro scrittore, che ha legato il suo destino come ultimo eteronimo del poeta surrealista, romantico, bucolico, futurista che è stato il creatore di Alvaro de Campos, Ricardo Reis e via dicendo. Il destino sotto forma di un’occhiata a una copertina: ho sentito Tabucchi raccontare una volta, presentando Sostiene Pereira, il suo incontro con Pessoa. Era a Parigi, dove studiava filosofia, e al mercatino del libro usato della Gare de Lyon si trovò di fronte a un volumetto a firma Alvaro de Campos che lo colpì. Si intitolava Tabacaria ed era nella versione francese di Pierre Hourcade. Tabaccheria è un’opera fondamentale di Pessoa, dove l’autore rivela maggiormente la sua natura nichilista. Tabucchi se ne innamora e corre ad accaparrarsi l’originale e quando lo trova comincia a comparare le parole portoghesi e francesi e le studia, le fa sue, le immagazzina e diventa a sua volta portoghese. Conosce tutta l’opera di Pessoa, segue le vicende dei testi che ancora non sono catalogati, ne ordina a sua volte tanti e arriva a scrivere in portoghese un omaggio che è riconosciuto come un vero e proprio capolavoro: Requiem. In questo testo Tabucchi unisce destino e appartenenza: è pisano a tutti gli effetti, la sua parlata quando era fra noi non ha mai tradito la sua provenienza, ma era profondamente portoghese dentro, tanto che i suoi maggiori successi sono quasi tutti romanzi lusitani: Donna di Porto Pim, Sostiene Pereira, La testa perduta di Damasceno Monteiro, oltre, ovviamente, ai saggi, come Un baule pieno di gente o Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa.

Un destino e un’appartenenza, passata fra la costa pisana e le crete senesi da una parte, fra il giardino del Principe Real e le sale dell’Istituto italiano di cultura di Lisbona dall’altra. Una sede prestigiosa, ma Tabucchi non era tagliato per l’amministrazione e non furono anni bellissimi per l’istituzione (1985-1987): lo scrittore, l’intellettuale, non faceva di conto, non gli interessava, preferiva studiare, com’era giusto. E non amava la vita di società. «Ricordo – è ancora Giacobbe a parlare – che aveva il culto della privacy, non amava parlare della vita degli autori, preferiva le loro opere». E sul carattere, Carlo ha un suo ricordo: «Era un uomo scontroso, aspro, poco accattivante. Ma era una persona estremamente seria e intellettualmente di alto valore».

Muore uno scrittore che tutti vorremmo essere, muore una persona che ha vissuto la sua vita come voleva, che si è fatto trasportare dalle sue ricerche e le ha indirizzate a libri, saggi, articoli che resteranno a lungo con noi. Come i premi, le onorificenze, le gratificazioni e i nemici che si è fatto in vita (Berlusconi, fra gli altri). Ma muore anche un destino, nato su una bancarella di Parigi, mentre l’appartenenza sarà consolidata perché Tabucchi riposerà nel cimitero di Lisbona che fu la prima tappa dopo la morte di Fernando Pessoa. Ultimo fra gli eteronimi, primo fra gli amici nell’aldilà.

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Lego alla figura di Tabucchi uno dei capolavori di Caetano Veloso, Lingua, una canzone dedicata alla propria appartenenza culturale e al proprio destino di nascita. Un brano straordinario che onora e glorifica i grandi nomi della cultura lusitana e che il nostro Antonio accoglierebbe volentieri come omaggio e chissà quante volte lo ha sentito nelle fumose case di fado magari cantato da Maria da Fé. Ecco il testo originale e una difficile traduzione italiana dato che ci sono innumerevoli modi di dire brasiliani e portoghesi.

 

Gosta de sentir a minha língua roçar a língua de Luís de Camões
Gosto de ser e de estar
E quero me dedicar a criar confusões de prosódia
E uma profusão de paródias
Que encurtem dores
E furtem cores como camaleões
Gosto do Pessoa na pessoa
Da rosa no Rosa
E sei que a poesia está para a prosa
Assim como o amor está para a amizade
E quem há de negar que esta lhe é superior?
E deixe os Portugais morrerem à míngua
“Minha pátria é minha língua”
Fala Mangueira! Fala!

Flor do Lácio Sambódromo Lusamérica latim em pó
O que quer
O que pode esta língua?

Vamos atentar para a sintaxe dos paulistas
E o falso inglês relax dos surfistas
Sejamos imperialistas! Cadê? Sejamos imperialistas!
Vamos na velô da dicção choo-choo de Carmem Miranda
E que o Chico Buarque de Holanda nos resgate
E – xeque-mate – explique-nos Luanda
Ouçamos com atenção os deles e os delas da TV Globo
Sejamos o lobo do lobo do homem
Lobo do lobo do lobo do homem
Adoro nomes
Nomes em ã
De coisas como rã e ímã
Ímã ímã ímã ímã ímã ímã ímã ímã
Nomes de nomes
Como Scarlet Moon de Chevalier, Glauco Mattoso e Arrigo Barnabé
e Maria da Fé

Flor do Lácio Sambódromo Lusamérica latim em pó
O que quer
O que pode esta língua?

