Lanterne Rosse.Dàjiā hǎo! 大家好!

Buongiorno a tutti.

Nǐmen hǎo ma? 你们好吗?

Sono seduta comodamente su di un morbido divano rosso, rosso come le candele che ho acceso in questi giorni, come gli indumenti più o meno visibili che ho scaramanticamente indossato, come i piccoli pacchetti regalo che ci si scambia a capodanno in Cina contenenti denaro rigorosamente in quantità pari, perché in quantità dispari si danno solo ai funerali, rosso come alcuni soli in cartapesta di un carnevale che non amo, come le lanterne appese lungo i viali, i parchi, le strade dell’affascinante e controversa capitale del nord, Běijīng…accomodatevi pure, c’è spazio per tutti in questa prima puntata del nuovo anno lunare cinese dedicato alla Tigre.

Siamo giunti al terzo appuntamento di questo spazio virtuale su Radio Pereira, che sta diventando lentamente una finestra sul mondo.

Colgo l’occasione per farvi nuovamente gli auguri per questo nuovo ciclo che inizia, che sia proposero per tutti noi: 恭喜发财gōngxǐfācái e 祝你新年快乐zhùnǐ xīnnián kuàilè!!!

Oggi è esattamente il quattordicesimo giorno del nuovo anno, in cui tradizionalmente ci si prepara all’affascinante e tradizionale “Festa delle Lanterne” di domani, in cinese Yuánxiāo jié 元宵节che mette fine alle due settimane di festeggiamenti della Festa di Primavera (春节 Chūnjié). Tutti sono già tornati al lavoro nelle grandi città, ma in alcuni luoghi persistono ancora antiche tradizioni: oggi è il giorno in cui un tempo si era chiamati alla decorazione delle lanterne per la festa e le più belle venivano portate nelle piazze antistanti dei templi per gareggiare. Per costruire e disegnare a mano una delicatissima lanterna, degna di essere chiamata tale, occorreva più di un mese. Era al calar del buio di questo giorno che venivano testate le lanterne, affinchè il giorno seguente non ci fossero intoppi durante la festa. Un tempo gli adulti erano soliti costruirle a mano per i propri bambini, ora invece sono i bambini stessi ad andare nei centri commerciali a comprarne alcune più moderne e di produzione industriale, senza candele in cera, ma con lumini elettrici: il risultato è che si verificano sicuramente meno incendi, ma si è persa anche molta poesia legata al rito, ai gesti, al fuoco…Ovviamente la maggior parte delle lanterne che si vedranno per le strade domani avranno come simbolo l’animale dell’anno, in questo caso si vedranno tanti tigrotti disegnati e illuminati.

Capite che in questa atmosfera di festa, avrei voluto solo parlare di buona sorte e di oroscopo, ma una notizia che risale a lunedì scorso, 22 Febbraio, tra l’altro presa poco in considerazione dai media (in Cina al momento ne ha parlato solo il Global Times, giornale cinese scritto in inglese, mentre nei giornali italiani non ho ancora trovato un articolo che ne parli), Questa notizia, dicevo, ha fatto sì che rivedessi tutta la programmazione della puntata: la manifestazione in questione ha avuto luogo nella larghissima e storica via di Běijīng, chiamata Cháng’ān Jiē 长安街 (che significa “Strada della lunga pace” e che porta alla famosa piazza Tiānānmén  天安门. Cháng’ān è il vecchio nome della capitale del paese sia durante una delle dinastie più floride di tutta la Cina, la dinastia Táng 唐朝, sia in altri periodi storici e che ora si chiama Xī’ān 西安, che forse qualcuno di voi avrà già sentito nominare perché nei suoi pressi si trova un enorme mausoleo imperiale, ancora non portato in superficie dagli scavi, a cui è annesso il famosissimo sito che contiene l’Esercito di Terracotta; Tiānānmén invece significa “Porta della pace celeste” e direi che chiamarla con il suo vero può creare una certa dissonanza interiore visto che all’estero è conosciuta soprattutto per le proteste di intellettuali, studenti e operai contro lo Stato del 1989, rivolta finita con un massacro di cui ancora oggi è difficile stimare il numero di vittime…probabilmente ricorderete tutti il simbolo di questa protesta: la foto di un ragazzo, di cui non si conosce il nome, che solo e disarmato affronta una colonna di carri armati in questa piazza. La “Porta della pace celeste”, è conosciuta anche perché è il luogo in cui Máo Zédōng 毛泽东, il primo Ottobre del 1949, proclamò la Repubblica Popolare Cinese). Capite che qualsiasi avvenimento di corteo in questa via o nei pressi di Piazza Tiānānmén non può che avere un forte valore rievocativo: anche se nessun accostamento con i tragici eventi dell’89 sembra possibile, rimane comunque un gesto forte quello di Lunedì scorso: pochi artisti, un cameramen, un twitterer (che ha aggiornato continuamente gli status sul social network), un registratore, un coordinatore, una macchina fotografica, alcuni striscioni, hanno camminato tutti insieme lungo questa via storica per protestare contro le brutali e incondizionate demolizioni che sta subendo la capitale, un cantiere sempre aperto, e per chiedere più diritti per i cittadini.

