Come colloqui interrotti di anime e di vite, questi brevi, talvolta brevissimi racconti di Destino coatto, chiedono al lettore di finire la figura, sempre, che sia la chiusa d’un volto o la linea di una passeggiata, l’orizzonte incerto di un marciapiede, la testa nera d’un lampione, sempre al lettore spetta l’ultimo tocco e l’ultima parola perché nasca il dialogo della lettura.
Goliarda Sapienza lascia da sola la parola e quella arriva, obliqua, affondando per frammenti in giornate di sole e di neve, in certezze che riempiono solitudini – arriverà poi a chiarire angoli bui e dimenticati, nostri.
«Certo se potessi credere che è vero quello che dicono ci andrei. Ma non ci credo e preferisco restare qui vicino al pianoforte a cucire con la mamma. ‘Ma perché non vai? Vedi che tutti vanno, vai!’ e sorride. Ma sorride la bocca. Gli occhi no. La voce no. Gli occhi della mamma sanno che non è vero come lo so io.»
Il pensiero è la condanna per queste esistenze, spezzate come pane a imbandire del senso la fuga. Forse il titolo, così rigidamente chiuso su se stesso e riproposto uguale alla prima edizione del 2002 (a sei anni dalla morte dell’autrice catanese), avrebbe potuto modularsi più felicemente su una frase come Oggi ho fatto un errore – incipit meraviglioso, breve e tremendo, di uno dei racconti, scheggia musicale in cui par di risentire ‘Io sono una persona malata … sono una persona cattiva’ delle dostoevskijane Memorie dal sottosuolo.
In fondo, se è vero che da un’esistenza all’altra si compie il destino di affondare nell’essere, che la discesa e la stasi sono condanna di ripetizione, è pur vero che la ricerca e la sconfitta fioriscono nel cuore mobile e indeciso della nostra umanità, dove alla chiusa del destino sempre risponde e si ribella l’apertura viva, concreta di ogni esperienza.
Destino coatto
Goliarda Sapienza
Einaudi, Torino
Pagg.130 / € 10,50
“In fondo, se è vero che da un’esistenza all’altra si compie il destino di affondare nell’essere, che la discesa e la stasi sono condanna di ripetizione, è pur vero che la ricerca e la sconfitta fioriscono nel cuore mobile e indeciso della nostra umanità, dove alla chiusa del destino sempre risponde e si ribella l’apertura viva, concreta di ogni esperienza.”
Direi che Goliarda si sarebbe ritrovata in questa prosa eccezionalmente intensa.
Grazie