Se você tem uma idéia incrível é melhor fazer uma canção
Está provado que só é possível filosofar em alemão
Blitz quer dizer corisco
Hollywood quer dizer Azevedo
E o Recôncavo, e o Recôncavo, e o Recôncavo meu medo
A língua é minha pátria
E eu não tenho pátria, tenho mátria
E quero frátria
Poesia concreta, prosa caótica
Ótica futura
Samba-rap, chic-left com banana
(- Será que ele está no Pão de Açúcar?
– Tá craude brô
– Você e tu
– Lhe amo
– Qué queu te faço, nego?
– Bote ligeiro!
– Ma’de brinquinho, Ricardo!? Teu tio vai ficar desesperado!
– Ó Tavinho, põe camisola pra dentro, assim mais pareces um espantalho!
– I like to spend some time in Mozambique
– Arigatô, arigatô!)
Nós canto-falamos como quem inveja negros
Que sofrem horrores no Gueto do Harlem
Livros, discos, vídeos à mancheia
E deixa que digam, que pensem, que falem.

 

Mi piace sentire la mia lingua toccare la lingua del Camões

Mi piace essere ed essere
E voglio dedicarmi a creare confusione prosodia
E una pletora di parodie
Quel dolore abbreviare
E colori come camaleonti
Mi piace la persona in persona
Rose in rosa
E so che la poesia sta alla prosa
Proprio come l’amore è per l’amicizia
E chi negherà che è superiore?
E lasciarli morire nel bisogno
“Il mio paese è la mia lingua”
Discorso tubo! Parla!

Flower Lazio Sambadrome Lusamérica Latina in polvere
Qualunque
Cosa può fare questa lingua?

Vediamo la sintassi di Sao Paulo
E i finti surfisti inglesi rilassarsi
Lascia imperialisti! Dove si trova? Lascia imperialisti!
Lasciate che il vello di choo-choo dizione di Carmen Miranda
E che Chico Buarque de Holanda in soccorso
E – scacco matto – spiega a Luanda
Ascoltate con attenzione a loro e loro per TV Globo
Cerchiamo di essere l’uomo lupo lupo
Lupo Lupo Lupo Man
Io amo i nomi
Nomi in A
Cose come rane e magnete
Magnete magnete magnete magnete magnete magnete magnete magnete
Nomi nomi
Come Scarlet Luna Chevalier, Glauco Mattoso e Arrigo Barnabé
e Maria da Fé

Flower Lazio Sambadrome Lusamérica Latina in polvere
Qualunque
Cosa può fare questa lingua?

Se hai un’idea incredibile è meglio fare una canzone
E ‘dimostrato che è possibile solo nella filosofia tedesca
Blitz significa fulmine
Hollywood significa Azevedo
E Recôncavo e Recôncavo, e la mia paura Recôncavo
Il linguaggio è la mia patria
E non ho patria, madrepatria hanno
E io fratria
Poesia concreta, la prosa caotica
Futuro Optical
Samba-rap, sinistra-chic con banane
(- E ‘in Pan di Zucchero?
– Sì bro craude
– Te e Tu
– Love Him
– Qué queu fare, negro?
– Mettere leggera!
– Ma’de brinquinho, Ricardo? Tuo zio sarà disperato!
– O Tavinho maglione mette dentro, sembra più simile a uno spaventapasseri!
– Mi piace passare un po ‘di tempo in Mozambico
– Arigato, arigato)
Noi cantiamo-parliamo come quelli che invidiano nero
La sofferenza gli orrori del ghetto di Harlem
Libri, dischi, video in pugno
E diciamo, di pensare, di parlare.

 

 Riccardo Iannello

 il prossimo appuntamento con Distorsioni sarà lunedì 2 aprile

1 commento

  1. Oggi alla Casa Pessoa leggeranno Requiem.
    In questi giorni ho letto tanti, troppi, coccodrilli. La maggior parte sono banali, quasi scopiazzati; altri come quelli comparsi lunedì scorso sul Giornale non meritano commenti.
    A me piace ricordarlo come lo vidi l’ultima volta alla Casa do Baleia di Faial, dove arrivò per l’anniversario di quel piccolo grande capolavoro che era, è, Donna di Poto Pim. Parlammo di una casa che ormai è stravolta e che si affaccia su una falesia e della fotografia che compare su Tristano. Qualche anno dopo apparve Autobiografie altrui in cui si parla di quella serata terminata da Peter.
    Un abraco a tutti coloro che hanno voluto bene ad Antonio.

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