I figli dello zodiaco , di Rudyard KiplingSi resta immobili, mentre l’aria fredda sbianca e taglia la nebbia un odore di muschio e di vuoto, immobili davanti all’orrore e alla pietà per una immensa creatura marina, ferita, ancora affascinati e avvinti dalla visione.
Con Kipling, l’esperienza della lettura si fa esperienza pura e semplice. La magia di ciò che non può essere spiegato gemma sul traliccio alto e scuro del reale, e tutto sembra possibile e possibile diviene, poiché lo scrittore «ci risparmia ogni fatica di lettori, ogni sforzo di adattamento mentale», come scriveva di lui Renato Serra.

Un mirabile gioco di vasi comunicanti tra pensieri e fatti, finzioni e verità, sostiene i racconti de I figli dello zodiaco, scritti tra il 1890 e il 1902, come in Un dato di fatto, dove «gli unici passeggeri a bordo di una carretta trovata in zavorra per Southampton», sono tre cronisti, preparati all’occasione della notizia, della verità, del dato di fatto, appunto, che tuttavia questa volta non potranno salvare, se non come «fola» o narrazione.

Dunque proveranno ad aggredire la notizia, cercheranno di ingabbiarla sul foglio, tra righe e «giornalese», ma il nodo che abbraccia amore e morte e l’agonia, la ripugnante, vergognosa agonia, prima della Fine della Vita, è un’epifania del sacro che la scrittura, e l’uomo, non possono sopportare.

Quella Creatura era così inerme e […] così sola. L’occhio umano non avrebbe dovuto mai posarvisi; era mostruoso e indecente esporla in acque commerciali, tra gradi di latitudine riportati sull’atlante. Era stata sputata, maciullata e in fin di vita, dal suo riparo sul fondo marino, dove avrebbe potuto durare fino al giorno del Giudizio universale, e a noi era dato vedere il suo flusso vitale staccarsi da lei come una marea rabbiosa rifluisce oltre gli scogli di contro a un vento burrascoso.

Poi, a un tratto, vicino alla creatura morente, affiora la compagna, segue la lenta sparizione nel mare che i gorghi richiudono, «cieca e sola in tutta quella solitudine marina, protende il collo verso l’alto». Ecco l’avvenuta metamorfosi, uno sguardo verso il cielo prima che un amore scompaia per sempre – cose, uomini, animali legati da una nuova, viva parentela universale. Torna il cielo che era stato negli occhi del principe Andréj, l’attimo prima di morire, e forse quello stesso cielo, infinito e vuoto, che ancora Serra vedeva alla Partenza di un gruppo di soldati per la Libia, nel «meriggio ardente [che] illumina il mondo, con una luce implacabile; fiocchi d’ovatta si liquefanno nel cielo immenso».

I figli dello zodiaco
Rudyard Kipling
Adelphi, Milano
Pagg. 280 / € 19,00

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