Coimbra - Portogallo

Per una volta lasciamo Lisbona, ma con l’impegno ben preciso di tornarci sveltamente. Viaggiamo cento e pochi chilometri sulla comoda autostrada o sui treni intercidade per raggiungere Coimbra. Un detto popolare portoghese recita: “Braga prega, Porto lavora, Coimbra studia, Lisbona si diverte”. Coimbra è il più antico centro accademico del paese, per alcuni decenni l’unico autorizzato a svolgere la funzione di università, e la vecchia sede della stessa è uno dei monumenti più interessanti di questa città adagiata su una collina che si distende sul Mondego, il fiume contornato dai pioppi cantati in “Coimbra”, una ballata che è fra le più conosciute del Portogallo.

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L’altro titolo con cui la canzone è conosciuta è “Amor em Portugal”, e il testo è chiaro: “Coimbra dei suoi pioppi è ancora la capitale dell’amore in Portogallo…”. Il brano di Raul Ferrao e Josè Galhardo è stato inciso da moltissimi grandi artisti, a cominciare da Amalia Rodrigues, ovviamente, ma anche da Caetano Veloso e da noi da Antonella Ruggiero. Ma non è su questa hit che approfondiremo la nostra ricerca nella città che dà il nome a un fado, appunto quello “de Coimbra”: tanto il fado di Lisbona è nato nelle taverne e fra la gente povera, tanto quello di Coimbra è erudito e dotto, e passa anche sotto il nome di “Ballata accademica”. Il suo strumento principale è però sempre e comunque la guitarra portuguesa, accordata un tono sotto rispetto a quella di Lisbona e con la lagrima a fissare le corde invece del riccio. Quando entrerete nei locali del fado di Coimbra (come ristorante il Trovador, come locale A Capella, i consigliati) noterete l’assenza della chitarra basso e delle… donne. Il fado di Coimbra è soprattutto musicale, ma quando viene cantato sono gli uomini a farlo, indossando la mantella accademica. La voce basso-baritonale è un’altra caratteristica delle voci che scandiscono testi molto più poetici e aulici di quelli del fado di Lisbona.

Il fado di Coimbra assomiglia più a una cerimonia, più che il cuore prende la testa, si sposa meglio con una città meno frivola e leggiadra della capitale, ma più sontuosa nei suoi luoghi dominanti, lungo i quali scivola mansueto il Mondego. E per chi la visita, l’obbligo di recarsi al monastero della Santa Croce, dove fra i primi due re di Portogallo riposa ora Suor Lucia, una delle bambinelle che il 13 maggio 1917 videro la Madonna a Fatima, morta quasi centenaria (a 98 anni) il 13 febbraio 2005 nel convento delle carmelitane. La storia ti invade quando scendi a Coimbra, le sui mura sono impregnate di sapienza e del suono della guitarra di uno dei suoi figli più importanti, Carlos Paredes, morto nel 2004, che ha fatto del suo strumento un prezioso oggetto da concerto nel quale il fado si contamina con i generi più moderni e con il jazz, come nel famoso album registrato con il contrabbassista americano Charlie Haden (Dialoghi, 1990). “Verdi anni” è una delle altre composizioni mito di Paredes (figlio d’arte: Artur fu anch’egli un genio della guitarra), a cui purtroppo una grave malattia ha negato una carriera ancor più sensazionale. Ci sono diversi “figli” di Paredes a Coimbra.

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Noi abbiamo scelto Paulo Soares, uno dei “professori”, un giovanotto di enorme spessore culturale di una simpatia travolgente. Ma soprattutto di una maestria spropositata nel suono della guitarra, sia come solista sia come accompagnatore. Ho avuto la fortuna, una sera, di averlo al tavolo di A Capella a parlare del più e del meno fino a quando si è alzato, ha preso la sua chitarra, e sul palco ha regalato momenti di enorme suggestione. Un talento, ma soprattutto uno studioso dello strumento sul quale lui stesso lavora con gli amici liutai. E pensare che doveva fare l’ingegnere… (d’altronde Paredes, l’uomo “dalle mille dita” per come sapeva suonare, doveva essere medico: Coimbra è la città dei dottori!).

Ma è giusto chiudere un viaggio a Coimbra come vengono chiusi i concerti di fado o le serate nei locali o nelle piazze di Lisbona quando i gruppi sono in trasferta: uno dei canti con i quali gli studenti dei vari atenei chiudono la loro “carriera” universitaria passando il testimone alle matricole, che proseguiranno a specializzarsi in medicina, ingegneria, lettere, ma non abbandoneranno mai la mantella e la celebrazione della “despedida”, l’abbandono degli studi e l’ingresso nella società. Magari come cantanti e chitarristi, ma laureati. Lungo la strada e il fiume dei pioppi cullando l’amore…

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