
Ospite Demiurgo di e con Giacomo Cardoni
La Fondazione Pescheria-Centro Arti Visive di Pesaro anche quest’anno ha accolto per un mese (uno solo, il primo d’autunno) una programmazione stra-ordinaria, ospitando opere e attività promosse dalla nostra Radio Pereira, con la partecipazione di altre associazioni, gruppi di lavoro e artisti, realtà locali, il Comune di Pesaro e diversi sponsor. A questa iniziativa e ai suoi protagonisti saranno dedicati i prossimi approfondimenti di Radio Arte, partendo dall’artista Giacomo Cardoni.
«Tra le mani la materia assorbe calore
e lentamente prende forma.
Corpi che si modificano attraverso
forza e immaginazione,
risvegliando il potere della metamorfosi
e dell’inconscio umano.
Creativamente e emotivamente coinvolti
‘crescono’»
Come l’anno scorso Giacomo Cardoni è stato una presenza nodale di Perepepè: autore del disegno-logo di questa edizione, ospite in giacca rossa all’ingresso e performer impegnato in un’installazione, che ha avvolto e riempito lo spazio, animando la relazione con il pubblico. Il suo, un ruolo indispensabile per l’accoglienza e il coinvolgimento nonché per la sua stessa ricerca nell’ambito dell’arte relazionale.
Ospite Demiurgo è il nome della performance quotidiana durata un mese, per tutto il tempo disponibile con incessante professionalità, le cui tracce restano nelle fotografie che lo vedono in azione quanto nella collezione di più di 900 pezzi in cera d’api che compongono l’installazione. Ospite Demiurgo è stata la declinazione della sua natura artigiana ed esteticamente eclettica che ha permesso che le numerosissime persone intervenute si esprimessero lasciando una traccia “custodita nella cera”, guidate dall’artista nella lavorazione di un materiale insolito e plasmabile e mettendo alla prova la sensibilità di ognuno, “depositando un’emozione”. Cardoni dunque performer e installatore, il pubblico invece – decisamente eterogeneo – coinvolto nella perfomance; ognuno con la propria figura in cera come un apprendista scultore. La ripetitività del gesto e la dedizione nella produzione dei piccoli e numerosissimi supporti a reggere le statuine plasmate dal pubblico, come nel progetto Pisaurum di Perepepè 2012*, rappresentano il dialogo che Giacomo-artista ha voluto creare con le immagini fotografiche, che l’anno scorso come quest’anno campeggiavano in mostra, lungo il Loggiato della Pescheria per quasi 30 metri, fino ad occupare tutto lo spazio disponibile. Un duetto dunque con gli altri artisti, un abbraccio alle opere d’arte esposte, un forte rispecchiamento nel pubblico e una grande disponibilità all’espressione altrui, senza giudizio.
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Lui: l’artista
Io sono solo colui che si prende cura del tempo, delle metamorfosi, delle persone, delle trame che si creano, della relazione che diventa arte, forse, ma che sicuramente diventa installazione, narrazione, presenza, espressione… e queste non sono forse le qualità necessarie per un’opera d’arte?
Sono l’’artista che mette in gioco la sua formalità, la sua figura, la sua presenza umana che normalmente sta dietro l’opera e non nel mezzo..che da un lato si distacca concettualmente, mentre dall’altro, cerca di entrare nelle quotidianità, nel condiviso, nel comune. Non mi interessa analizzare le persone, le opere della gente, ma solo collezionarle e mostrarle a loro stessi in modo che li sorprenda, che si sorprendano di loro stessi.. e ne godano!

Lei: la performance
Credo che nella relazione si possa trovare un senso universale di bellezza, dove per me la bellezza è senso umano, umanità. Sollecitarla, provocarla, rivelarla alle persone tramite l’interazione e la manifestazione dell’espressione artistica, è darle valore, ridarle degna meraviglia, soprattutto se passa anche per le loro mani. E la cera d’api è un materiale perfetto per questo compito perché ha bisogno di TEMPO e CALORE, due fattori che richiamano estremamente l’essere e l’esserci: dedicarsi un po’ di tempo per dar forma a se stessi diventa l’opera silenziosa e non detta, spiegata solo in un secondo momento.


L’altro: il pubblico.
Prendendo dall’Arte Terapia una lettura possibile, nel momento che una persona lavora la cera con il suo (obbligatorio) ritmo si dedica del tempo, si prende del tempo per sé, e se lo fa in un ambiente ricco e denso di stimoli altri, forse, riesce pure a “staccare” dalla censura che ha nei propri confronti e che lo costringe a fare qualcosa di bello, di gradevole, di forma certa, con un’immagine chiara e definita, che rispetti i canoni personali e di una società fatta di immagini appunto; quello che provoco e propongo è invece proprio la possibilità di dar forma a qualcosa di inconscio, se vogliamo, che sta dentro di noi e ci rappresenta e dà espressione ad una parte di noi che reputo più “sincera” (con questo non dico che il resto sia falso, sia chiaro). Quello che ne è escito è un BESTIARIO di IMPRESSIONI UMANE, di METAMORFOSI UMANE, di alter-ego di una folla che altrimenti si racconterebbe in altre vesti. Questo contatto ha anche un valore sociale, come l’unità; è uguale per tutti, tutti esposti sullo stesso muro, nessun escluso. Un muro che cambia e prende forma, una massa forse più informe ma personalizzata rispetto a quelle persone che “abitano” la nostra vita tutti i giorni.


Qui una raccolta di immagini con alcune tra le creazioni del pubblico.
A cura di Cristina Principale