Fa una certa impressione per le vie di Lisbona ascoltare il fado che esce dalle taverne, dalle case storiche come da quelle più recenti, dai locali “professionali” a quelli che sono invece amatoriali, dove anche tu puoi entrare, bere il tuo gotto di rosso e poi chiedere di poter cantare. C’è sempre una parola buona per tutti, nessuno si dispera se il tuo canto non è perfetto, nessuno esagera nelel critiche come negli elogi, e una pacca sulle spalle per un cin cin è la soluzione migliore a tutte le cose.

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Os Buzios con Ana Moura, Custodio Castelo, Jorge Fernando e Felipe Larsen

Magari ti trovi in una casa amatoriale e sei assieme a dei “professionisti” che si sono seduti al tavolo non tanto per ascoltare, anche se fa sempre bene farlo perché si possono scovare nuovi talenti, quanto per farsi due chiacchiere in serena compagnia e rovistando nella memoria di una tradizione antica che si rinnova sempre più e non perde smalto, anzi. Ti trovi, con questi veri artisti che non sono mai così superbi da dire: non canta bene. Anzi: approfittano sempre per dare il loro aiuto a chi si sforza di fare il meglio che può, e non passa mai occasione senza che chi fa il cantante o il chitarrista di mestiere accetti di buon grando di sedersi e cantare o suonare in mezzo alla gente normale, che dà l’anima per non deludere e per dimostrare la buona volontà che ognuno addosso possiede.

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Por um dia con Ana Moura, Custodio Castelo, Jorge Fernando e Felipe Larsen

Anche perché il fado è nel cuore e nell’anima dei portoghesi, soprattutto a Lisbona, ma anche a Coimbra a tal maniera, che è come se si giocasse una partita di calcio in un campo della periferia italiana: anche chi ha indossato davvero le scarpe coi bulloni si diverte a tirare due calci con chi ha solo svolto il compito di spettatore, tutta la vita. Così è, mi si scusi l’azzardo, con il fado: non vedrai mai Jorge Fernando storcere la bocca nel sentire il balanço di qualche giovane epigono, che lo fa nel tempo perso e regge la propria virtù solo sull’entusiasmo. Non sentirai mai Ana Moura disprezzare le digressioni vocali di qualche ragazza imbarazzata, studentessa all’università o commessa di pescheriaa, che ha deciso quella sera di vestire lo scialle e cantare e si trova di fronte un mostro sacro e crede che sarà presa in giro. Non accadrà mai, anzi: saranno proprio Ana con la cantante e Jorge con il chitarrista a dire per primi: bravi. L’ho vissuto in prima persona nelle notti di Lisbona questo modo di fare, questo volere essere con e fra la gente, sempre. E ho vergognosamente versato qualche lacrima di commozione e mi sono sempre più convinto che questa città, le sue strade, i suoi locali, sia un po’ anche mia.

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Vou dar de beber a dor

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