Caro Pereira,
che dice, amico mio, lei ha capito se noi italiani dobbiamo essere orgogliosi di come si sono mossi i nostri governanti o se dobbiamo continuare a ritenerci alla mercé della peggior classe politica presente sul pianeta?
Personalmente mi guardo in giro e vedo un mondo, dai grandi Stati alle piccole comunità, assolutamente impreparato ad affrontare ciò che stiamo vivendo.
La prima difficoltà è stata di comprensione: si andava, da parte di tutti, dalla minimizzazione alla idea che si doveva/poteva agire in modo drastico e immediato per uscire in fretta dal problema.
Nessuno di noi riteneva seriamente che potessimo tornare ad essere vittime di qualcosa che pensavamo appartenere ormai ai libri di storia o a popoli lontani, poveri e sottosviluppati: una malattia infettiva!
Oddio, qualche avvisaglia c’era stata; qualche cambiamento di comportamenti l’avevamo dovuta adottare (dall’uso del preservativo per i rapporti occasionali alla rinuncia -temporanea, per carità- all’ossobuco e alla fiorentina con l’osso al tempo della mucca pazza) ma, suvvia, mica siamo più al tempo della peste o del colera.
Il nostro mondo ipertecnologico ci garantiva -nel nostro immaginario- un potere quasi assoluto sulle malattie, per così dire, esogene: provocate da qualcosa che proviene dal di fuori del nostro organismo.
Rimanevano, è vero, le malattie endogene: quelle che derivano da una qualche alterazione interna (tumori ed altre malattie degenerative, malattie cardiovascolari, autoimmuni, ecc.) ma di queste si è diffusa una idea di una qualche forma di nostra colpa (e quindi di nostro potere) nella loro genesi: derivano dall’alimentazione, dal fumo, dallo stile di vita, dallo stress, ecc.
Ecco quindi il proliferare delle “scuole” di pensiero di come dovremmo mangiare, vivere, lavorare, dormire, fare all’amore, meditare …
E le palestre, le diete, lo yoga, il biologico, il macrobiotico …
E il senso di colpa!
Eh già, perché se sai cosa ti fa ammalare, allora, se ti ammali, è colpa tua! Non hai fatto tutto quello che ti è stato detto di fare per evitare di ammalarti.

E, insieme, nella ubriacatura “scientista” in cui tutto è conosciuto e la medicina non è proprio ancora onnipotente, ma ci siamo vicini, ecco la ricerca del colpevole non già nella fragilità della natura umana e nella limitatezza delle nostre conoscenze, ma nel medico che non mi ha fatto fare tutti quegli esami che sarebbero stati necessari per “prevenire” (sic!) la malattia, nel sistema sanitario che non mi permette di fare un check-up con risonanza magnetica total-body…

Del resto, in modo ben più colto ed autorevole di noi, Foucault sosteneva che la salute, è l’epicentro della governance moderna (parlava, in questo senso, di biopotere). Attraverso la medicina e la salute mentale, affermava, lo Stato amministra, sorveglia e controlla la popolazione.
«Si potrebbe dire che al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte» Michel Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, 1978.
E’ un po’ come dire che il contratto implicito alla base delle società moderne prevede che il cittadino deleghi il potere alle élite e agli Stati in cambio della capacità di questi di garantirgli la sicurezza e la salute fisica.

Ma qualcosa si è rotto. La pandemia in atto, fin dal suo manifestarsi, ha squarciato il velo dell’illusione. Il re è nudo.
Gli Stati, o meglio le loro classi dirigenti, non sono più in grado di tenere fede al patto succitato.

Il coronavirus ha “cancellato la modernità” con la sua illimitata libertà (e potenzialità) di spostamenti, con i concerti negli stadi, le partite davanti a decine e decine di migliaia di persone, l’assenza totale di nemici naturali, le linee guida per la cura delle malattie elaborate dalle élite mediche e valide in tutto il mondo, i trapianti, gli arti artificiali …

E i politici?
Non so cosa ne pensi lei, gentile amico, ma dal mio limitatissimo osservatorio non mi pare di vedere in giro degli Statisti che siano stati capaci di capire ab initio la gravità della situazione e prendere coerentemente le misure necessarie.
In Cina pare che abbiano taciuto dati che conoscevano fino a quando non hanno più potuto farne a meno; in Italia abbiamo sentito un Presidente del Consiglio dire che era tutto sotto controllo e poi fare il giro dei salotti televisivi per dire che sostanzialmente sotto controllo non c’era niente e Presidenti di Regione e Sindaci (per non parlare di capi dell’opposizione) dire che bisogna tenere tutto aperto anzi no che bisogna chiudere tutto ma è meglio riaprire; in Francia hanno tenuto elezioni importanti in piena diffusione del virus (favorendola); in Spagna la Catalogna conteggia gli infetti in modo diverso dall’Andalusia … Per non parlare di Trump o di Boris Johnson …
In alcuni posti, probabilmente dove hanno avuto un po’ più di tempo per approntare qualche tentativo di risposta o dove il Sistema (in generale e non solo quello sanitario) è più efficiente e funziona meglio (vedi Germania) le cose sembra vadano un po’ meno peggio.

A onor del vero, occorre ammettere che il mondo della medicina, almeno quello coinvolto a livello politico e della comunicazione non ha di certo aiutato a fare chiarezza. Si sono posti come sacerdoti di una nuova religione, una religione monoteista, totalitarista in cui ciascuno si dichiara portatore di un’unica verità. Il dibattito, essenza stessa di ogni tipo di scienza, è diventato lite.

E i politici? Torno a chiedere e immediatamente mi rispondo: ma cosa vuoi che facessero?!
Non sono preparati, né sono stati scelti sulla base delle loro capacità di gestire grandi questioni come la salute pubblica, la convivenza civile, il tipo di società che vogliamo.
Ogni sera i telegiornali ed ogni mattina le prime pagine dei giornali sono, normalmente, pieni di dati economici, di informazioni sui titoli di borsa, sulla spread, sulla previsione di crescita (che non c’è mai), sulla prossima manovra finanziaria, sulla pressione fiscale, ecc.
La sanità non fa notizia se non per qualche, purtroppo non raro, scandalo.
Così come non lo fa la scuola, i trasporti, l’ambiente …
La politica si è “ritirata” dalla società. Siamo al punto che gli stessi politici dichiarano di essere troppi e di costare troppo alla società.
E degli spazi lasciati vuoti dalla politica si è impossessata l’economia (su quale dei due fenomeni si è manifestato prima varrebbe la pena fare una discussione).

I politici, in buona sostanza, (e non solo i nostri, ma a livello mondiale) non sono più capaci di fare la Politica (intesa come la téchnē -arte tecnica- che attiene alla pόlis -città, stato, comunità).
Questo, se ce ne fosse stato ancora bisogno, ci ha rivelato il Covid-19.

Chissà, amico mio, se da ciò ne discenderà qualcosa, se torneremo a pensare che la politica non è un peso (per di più costoso) per la società, ma è il mezzo attraverso la società stessa può svilupparsi e sopravvivere.
In ogni caso, come per la sconfitta del virus, non siamo che all’inizio.

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