Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un’inchiesta di Touring (rivista del Touring Club Italiano) sulla produzione di rifiuti nei Comuni turistici durante l’alta stagione. “Lattine di Coca Cola come briciole di pollicino” inizia l’articolo, lasciando presagire nulla di piacevole da appurare. Se alcune delle nostre città hanno problemi nella gestione del ciclo dei rifiuti in tempi normali, nei momenti di picco dell’afflusso turistico la situazione non può che peggiorare drasticamente. Perciò addio raccolta differenziata. E questo non solo e non tanto perché il turista in quanto tale non ha voglia di essere ecologico e rispettoso dell’ambiente in vacanza, ma anche e soprattutto perché sono le strutture che li accolgono a non gestire la maggiore quantità di spazzatura nel modo adeguato, magari per risparmiare “tempo”, senza rendersi conto dell’impatto negativo che ricade di certo non solamente sul cassonetto più vicino.
Tutto ruota attorno ad un problema culturale, alla mancanza di un senso civico, di educazione ambientale, di un egoismo insito nella natura umana (e in qualche popolo in particolare, come il nostro…) che si sbarazza dei problemi presenti senza preoccuparsi di chi dovrà farsene carico in futuro, o di chi ne subirà le amare conseguenze.
Abbattere considerevolmente la produzione di rifiuti pro-capite è uno tra gli obiettivi inseriti nel rapporto “Verso un’economia verde in Europa” della Commissione ambiente dell’Ue, peccato che sia purtroppo un obiettivo non vincolante (giuridicamente) per il periodo 2010-2050. Il che vuol dire che il nostro Paese, abile nei magheggi e con un’esperienza di lungo corso nel non rispetto degli obiettivi promessi, potrebbe non fare molto per la realizzazione di un modello economico verde.
E pensare che il programma di trattamento e riciclo dei rifiuti in Svezia funziona talmente bene che il paese, per evitare che i suoi inceneritori diventino antieconomici, deve importare rifiuti dagli altri paesi europei. Solo l’1 per cento dei rifiuti urbani svedesi finisce nelle discariche, contro il 38 per cento della media europea (e contro il 51 per cento dell’Italia). L’emergenza rifiuti al contrario ha colpito ormai anche Oslo, generando, tra l’altro, l’enorme paradosso per cui si fa pressione alla popolazione per produrre rifiuti da poter usare per produrre energia.
@Eleonora
Sono contento che i tanto “progrediti” paesi del nord Europa abbiano fatto l’errore, da dilettanti, di delegare la produzione di energia agli inceneritori dei rifiuti.
Non sapevano, forse, che l’EROEI degli inceneritori dei rifiuti vale poche unità ovvero che tali impianti producono , in tutta la loro vita, 1-2 volte l’energia che devi dar loro per costruirli, mantenerli e alimentarli, quando invece un EROEI redditizio sarebbe 80-100 unità?
La verità è che non viene incentivata minimamente la ricerca sul trattamento dei rifiuti, che potrebbe portare a EROEI molto promettenti e che, al contrario, la discarica,spesso, è una fonte di ricchezza ,se non l’unica, per i Comuni disposti ad ospitarle!
Da sempre le lobby riescono a far passare per valide tecnologie assolutamente controproducenti, ma la natura non può essere ingannata a lungo !