Cari compagni di viaggio, bentrovati di nuovo qui, su Radio Pereira, con Goethe 2001. Il nostro viaggio precedente, attraverso la Scozia, pareva terminato, ed invece ancora dovremo rimandare il nostro rientro in Italia, poichè un evento molto particolare ci tratterrà ancora qui, nella rossa terra scozzese. Un incantesimo, in questo magico luogo? No, come ogni viaggiatore che si rispetti, non possiamo non cogliere quel che ci si propone dinnanzi, abbandonando la nostra temporanea meta per quanto di nuovo pare offrirsi al nostro passo.
Siamo cercatori dell’anima dei luoghi, in fondo, e se non si lascia mai la strada principale, per quella viuzza poco battuta che non si sa dove conduca, come potremmo scovare la Bellezza, così spesso nascosta negli angoli più remoti? Insomma stavamo quasi per tornare in Italia, quando una voce ci sussurra all’orecchio una cosa molto particolare: no, non è una fatina, nè un altro appartenente al Piccolo Popolo! Ci siamo solo imbattuti in una notizia su un sito internet, che ci segnala che in questi primi giorni di giugno, nella piccola isola di Iona, si sarebbe tenuto un importante festival internazionale di cultura e musica gaelica. Come farselo scappare?
Decidiamo allora di prolungare il nostro viaggio, e rilanciamo pure, trasformandolo in una nuova piccola Odissea, che ci condurrà attraverso tutte le principali isole delle Ebridi, quella costellazione di piccoli mondi attorno alla Scozia Nord-Occidentale. Partiamo quindi da Iona, piccola ma ricca di storia e di leggenda. Per farlo dobbiamo tornare ad Oban, e da qui prendere 2 diversi traghetti, uno per l’isola di Mull, e da lì l’altro per Iona. Solo che veniamo a sapere, chiedendo qualche informazione, che su Iona difficilmente si troverà da dormire, proprio a causa del festival, che riempie i pochi alloggi a disposizione. Come fare? Proprio davanti a noi un negozio di articoli sportivi, e da pesca, ci fornisce immediatamente la risposta: “tents on sale”, tende in vendita, si legge in vetrina! Con circa 40 sterline, meno di 50 euro, ci assicuriamo così una notte sulla nostra isola, anche se ci viene precisato che il campeggiare non è libero, e bisogna chiedere agli abitanti del luogo.
Salpiamo comunque! Sbarcati sull’isola di Mull, la attraversiamo velocemente, anche se un pò a malincuore, perchè anch’essa molto bella, per arrivare al prossimo traghetto. Questo però non consente l’imbarco di auto, così lasciamo la nostra qui, e ci mettiamo in spalla zaino e tenda. La nostra meta è vicina, la vediamo già, insieme a tante barche tutte di legno, con vele alquanto antiquate: fanno parte del festival, sono delle ricostruzioni di antichi modelli della zona. In poco tempo mettiamo il primo piede su Iona, e subito una sorta di brivido ci pervade. Difficile definirlo, sarà l’energia di questo luogo davvero sacro e magnetico. E’ forse il caso di fare un poco di storia, per capire cosa intendo. Su questo fazzoletto di terra, 175 anime appena, lungo una manciata di chilometri, all’apparenza quindi così insignificante, si sono intrecciate le vite di grandi santi e leggendari re. Qui infatti è sbarcato San Colomba (in realtà avrebbe messo piede prima nel vicino Kintyre: ne avevamo già visto, cercando il Mull of Kintyre, l’impronta che sarebbe rimasta impressa su una roccia), monaco-guerriero irlandese (con San Patrizio e Santa Brigida ne è addirittura uno dei patroni) che, per espiare ai 3000 morti di una battaglia da lui causata, decise di diventare missionario e convertire almeno altrettante anime, fondando con 12 compagni un monastero e diventando così il primo evangelizzatore della pagana Scozia.
