Plasma, vaccini e Poteri Forti

Ognuno sa solo quello che vuole sapere

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Oibò, mio caro amico, e ora che si fa?
Come orientarci?
A chi credere?

Verso fine del XIX secolo Nietzsche ci avvertì che Dio, inteso come principio supremo a cui erano soggetti tutti i valori dell’Europa, aveva perso il suo significato e la sua importanza con l’avvento della modernità e allo sviluppo della scienza e della tecnologia.

Morto un Dio, se ne cercò un altro.

Alcuni lo trovarono nel sol dell’avvenire.
Fu un sogno che durò poco.

Restava la scienza, la tecnica, il progresso.
Ma la tecnica non ha morale: si piega al volere di chi la usa. Funziona benissimo anche per sterminare milioni di individui.

Si salvava la scienza come metodo. La ricerca della verità, codificata in procedure sistematizzate. Dati oggettivi organizzati con modalità e logiche validate e condivise dalla nuova Chiesa: la “comunità scientifica”.
A scuola ce lo hanno ben insegnato, il nuovo Verbo: il metodo scientifico galileiano, o metodo sperimentale; il modo con cui procede la scienza per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile.
Tra addetti ai lavori, soprattutto a causa di quei rompiscatole degli epistemologi, serpeggiava qualche dubbio: “si trova quello che si cerca”, “ogni spiegazione è una interpretazione”, “tutto ciò che è detto, è detto da un osservatore”, “l’osservatore fa parte del campo osservato”, e così via problematizzando.
Ma in fondo erano un po’ come le dotte dispute tra teologi, poco importavano ai fedeli che tendevano a fidarsi delle omelie dei sacerdoti.
Nella pratica sorgeva qualche dubbio quando si era costretti a ricorrere alla “scienza” medica. Certe discipline sembravano quantomeno opinabili.
Ce lo raccontò bene Nanni Moretti in “Caro diario”: rivolgendovi a quattro dermatologi ne uscite con quattro diagnosi diverse per lo stesso disturbo. Ma sempre con una pomata al cortisone.
In fondo, però, in assenza di alternative valide, il sistema pareva reggere.

Poi venne la pandemia.
Ecco, per l’occasione, virologi, pneumologi, ricercatori, luminari di chiara fama impegnati in risse al cui confronto tifosi laziali e romanisti che discutono di un rigore negato sembrano chierici che discettano della Regola Benedettina.
E, in ogni logomachia, il sospetto del più infame dei tradimenti: l’altro, l’interlocutore, l’avversario nella disputa, è al soldo delle case farmaceutiche che hanno tutto l’interesse a far ammalare l’umanità intera per spacciare a caro prezzo le loro tossiche misture.
Dietro ad ogni protagonista, l’esercito dei tifosi con i loro cori e striscioni fatti di tweet, post, messaggi ritrasmessi e amplificati. Con un rimbalzare di notizie, accuse, smentite, controaccuse, contro-smentite tra social-media, televisioni, giornali, e messaggi privati sui cellulari.
“Ven-du-to! Ven-du-to!” pare di sentir ritmare dagli spalti.

Leggo una notizia, arrivatami sul cellulare, a proposito dei miracolosi effetti della terapia con plasma iperimmune (di soggetti guariti).
Ricordo che fin dalle elementari mi avevano spiegato che per il tetano si deve fare il vaccino per prevenirlo, ma che se uno già l’ha preso si può provare a curarlo con il siero. Il siero, tra l’altro, funziona anche contro il veleno della vipera, ma lì -è ovvio- mica c’è un vaccino che impedisce di essere morsi (ed infatti vengono suggeriti altri sistemi di prevenzione come, ad esempio, il “distanziamento sociale” dalle vipere medesime).
Apprendo, poi, che in televisione un famoso virologo (non scevro da qualche intemperanza verbale) afferma che si tratta di un trattamento molto importante, non nuovo, ma di emergenza e difficilmente applicabile su larga scala cosa per la quale sarebbe necessario arrivare alla produzione di un plasma (siero?) di sintesi.
Immediata contro-risposta di un livoroso pneumologo che sta utilizzando nel proprio reparto la suddetta cura e che, oltre a decantarne i magnifici risultati, accusa il “collega” di presenzialismo televisivo (è un eufemismo), gli dà dell’ignorante e introduce il sospetto, per niente velato, che il suo (del virologo) insistere sul vaccino nasconda un conflitto di interesse a favore delle case farmaceutiche e contro un sistema “gratuito e democratico”.
Il messaggio circola con tutti i mezzi messi a disposizione dal web. Suscita reazioni indignate. Contro il virologo.
Si aggiunge a questo punto un altro intervento (sempre via web): un medico, italiano, che vive alle Mauritius dice chiaramente che la terapia con siero iperimmune è la soluzione (anche se, in qualche caso, occorre aggiungere antinfiammatori, anticoagulanti e un antibiotico) e che non ce lo dicono (chi?) per fare gli interessi delle case farmaceutiche.
Segue altra indignazione.
Sempre contro il virologo.