La vicenda: a novembre il governo notifica lo sfratto a diversi cittadini, tra cui molti artisti, che risiedono in alcune “zone d’arte” della città e che dovrebbero lasciare spazio a nuovi futuri quartieri. Alcuni se ne vanno, altri rimangono e da dicembre molte famiglie, tra cui anziani e bambini, vivono senza luce e gas nelle case e negli atelier che andranno demoliti. Ma questo in Cina non è un caso isolato: è una situazione diffusa che affligge molti altri cittadini nella capitale e in altre zone del paese, costretti spesso, dall’oggi al domani, ad abbandonare le proprie case per spostarsi in zone più periferiche, ricevendo miseri rimborsi per il danno subito (mi vengono in mente decine di palazzi, stabili, case a Běijīng sui muri dei quali viene dipinto un carattere che significa “demolire” 拆 e che si pronuncia chāi, a cui alcuni cittadini hanno reagito, in maniera provocatoria, dipingendo lo stesso carattere gigante in rosso, inscritto in un divieto). Nel caso delle “zone d’arte”, alcuni di questi cittadini pagavano da tempo contratti in leasing che sarebbero scaduti dopo l’estate 2010 e che avrebbero permesso agli artisti di diventare i legittimi proprietari dei loro studi. Come potete immaginare la rottura preventiva di questi contratti darebbe loro diritto ad un risarcimento, ma nessun ente governativo sembra disposto a tutelarli affinchè possano rivalersi sugli attuali proprietari degli immobili. Come se questo non bastasse, alcuni di questi artisti ha subito furti consistenti di opere d’arte e attacchi da veri e propri picchiatori, armati di mazze che menano senza pietà, probabilmente assoldati da chi vuole demolire gli stabili, anche se il governo si è dichiarato completamente estraneo alla vicenda. E’ proprio uno di questi assalti violenti a mobilitare alcuni artisti, tra cui Ài Wèiwèi 艾未未, noto designer, architetto, curatore e cronista sociale e culturale e considerato uno dei pochi cittadini attivi nella società della Terra di Mezzo. Verso le tre del pomeriggio di Lunedì 22 Febbraio, ora locale, meno di dieci persone si dirigono con un corteo quasi improvvisato verso Cháng’ān Jiē e manifestano urlando alcuni slogan mentre camminando per qualche centinaio di metri prima di essere fermati dalla polizia a circa due km da Tiānānmén: gli striscioni vengono sequestrati, ma nel frattempo tutto viene minuziosamente documentato su Twitter e Twitpic da Ài Wèiwèi, che qualcuno all’estero ha già pensato di soprannominare “il rivoluzionario con il cellulare”. Sono andata a sbirciare sul suo profilo in data 22 Febbraio, potere della tecnologia, e ho scoperto che a fine giornata, come aggiornamento di status, l’artista ha scritto: 久违了,我的长安街 jiǔwéile, wǒ de Cháng’ān Jiē che letteralmente significa ”Quanto tempo, mia Cháng’ān Jiē” forse alludendo ai 21 anni passati dall’ultimo corteo che aveva solcato questa strada…chissà…

Visto il silenzio delle autorità e dell’informazione cinese, la vicenda ha raccolto poco consenso e visibilità in termini di numeri, anche qui in Italia, ma mi permetto di dire che per la Terra di Mezzo rappresenta una tappa da non sottovalutare…

