Parte una nuova rubrica per Radio Pereira!

Tante volte mi capita di ritrovarmi la sera a girare per piattaforme televisive alla ricerca di una serie. Non mi basta passare due ore, io voglio – vorrei – godere.
Le cose che mi fanno godere sono la qualità della regia, degli interpreti, ma soprattutto di come sono scritte, le serie, le soluzioni trovate dagli sceneggiatori per definire i personaggi o per farli uscire in modo credibile da un determinato conflitto in cui sono venuti a trovarsi.
Spesso quindi mi sarebbe utile ricevere qualche suggerimento. Li cerco, e devo dire che sui giornali o in rete ho trovato a volte indicazioni utili, ma è sempre molto difficile perché non tutti i gusti sono uguali. E allora ho pensato che forse valeva la pena fare una rubrica per Radio Pereira. Non sono un esperto ma uno con i suoi gusti e magari vi porterò a condividere le cose che mi sono piaciute e che mi piaceranno da qui in poi…

Tano Di Vano

Quel bel tipo di Julian Fellowes

Anni fa venni folgorato da una serie che andava in onda su Rete 4 a tarda ora. La registravo in modo da poterla rivedere saltando i lunghissimi spazi pubblicitari. Si chiamava Downton Abbey e mi stregava per i dialoghi, l’interpretazione, la capacità di sceneggiatore e regista di mettere a fuoco i personaggi, il tutto con un effetto corale che rapiva. Sembrava un capolavoro. Negli anni continuai a seguirla iniziando a incuriosirmi sul suo autore, che doveva essere per forza formidabile. Scoprii che si chiamava Jiulian Fellowes ed era effettivamente un bel tipo, uno che aveva fatto l’attore in uno 007 ma anche la sceneggiatura del notevole ‘Gosford Park’. Poi lessi un suo libro, Belgravia, segnato anch’esso da una invidiabile capacità di raccontare, poi più nulla.

Qualche giorno fa ho avuto una bella sorpresa. Netflix mi proponeva di vedere
The English Game, una serie in sei puntate che racconta la storia della nascita del calcio professionistico inglese alla fine dell’800 e cosa scopro? Che l’autore è proprio lui, Julian Fellowes.

Per tre sere consecutive mi sono ritrovato su un tappeto volante che ogni volta mi portava nell’Inghilterra di 150 anni fa, immergendomi fra lotte operaie, lotte di classe, partite di calcio d’epoca e altre vicende di cui non vi voglio svelare i risvolti. La mano è sempre quella di un maestro anche se non si arriva ai livelli di Downton Abbey tuttavia c’è un aspetto che più di tutti mi ha colpito: i valori e le atmosfere che generano la tensione narrativa per una volta non sono quelli che abbondano nella maggior parte della vasta offerta disponibile oggi. I personaggi qui si muovono spinti, oltre che dalle umane nefandezze, anche da una sana rivalità, da valori di rispetto, amicizia, lealtà, non solo nei conflitti fra gli uomini protagonisti ma anche nelle relazioni d’amore che intrecciano la narrazione e le vicende ‘collaterali’ rispetto alla storia principale in cui emergono personaggi femminili davvero efficaci.
Finisce la sesta puntata e si prova già tanta nostalgia.

P.s. I fortunati che non hanno ancora visto Downton Abbey possono vedere le 6 stagioni su Amazon Prime. Beati loro.

P.p.s. Perché una serie così bella andava in onda su Rete 4, la tv commerciale più brutta che c’è? Misteri della TV…

Tano Di Vano

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