Il Nord Africa brucia. E’ come se il fuoco che ha bruciato vivo il giovane disoccupato a Sidi Bouziz (Tunisia), si fosse propagato negli altri paesi. Il gesto estremo di questo ambulante 26 enne che si è dato fuoco in segno di protesta in seguito al ritiro del suo carretto, non è stato certo vano. Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Bahrain tutti hanno finalmente alzato la testa.
Ed ecco di nuovo la piazza di fronte a dei dittatori vecchi e corrotti che impongono ancora un sistema di “tribù” con un cieco attaccamento al potere che ha portato Mubarak a “resistere” per giorni, nonostante le migliaia di persone in piazza e Gheddafi a dire che non se ne andrà fino alla morte.
Una nuova generazione è scesa in piazza e ha dato vita ad una nuova forma di Rivoluzione, che oggi passa attraverso i social network come Facebook e Twitter (accidenti a quando ho detto che ero scettica nei confronti dei blog), una forma di rivolta istruita, pacifica e soprattutto laica. Sebbene stiamo parlando di mondo arabo la religione, in queste proteste, soccombe a qualcosa di forse più grande, la Libertà. Non è blasfemia. E’ semplicemente una scala di valori universali a cui non possiamo prescindere : libertà (che include libertà di religione) e dignità di una vita libera dalla fame. Quello che chiedono queste nuove generazioni, in Tunisia così come in Egitto e in Libia, è una maggiore attenzione da parte delle classi politiche al loro futuro. Paesi dove la disoccupazione giovanile oscilla dal 21,7 % dell’Egitto al 27,3% della Tunisia e 27,4% della Libia (tranquilli, vinciamo sempre noi, con il nostro 29 %), dove gli investimenti sono principalmente concentrati nel turismo, nonostante l’enorme concentrazione di risorse energetiche e dove il costo dei beni alimentari aumenta in continuazione. Paesi dove l’unica via di fuga è l’emigrazione verso l’Europa.
In questi giorni, leggendo le interviste a ragazzi e ragazze arabi mi rendo conto di quanto le loro preoccupazioni siano, in realtà, le mie. La mancanza di un futuro, un governo in cui non mi riconosco, che non fa niente per le migliaia di giovani laureati disoccupati, preso com’è a tenersi saldo al potere e quel senso di aver buttato via il tempo, studiando per ottenere una laurea che non servirà a nulla. Guardando le foto, le vedo quelle ragazze coperte dal velo, che sebbene non sia più obbligatorio in molti paesi, molte hanno deciso di indossare di nuovo, con orgoglio. Scendono in piazza anche loro insieme agli uomini, dopo aver lottato per anni per ottenere i diritti più elementari, come il diritto a sposarsi liberamente e a divorziare (arrivato solo nel 1984 in Libia), ma anche donne in prima linea da anni contro la terribile pratica delle mutilazioni genitali nelle bambine, ancora diffusa nel mondo arabo. Molte di loro sono studentesse, attive su internet che vogliono rimanere nel loro paese senza dovere emigrare o veder emigrare i loro compagni. Giovani che cercano un futuro nella loro patria e lo fanno portando i sacchi di cose vecchie alla porta.
Le stesse donne che sono state definite come “ pezzo di mobilio nel mondo arabo” da Gheddafi che, nel suo incontro, nel giugno 2009, con 700 donne italiane all’Auditorium Parco della Musica di Roma, presieduto da un’impassibile Ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, ha sostenuto con forza “Il bisogno di una rivoluzione femminile” aggiungendo che “ non dobbiamo sopraffare la donna e commettere ingiustizie contro di lei, deve avere gli stessi diritti dell’uomo. Senza la donna, la società cammina su una sola gamba e invece deve camminare su due gambe”.
Oggi Gheddafi spara alle gambe della sua società, facendo bombardare dalle sue milizie mercenarie le città in rivolta e massacrando la popolazione, a dimostrazione che uomini e donne sono davvero uguali come sosteneva 2 anni fa a Roma.
Mi chiedo che giro farà questa ventata di primavera che pervade il Mediterraneo, un’illusione che forse porterà a delusioni perché quello che è stato fatto in Egitto, in Tunisia e oggi in Libia è bello, come il quadro di Delacroix “La libertà che guida il popolo” del 1830 dove una donna, si dice una popolana, incita il popolo nella rivolta. Una bellezza universale, laica, irruenta che sa di vita come il sangue versato per le piazze arabe. Chissà se un po’di quella brezza volterà a nord.