Questa puntata si intitola “Lanterne Rosse”, perché avrei voluto parlare di lanterne di carta che scivolano al buio sull’acqua o si levano per raggiungere la volta celeste, raccontadovi cosa è rimasto di magico in questa festa…e che cosa ha in comune con una festa tutta italiana e molto antica che si svolge ancora oggi nelle terra della Toscana (la Rificolona)…Rosse sono anche le lanterne del titolo di un film meraviglioso del regista cinese Zhāng Yìmóu 张艺谋, girato nei pressi di una città molto affascinante che ho visitato poco più di un anno fa e di cui mi piacerebbe mostrarvi qualche foto…Rosso era anche il sorgo, un cereale, del primo film di questo regista, come lo erano il sangue che sgorgava in alcune scene della pellicola, il velo di una sposa e il suo palanchino…Rossi sono i nodi tradizionali di stofa che vengono appesi in questi giorni come segno di buon auspicio. Rosso è il colore con la frequenza minore e quindi con la lunghezza d’onda più lunga di tutti i colori visibili, usato in cromoterapia per stimolare la circolazione, migliorare condizioni di anemia e depressione…Rosso è anche il fiocco che simboleggia la lotta contro l’Aids e contro la droga…

Lanterne Rosse è anche il titolo del brano di Vinicio Capossela che stiamo per ascoltare e sulle cui note vi saluto…immaginando la bellissima ed elegante Gǒng Lì 巩俐 che passeggia nella penombra fra silenziosi cortili di un antico palazzo, nella speranza che per quella notte sia la sua porta ad essere illuminata da decine di rosse lanterne.

Chi è che viene nella notte?
Chi viene nell’ombra?
Chi viene nella pioggia?
Chi si nasconde al lume?
E tremola la luce come in un lago di fata

Arrivederci da Middle China Girl.

(Brano “Lanterne Rosse” di Vinicio Capossela)

Qui sotto il link all’articolo in inglese del New York Times, con il breve video della manifestazione

Evicted Artists Protest After Attack in Beijing

Lanterne rosse.

5 Commenti

  1. Litte China… vivi un pò in Cina e un pò in Italia ?
    Se non sono invadente nella tua privacy, mi potresti dire, mediamente in 1 anno, quanti gg passi in Cina?

  2. Ciao cari visitatori.
    Grazie a Gaioing per il complimento e per le sue riflessioni…
    Grazie anche a “Ciottolina” alla quale rispondo con un secco “NO”, il “nostro” carnevale non mi piace, non mi è mai piaciuto neanche quando mi obbligavano a travestirmi da bambina…io vorrei travestirmi tutti i giorni! Ma questo non significa che io non provi rispetto e passione per la cultura del mio paese…ultimamente si parla tanto di “odio e amore” come se sapessimo di cosa stiamo parlando: l’amore verso qualcuno o qualcosa (qualsiasi significato sia dato a questo vocabolo) a mio avviso non prevede un atteggiamento acritico verso l’oggetto del nostro amore…perchè un amore con il prosciutto sugli occhi è destinato a stagnare, a non crescere…
    Ci sono tanti aspetti della nostra bella Italia che amo e altrettanti che critico e che non riesco a fare miei…la stessa cosa vale per la cultura cinese…
    ma in un certo senso condivido il tuo discorso, Ciottolina: è molto meglio imparare ad apprezzare il buono che c’è in noi, nelle persone e nei luoghi che ci sono più vicini, prima di andare a cercare qualcosa lontano, molto lontano…e questo, ahimè, è un atteggiamento molto diffuso che tocca svariati ambiti della nostra esistenza…la bellezza è ovunque…più o meno nascosta…ma spesso è più difficile riconoscerla nelle cose che ci circondano tutti i giorni…saperla vedere, però, può renderci più forti e donare un po’ di sorriso e serenità interiore…
    Andrea, grazie anche a te: in maniera molto più sintetica, hai espresso parte del mio pensiero.

  3. Ciao,
    Prima di tutto complimenti per l’articolo..per la prima volta leggo aspetti legati alla cultura Cinese sotto il profilo “sociale” e non politico-economico!!
    Una sola domanda..ma quando nelle prime righe fai riferimento al Carnevale, a cosa ti riferisci? a quello in Italia? perchè non ti piace?
    Non vorrei sembrarti prepotente, ma come si fa ad apprezzare le altre culture se quella di cui si fa parte viene criticata?
    ciaooo
    Buona giornata

  4. Grande Middle China Girl ! Ottimo pezzo !

    Da noi i palazzinari ancora non hanno bisogno di assoldare i picchiatori muniti di mazza, visto che non essendoci pressione demografica ed essendoci grande offerta edilizia, la gente raramente viene buttata fuori di casa senza alternative.
    E però, i palazzinari, continuano a costruire !
    Da dove vengono tutti quei soldi visto che pochi comprano?
    Una mezza idea ce l’avrei… ma è meglio sorvolare!
    Ora da noi a Pesaro i palazzinari vogliono fare anche il nuovo Hospital !

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