A questo punto, l’unica cosa che ho capito è la risposta ad una mia vecchia domanda: chi o cosa sono i “poteri forti”? Ora mi è chiaro: le case farmaceutiche!

Provo ad informarmi meglio, vado a vedere cosa ne dicono altre fonti. Trovo che alcune affermano che, nella sostanza, quanto sostenuto dal nostro medico nelle isole tropicali non è proprio esatto.
Per confrontarmi, inoltro il link ad alcuni amici e mi sento rispondere che questi siti sono troppo “schierati” e quindi non attendibili.

E così, mio caro amico, dopo il Il relativismo etico, teorizzato dai sofisti del V secolo a.C., e così temuto da tutte le Chiese, siamo arrivati al relativismo cognitivo: ognuno sa solo quello che vuole sapere.

Parafrasando Woody Allen: Dio è morto, Marx è morto e neanche Burioni si sente molto bene.

PS: apprendo nel frattempo che il “medico delle Mauritius” che ha raccolto così tanti fans (che in questo caso non sono i Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei, ma i supporters) dichiara candidamente di non essere medico, ma laureato “in Diritti Umani” ….

1 commento

  1. Lasciatemi dire che il concetto di “relativismo cognitivo” avanzato da Norman è assolutamente interessante.
    Quando la scienza diventa fede, la tecnologia “Verbo”, la politica chiesa, allora la corruzione del pensiero è giunta ad un punto vicino a quello del non ritorno, con tutte le conseguenze che sono facilmente immaginabili. Quindi lo scienziato non allineato alla propria verità è un venduto a qualche fantomatica industria farmaceutica, l’avversario politico diventa un nemico ed un traditore.
    E la comunità scientifica si trasforma in sinodo sacerdotale.
    Scienza deriva etimologicamente dal latino scientia, participio presente di scire, che significa sapere.
    Scienza è quindi espressione del principio della cognizione, della conoscenza, che per definizione tende all’infinito. La scoperta di oggi infatti può mettere in discussione quanto era considerato acquisito ieri e tanto più questo è vero, quanto più la scoperta è rilevante. Se così non fosse significherebbe avere una concezione statico-conservatrice, che escluderebbe l’evoluzione e lo sviluppo della ricerca scientifica.
    Non solo, la “devianza” dal sapere consolidato, sempre se realizzata secondo il corretto metodo scientifico, è conditio sine qua non per il cosiddetto science continuos improvement.
    La scoperta scientifica per definizione è temporanea e si differenzia in questo senso completamente dalla fede religiosa, molto meno dalla Dottrina o dalla ritualità ecclesiale, che invece subiscono modificazioni anche importanti in ragione degli inevitabili condizionamenti derivanti dall’evoluzione del contesto sociale e del tempo in cui esse si rivolgono. La scienza in ultima analisi può prefigurarsi come un cammino che ha come unico strumento di orientamento la conoscenza.
    Ritornando al relativismo cognitivo inteso da Norman “come ognuno sa quello che vuol sapere”, penso che così come la conoscenza non possa avere limiti, la scienza altrettanto non possa essere confinata in recinti prescritti. Certo, ognuno è libero di scegliere la “verità scientifica” che ricerca, ma una cosa è essere animato dalla sola intenzione di confermare la propria tesi, altra è porre l’attenzione e considerare soprattutto ciò che contraddice la propria tesi. Nel primo caso non potremo che rinforzare un’idea predefinita restando nell’angusta gabbia della nostra “credenza”, nel secondo potremmo acquisire nuove conoscenze che ci renderebbero più liberi di farci un’idea compiuta, anche se dovremmo essere che non potrebbe mai essere l’ultima… È cioè l’intenzione che sta dietro all’azione che fa la differenza.
    A questo riguardo Kant ci è maestro quando scrive nella Critica della Ragion Pratica che è buona l’azione che è mossa dall’intenzione di fare il bene.
    Adam

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