Il meraviglioso Book of Kells, una delle più straordinarie reliquie medievali, vangelo descritto e raffigurato con incredibili miniature, custodito oggi al Trinity College di Dublino, è stato iniziato qui, proprio da lui, ed infatti è chiamato anche col nome di “libro di San Columba”. Sempre qui, ad Iona, trovarono sepoltura i re del mitico regno di Dal Riata, che si estendeva anticamente, nei primi secoli del primo millennio, in una parte del Nord Irlanda e nella parte occidentale della Scozia, e i cui abitanti erano chiamati proprio Scoti, Scots, dando così il moderno nome alla nazione tutta, che unificarono, insieme ai Pitti, quando ancora si chiamava Alba. Uno di questi regnanti era nientemeno che Macbeth, ispiratore di uno dei più celebri drammi shakespiriani, e difensore dell’orgoglio scozzese contro la minaccia degli scandinavi invasori, i Sassoni.
Tornando a noi, essendo pomeriggio inoltrato, pensiamo sia il caso di cominciare a chiedere ospitalità, come ci era stato consigliato. Entriamo nell’unico negozio che troviamo, una sorta di tabaccheria-alimentari-negozio di suovenir e, venendo scrutati invero in modo un pò inquietante, ci viene confermato che l’ostello e l’albergo dell’isola sono pieni, e che per piantare la nostra tenda dobbiamo provare a salire in cima alla collina, e chiedere ad un certo Joe Black. Joe Black? Abbiamo capito bene o ci prendono in giro? Sapete chi era Joe Black, nel film di qualche anno fa? Si va bene, l’attore era Brad Pitt, ma interpretava la morte in persona! Sarà suggestione, ma da questo momento tutto comincia a mutare, a diventare più tetro… Prima attraversiamo un campo pieno di spaventapasseri, dalle forme e gli abiti più assurdi, che sembrano continuare a squadrarci come faceva la signora del negozio. Le ombre cominciano a scendere sui vicini resti di un monastero a cielo aperto, senza più il suo tetto, e sul cimitero lì vicino, e la campana della chiesa in lontananza coi suoi rintocchi un pò lugubri annuncia le 7.
Continuiamo a salire, e ci ritroviamo in mezzo a una fattoria, con l’aia piena di ciarpame, e una motosega in bella mostra, che ci pare quasi di vederlo, “LeatherFace“, dietro alla finestra, pronto a proiettarci in un bell’incubo alla “Non aprite quella porta”. E invece da quella casa, facendoci fare un bello stolzo, come si dice da noi, uno spavento insomma, appare un signore di mezza età, cui proviamo a chieder notizia di questo Joe Black. Ci dice che dobbiamo proseguire ancora, e che LA troveremo sicuramente a casa, a quest’ora. Joe Black è una donna quindi! Almeno in questo non corrisponde al film, anche se… la morte è donna, in effetti!
Ormai saliamo verso il nostro destino, qualunque esso sia, e…incontriamo finalmente quella che sarà la nostra ospite! E’ una simpatica signora di una sessantina d’anni, capelli bianchi, indaffarata in lavori da contadino, che ci accoglie con molta cortesia, ci indica il prato dove mettere la tenda, e il tubo dell’acqua dove lavarci, all’occorrenza. E ci saluta dicendo che ci incontreremo, stasera, alla festa gaelica…Ma, come faceva a sapere che ci saremmo andati? E’ vero che sull’isola non c’è nient’altro, ma… Vabbè, ci distraiamo bestemmiando col montaggio della canadese, e scendiamo in paese, fermandoci però un attimo, come dovendo pagare un tributo, al vicino al cimitero, là dove è sepolto Macbeth. Ci pare quasi di vederne l’ombra tra le vetuste lapidi, e sentirlo sussurrare maledizioni agli spiriti di coloro che ha fatto ammazzare, che ancora lo perseguitano.
