La politica non è riformabile, non rimane che andare più in profondità ripartendo dalla informazione e dalla cultura che passa per le relazioni umane.
Pereira

Un quilombo
era una comunità formata da schiavi africani fuggiti dalle piantagioni in cui erano prigionieri nel Brasile all’epoca della schiavitù. I quilombo costituirono un’importante forma di resistenza alla schiavitù.


E’ stata una buona idea quella di accettare l’invito ad andare a trovare alcuni giovani amici che vivono a Pesaro, al mare. In realtà in un primo momento avevo accettato principalmente perché ciò mi offrivala possibilità di fare le sabbiature in spiaggia. Solo qualche giorno dopo ho scoperto che mi avevano fatto una sorpresa, volevano mostrarmi con legittimo orgoglio il loro miracolo.
E’ un piccolo deposito di un centinaio di metri quadri in una zona artigianale, incastrato fra elettrauti e restauratori di finestre in legno.
Un sabato sera settanta persone (anche se il numero chiuso per la serata era di cinquanta) si sono date appuntamento lì con un tam tam su internet. Non era chiaro se si trattasse di una mostra o di una performance, l’unica certezza era data dalla qualità e serietà dei miei giovani amici, creatori di questo nuovo sito culturale, il “Quilombo” – Via Del Carso 13 a Pesaro – uno spazio strettamente privato e felicemente indipendente dalle sgangherate logiche clientelari che spesso governano le politiche culturali in Italia.
I tre resistenti generatori di questo che, oltre che un luogo fisico è un gesto coraggioso, sono tre pesaresi: Federico Tamburini, Paolo Cassiani Commi e Alberto Giuliani, reporter giramondo – ha lavorato anche con Saviano – il cui lavoro, in forma di frammento, è stato il protagonista delle serate dal titolo “Malacarne”. Chi ha avuto la fortuna di partecipare alle performance del 6 e 7 giugno 2009 ha vissuto un momento intenso e vitale sospeso fra teatro, emozione e informazione. Roba rara, oggi.

Entrati in uno spazio quasi buio, potevamo intravvedere grandi foto incollate alle pareti come manifesti del cinema. Dal silenzio suggerito dal buio le parole di Alberto Giuliani sono emerse all’improvviso, insieme al fascio di luce della sua torcia elettrica che di volta in volta illuminava scritte o fotografie del reportage che egli va costruendo da anni sul tema delle mafie. Mafie che vanno da quelle esoticamente più lontane come la colombiana a quelle inspiegabilmente sconosciute e ignorate di casa nostra, Italia del centro e del nord, mica Corleone. Per chi volesse capire (e stupirsi) per la disinformazione di cui siamo vittime, tutte le città e le ditte mafiose interessate sono segnalate dal libro del magistrato Nicola Gratteri, “Fratelli di sangue”.

Il racconto di Giuliani si snoda fra le immagini e i video mescolando considerazioni antropologiche e momenti vissuti pericolosamente alla ricerca di luoghi di mafia da documentare con una foto. Il racconto non ha alcuna pretesa teatrale ma l’esperienza che si vive è una esperienza estremamente intensa. Imperdibile, in questa Italia paradossale, così impoverita e umiliata dal potere delle clientele eppure così ricca di talento e iniziativa.

Siccome i miracoli si ripetono, sabato, sabato 13 giugno alle 21.30
apparirà al Quilombo Cesare Picco, www.cesarepicco.com pianista italiano famoso in Giappone ma non da noi. infoquilombo.it

Pereira

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