La fame, col suo potere persuasivo, spazza via ogni nostra immaginazione, e ci ritroviamo in un ameno locale, ristorante-pub-albergo, sul mare, quasi su un pontile di legno, a godere di uno straordinario tramonto, e del pesce che ci propongono: salmone, crostacei, e un pesce dell’atlantico di cui non riusciamo a capire neppure il nome! Oltre alla immancabile compagna scozzese, la birra. Tutto comunque davvero ottimo, come sempre. Ed è subito festa. Ai tavoli si possono già vedere suonatori di violino che strimpellano qualche nota mentre mangiano, bizzarri personaggi in kilt e, infine, eccolo, il re della serata! No, non è il redivivo Elvis, “the pelvis”, ma… il maestro di cornamuse! Appena arriva lui, dopo un attimo di riverente silenzio, tutti gli implorano di suonargli qualche pezzo, gli offrono da bere, e una signora gli chiede di alzarsi il kilt, per fotografarlo sotto e…lui si presta, nonostante sia vero che…non portano le mutande! Insomma la cordialità dilaga, e anche noi che non siamo di stirpe gaelica (almeno in questa vita!) ci sentiamo a nostro agio, in mezzo a queste persone che giungono dai luoghi più disparati di Irlanda e Scozia, e che avranno dovuto affrontare viaggi non facili, dai loro paesini ed isolette.
Ci spostiamo così nella sede del festival, che altro non è che la Town Hall, l’edificio municipale, con annessa scuola: è un festival internazionale ma, pare più una festa di parrocchia! Anche il salone, con appesi tutti intorno i disegni dei bambini, a raffigurare tutte croci celtiche, colorate con le loro fantasie, sembra confermare questa sensazione, ma in realtà c’è un’aria di grande dignità, anche se ai nostri occhi potrebbe sembrare una piccola sagra di paese. E’ la tradizione, è viva, e pare essersi incontrata qui, con tutti noi, stasera.
E’ la storia di un popolo, e il popolo è la storia. E infatti dal piccolo palco cominciano ad esibirsi, uno dopo l’altro: un coro di uomini che a cappella intonano canti simili a quelli dei nostri alpini; dei cantastorie, di cui ovviamente non capiamo una parola, in gaelico, e poi una gentile signora che inizia a cantare una sorta di filastrocca, aumentando la velocità di pronuncia ad ogni strofa, fino a diventare incomprensibile.
Ed infine sempre lui, il mattatore: ritorna il re, colui che eseguirà gli inni, “Flower of Scotland” e “Scotland The Brave” (Fiore di Scozia e Coraggio di Scozia), ascoltati in silenzio sacrale, per dare poi inizio alle danze sfrenate. Che continueranno anche al pub, in mezzo a fiumi di birra e di whisky. Ma, quanti ne hanno? Mai visti così tanti, ne hanno di tutti i generi, invecchiati pochi anni, molti anni, in botti di rovere, di cherry, distillati dalla tal famiglia o da quell’altra! Immaginate come torniamo alla base, sulla collina!
Crolliamo e…ci ritroviamo, all’alba, cioè poco dopo, svegliati dalle pecore che ci belano intorno, e dalla rugiada che ha inzuppato completamente la tenda! Una doccia gelata dal tubo di Lady Black prima ci rigenera per benino, poi l’alta croce celtica ci conduce da lontano ad una visita alla chiesa, scrigno pieno di “libri di pietra”, scolpiti nell’arenaria delle pareti, o raccolti in un piccolo museo, ed infine un ultimo passaggio dal re, che finalmente si è acquietato e deve essersi messo a dormire, beato lui, nel suo sepolcro, perchè non l’abbiamo visto, ieri notte, ma alla festa sicuramente c’era anche lui! Ripartendo, dall’isola di Mull non ci voltiamo neppure, e ci teniamo il dubbio se quest’isola, e tutti quegli splendidi personaggi, siano esistiti veramente, o solo nei nostri sogni! Nella prossima puntata continueremo questo viaggio di isola in isola, ma vi ricordo che potete riascoltare questa rubrica, e tutte le altre, comodamente in podcast, nella sezione ad esse dedicata sempre qui, su radiopereira.it …
Ciao Mari, è un piacere trovare un compagno di viaggio!
Non mi risultano negozi di italiani sinceramente, ma io ho visitato prevalentemente la parte storica e naturalistica, ed in paese sono stato solo in quello che ricordo come l’unico negozio, un piccolo supermarket, che poi è quello citato nel post. A memoria proprio non ricordo altro!
Sono stato a iona ma il tempo di visita e’ stato poco mi hanno poi riferito i compagni di viaggio che esiste un negozio gestito da italiani ne sapete qualcosa? Grazie
Grazie Stiffler, sai che lì c’era un pezzo anche della tua di anima, vero..?
Bravissimo Andrea!